Nel terzo trimestre dell’anno il Pil dell’Italia è cresciuto dello 0,5%. Lo ha fatto sapere l’Istat con la sua stima preliminare, dalla quale si evince anche che c’è stato un balzo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno dell’1,8%, un aumento tendenziale che non si vedeva dal secondo trimestre del 2011. La variazione acquisita per il 2017 è quindi al momento dell’1,5%, in linea con le stime del Governo. C’è soddisfazione da parte del Governo e del Partito democratico, ma per Luigi Campiglio, Professore di Politica economica all’Università Cattolica di Milano, è bene guardare in prospettiva questi dati per avere un’immagine più chiara della situazione.



Cosa si può quindi vedere rispetto all’aumento registrato dal Pil dell’Italia?

Innanzitutto non bisogna dimenticare che siamo in una fase “aurea”, con una sincronia mondiale della crescita che non ha precedenti. Detto questo, se confrontiamo il nostro incremento di Pil con quello degli altri paesi dell’Eurozona vediamo che siamo ancora al di sotto della media. Ma c’è un altro dato più interessante da guardare: il Pil pro-capite.



In questo caso com’è la situazione?

Nel 2016 il Pil pro-capite dell’Italia è stato pari a 25.900 euro, quando nel 2007 era a 28.700. Sempre nel 2016, il dato dell’Ue a 28 è stato di 27.000 euro, quando nel 2007 era a 26.200. Come si vede, prima eravamo sopra la media dell’Ue, mentre ora siamo sotto. Da tutto questo possiamo quindi trarre una conclusione: ben venga una crescita, perché è meglio di una decrescita, ma in un Paese che ha subito un’austerità irragionevole avremmo bisogno che fosse un po’ più della media. Noi invece stiamo crescendo meno della media.



La situazione non sembra destinata a migliorare, almeno se guardiamo alle stime della Commissione europea diffuse la settimana scorsa: l’Italia crescerebbe dell’1,3% nel 2018 e dell’1% nel 2019, mentre la media europea sarebbe rispettivamente del 2,2% e del 2%…

In effetti il trend sembra destinato a proseguire e rischiamo di diventare sempre più marginali. Restando ai dati del Pil pro capite, al momento i Paesi a noi vicini sono Spagna, Cipro e Malta, con la Slovenia un po’ distanza. Se continuiamo di questo passo la Spagna ci supererà, forse anche  Cipro e Malta, mentre la Slovenia si avvicinerà. 

Come possiamo invertire la rotta?

Per invertire la rotta le parole chiave sono due: investimenti e consumi interni. Noi abbiamo certo un nucleo di imprese che esportano, ma non è abbastanza robusto per trainare l’economia o promuovere da solo gli investimenti. Perché questi crescano occorre che riprenda fiato la domanda interna, che però purtroppo continua a essere anemica.

Ha dei dati anche su questo?

Certo. I consumi privati dell’Italia nel 2007 erano di 16.700 euro, mentre nel 2016 15.600. La media Ue era 14.400 nel 2007 ed è passata a 14.700. Quindi mentre la media europea aumenta, noi diminuiamo. Se continuiamo così le distanze sono destinate a crescere. Noi dovremmo rincorrere la lepre, invece siamo col fiatone. Nel complesso abbiamo quindi un Pil che aumenta, soprattutto per meriti esterni, ma sotto le media. Inoltre, i nostri consumi e investimenti sono bloccati. Se non rivitalizziamo la domanda interna, questi divari continueranno lentamente ad allargarsi. Ci vorrebbe una classe politica che guardasse un po’ non dico al lungo periodo perché sarebbe chiedere troppo, ma almeno al medio termine. 

Nella Legge di bilancio è stato evitato l’aumento dell’Iva, ma non sembrano esserci interventi capaci di smuovere la domanda interna…

Se va bene manterremo la situazione attuale. Se non va bene ci troveremo nei guai, perché continuiamo ad andare lentamente al di sotto della media. Una diminuzione che ha anche un significato politico: nelle sedi importanti conteremo sempre meno.

(Lorenzo Torrisi)