Mi immagino i magnati della finanza, quelli che finora hanno sparlato del Bitcoin (“è una truffa”, “una speculazione”, “una bolla”, ecc.), intenti a morsicarsi la lingua per aver parlato troppo presto, mentre il valore della criptovaluta batte ogni record e ritorna sulla soglia dei 7800 dollari dove si trovava una settimana fa e da dove era disceso repentinamente, fino a toccare i 5500 dollari. O forse sono impegnati a calcolare i loro profitti dalle speculazioni o dagli affari che sono andati a buon fine grazie alla crescita esponenziale del Bitcoin. Infatti, un noto speculatore ha reso noto di aver investito circa 20 milioni di dollari quando il Bitcoin, dopo la caduta a 5500 dollari, era tornato a 6000 dollari.
C’è qualcosa di vero, nel fatto che il Bitcoin abbia un valore che dipende in grande parte dalla speculazione e quindi sia una bolla. Ne parlavo l’altro giorno con un amico, un imprenditore romano di una certa età: mi diceva di non capire come mai una cosa totalmente elettronica potesse avere un tale valore. Questa riflessione porta le persone comuni a pensare che sia una bolla che sia prossima a scoppiare e quindi che sia meglio starne alla larga. Io gli ho risposto che, a pensarci bene, la gran parte di quello che noi chiamiamo denaro è una realtà puramente elettronica e le banconote fisiche sono la minima parte del denaro circolante. In realtà, noi riconosciamo come denaro ciò che è riconosciuto dallo Stato come denaro. Ma la realtà che ci racconta la storia è che la nascita del denaro è molto precedente alla nascita degli stati: questi hanno semplicemente riconosciuto una realtà a loro preesistente.
La problematica del commercio e la soluzione che chiamiamo moneta ha assunto nei secoli forme sempre più evolute che hanno cercato di combinare la necessità di facilitare il commercio e di evitare gli errori o le truffe. Lo Stato giustamente può intervenire ed è intervenuto con norme e regole proprio per questi fini. Ogni altro abuso, anche dello Stato, non può far altro che danneggiare il commercio stesso.
Ma non ci si può dimenticare la genesi della moneta: un accordo tra privati che si appoggia su una speranza. E la speranza è quella di poter realizzare una mutua promessa, cioè quella di accettare denaro (in cambio di un proprio bene o di un lavoro svolto) per poter essere in grado, in un tempo successivo, di spendere lo stesso denaro.
Il moderno capitalismo, con la sua deriva finanziaria, ha fallito proprio in questo. E negli anni della crisi questo fallimento è diventato chiaro alla gran parte della popolazione. Prima della crisi, mentre una piccola parte della popolazione si arricchiva in maniera abnorme, la gran parte comunque viveva discretamente. Con lo scoppio della crisi, invece, le grandi ricchezze cono continuate a crescere mentre la gran parte della popolazione ha pagato il conto non solo delle grandi ricchezze cresciute, ma anche della crisi.
La necessità ha aguzzato l’ingegno e con l’apporto decisivo della tecnologia sono nate le criptovalute. Queste si avvalgono della migliore tecnologia oggi disponibile relativamente alla sicurezza delle transazioni, una tecnologia che è anni luce avanti rispetto a quella usualmente utilizzata dal sistema bancario attuale. Il grande pubblico non è normalmente a conoscenza delle grandi truffe perpetrate al sistema bancario (che cerca di tenerle nascoste o di non darle troppa pubblicità, perché dimostrerebbe tutta la debolezza della loro tecnologia), ma queste vi sono, sono furti elettronici a volte enormi e riescono proprio per l’arretratezza della loro tecnologia.
Questo è il motivo fondamentale per cui tante banche e tante imprese tecnologiche che lavorano col sistema bancario stanno investendo nella tecnologia blockchain, che il motore del Bitcoin e di tutte le criptovalute. Volete un esempio? Ecco un esempio, tutto italiano. Sia Group Spa è un’azienda italiana che fornisce servizi tecnologici alle strutture bancarie e finanziarie, in Italia e nel mondo. In Italia è la società che storicamente ha costruito la rete dei bancomat. Ma questa è quasi preistoria, ora fornisce servizi ai maggiori gruppi bancari e a borse finanziarie e banche centrali. La notizia di questi giorni è il fatto che ha stretto una collaborazione con R3, consorzio dei maggiori gruppi bancari che studiano la blockchain: “La partnership tra il consorzio, che riunisce oltre 100 soggetti a livello globale, e il gruppo italiano leader europeo nelle infrastrutture e servizi tecnologici dedicati alle istituzioni finanziarie nelle aree dei pagamenti e dei mercati dei capitali, permetterà di accelerare lo sviluppo e l’adozione a livello mondiale di applicazioni basate su tecnologia blockchain”. Capito la questione? Si stanno preparando per l’adozione della tecnologia blockchain, il motore di tutte le criptovalute, a livello mondiale.
Ora capite perché grandi investitori e grandi speculatori stanno investendo o si stanno preparando a investimenti colossali sulle criptovalute? Il Bitcoin è una bolla? Beh, per certi aspetti lo è. Ma cerchiamo di capire come e perché nasce una bolla. Il primo elemento indispensabile per la nascita di una bolla è la presenza di un’eccessiva quantità di denaro che non trova un impiego alternativo. Allora le bolle nascono proprio perché una (o più) banca centrale stampa troppa moneta, come fanno da oltre 15 anni sia Fed che Bce. I primi responsabili di tutte le bolle oggi esistenti sono proprio loro.
E di bolle oggi ce ne sono tante: le borse, i derivati, l’enorme mercato dei cambi che scambia ogni giorno oltre 4000 miliardi di dollari, per non parlare dei derivati Otc stimati in 600 mila miliardi di dollari (10 volte il Pil del mondo) o l’enorme mercato dei bond. Sono tutti in bolla, come confermato dai migliori analisti. La bolla dei Bitcoin? Ma non facciamo ridere. La capitalizzazione totale delle criptovalute è per ora a circa 220 miliardi. Una cifra importante per un mercato nuovissimo, ma insignificante rispetto alle dimensioni dei mercati finanziari. Tutta un’altra cosa è invece la dinamica di crescita del settore, riassumibile dal seguente grafico.
Questo è il grafico della capitalizzazione del mercato delle criptovalute, non solo del Bitcoin. E ci sono altre 1300 criptovalute, un numero in continua crescita, segno della vitalità di un settore e della solidità di una tecnologia.
Ovviamente qui non si danno consigli per gli acquisti. Voglio solo sottolineare l’importanza di una tecnologia innovativa; ne può parlare male solo chi non l’ha capita e teme di essere scalzato dall’innovazione tecnologica, invece di fare la fatica di capirla e adottarla.