Pier Carlo Padoan esclude la necessità di una manovra correttiva l’anno prossimo e spiega come a Bruxelles “temono che i risultati del 2018 non siano conformi alle nostre aspettative, ma la divergenza si basa su stime diverse della crescita reale e nominale e sulla stima del potenziale, che è controversa. Così com’è la legge di Bilancio può conseguire i risultati che ci siamo imposti”. La Commissione europea darà il suo giudizio finale in primavera, non prima delle elezioni italiane. Per Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze, «è un giochetto indegno questo di Padoan e della Commissione europea».
In che senso Professore?
Bruxelles ha detto una cosa evidente a tutti: avvicinandosi la fine del Quantitative easing, avere un livello di debito pubblico così alto e un deficit che non è giunto all’obiettivo stabilito non è un bene. Tuttavia rinviare la correzione a giugno rende difficile la manovra, perché è più complicato tagliare le spese o aumentare le tasse a metà anno. Qualunque sia poi la decisione, l’Italia sarà esposta per i primi sei mesi del 2018 a una martoriata azione internazionale, con il rischio di commissariamento.
Perché ha parlato di giochetto?
È un giochetto a favore di questo governo, perché gli consente di dire che è a tutto a posto e di andare alle elezioni con i bonus della manovra intatti, ed è una manovra astuta della Commissione, proprio perché lascia l’Italia in una sorta di limbo. In buona sostanza il Governo potrà tracheggiare, saremo più esposti alla speculazione internazionale e la manovra correttiva sarà più difficile. Sembra tutto fatto apposta per danneggiare l’Italia, nell’attesa anche di capire chi governerà la Germania, magari con la Francia che nel frattempo potrà dire di essere disposta ad aiutarci quando sarà il momento in cambio di libertà di azione su una o più imprese del nostro Paese. Si dice che l’Europa non voglia interferire nelle elezioni, ma di fatto lo fa: dovrebbe invece far chiarezza sulla situazione e nel caso far correggere la Legge di bilancio attuale, non lasciare tutto nel vago.
A proposito di Europa, visto anche quel che ha detto il Vicepresidente della Commissione, Vladis Dombrosvkis, cioè che l’Italia ha esaurito il suo margine di flessibilità, ritiene che Bruxelles abbia cambiato atteggiamento nei confronti dell’Italia?
Sì e ci sono due spiegazioni plausibili per questo. La prima è che Renzi ha esagerato nel prendersi gli sconti e quindi l’Europa si è stancata. La seconda, che prediligo, è che si è visto un fatto nuovo, di cui gli pseudo-esperti europei non si sono accorti. Nella fase di politica monetaria facile, siamo stati certo al riparo dagli attacchi speculativi, ma si sono aggravati anche i problemi delle banche italiane, perché guadagnano molto meno di prima. Ora che il Qe sta per finire, emergerà di nuovo il rischio debito pubblico-banche non tanto come rischio oggettivo dell’Italia, che dopotutto è solvibile, ma perché quando non c’è più la politica monetaria permissiva la speculazione a breve termine diventa efficace.
Quindi si diventa più severi con l’Italia perché è più facile che finisca nel mirino della speculazione?
Esatto, si potrà giocare più facilmente contro un Paese, come nel 2011. L’Italia verrà vista come il punto debole dell’Europa, per questo la Commissione punta il dito contro di noi e si mostra più rigorista. E poi c’è da dire che quando non c’è la Merkel al potere si sfogano un po’ tutti. Lei ha sempre cercato di dare un colpo al cerchio e uno alla botte e ha un certo interesse a tenere l’Italia viva per via dei rapporti economici in essere. Inoltre, la Germania non vuole essere costretta ad avere solo la Francia come interlocutore.
La situazione di incertezza politica in Germania quindi non ci aiuta…
No, anche perché vedere incertezza in Germania, incertezza in Italia, visto che non si capisce se sarà governabile dopo il voto, incertezza in Spagna, per via della questione catalana, non può che aiutare ulteriormente la speculazione.
(Lorenzo Torrisi)