Se qualcuno dicesse che il futuro a breve termine dell’economia italiana (e anche l’esito delle prossime elezioni politiche) dipende da un signore dal nome di Frank-Walter Steinmeier, probabilmente si sentirebbe chiedere Chi è costui? Proprio come domandava, a proposito del filosofo Carneade, il Don Abbondio di manzoniana memoria nell’ottavo capitolo de I Promessi Sposi. Pochi, anzi pochissimi, italiani conoscono nome e funzioni di Frank-Walter Steinmeier. Dallo scorso marzo è il Presidente della Repubblica Federale Tedesca, una carica di rappresentanza della unità della Nazione ma con pochi poteri politici effettivi, concentrati nel Cancelliere, eletto direttamente dai cittadini. Steinmeier è un social-democratico “conservatore” (così lo chiamano nella Repubblica Federale), con una personalità e un carattere molto differenti da quello dell’attuale leader del suo partito, Martin Schulz. Condividono la fede europeista, un tratto fondamentale che li accomuna con Angela Merkel, Cancelliere-eletto ma non ancora presentatosi in Parlamento per averne la fiducia sulla base di un programma.



Eppure, il futuro a breve termine della politica tedesca, dell’Unione europea e – quel che a noi più riguarda – dell’economia italiana è in questi giorni nelle sue mani più che in quelle di altri. Dopo che il Partito liberale ha fatto saltare il tavolo delle trattative di un Governo di coalizione con i cristianodemocratici, i cristianosociali e i verdi, Steinmeier è sceso in campo. Non tanto per “ricucire” tra coloro che negoziavano un programma di governo dopo i risultati delle elezioni del 24 settembre: le posizioni dei liberali e dei verdi sono molto distanti e sempre più divergenti. Quanto per cercare di dare vita a una nuova coalizione in cui i socialdemocratici (i grandi sconfitti del 24 settembre) o facciano un esecutivo con i cristianosociali e i cristianodemocratici o almeno garantiscano l’appoggio esterno.



Tutto ciò interessa moltissimo l’Italia, nonostante il tema venga relegato nelle ultime pagine dei nostri quotidiani, Il rapporto sulla stabilità finanziaria della Banca d’Italia, diramato il 24 novembre, sostiene che siamo in una fase di tranquillità dei mercati, ma suggerisce che potrebbe essere la calma prima della tempesta. E in caso in Germania non si riuscisse a formare un governo, il maltempo finanziario colpirebbe tutti i mercati europei. E quello italiano è il più esposto a causa dell’alto debito pubblico, della situazione imbarazzante di numerose banche (come sta scoprendo l’apposita commissione parlamentare), delle bacchettate sulle dita già dataci dall’Unione europa per “non rispettare i patti” (una patente di poca affidabilità) e il rischio che, comunque, le elezioni politiche del prossimo marzo possano portare a una situazione di ingovernabilità.



La Germania è stata, ed è, il pilastro dell’Unione europea. Se il pilastro viene sottoposto a un nuovo stress elettorale a ragione di non poter formare una maggioranza con un programma coeso di governo, i capitali scapperanno dai Paesi più deboli e più a rischio a ragione dell’alto debito, dei disavanzi di bilancio, della produttività poco o nulla, dell’elevata disoccupazione (soprattutto giovanile), delle liti all’interno delle forze politiche e della mancanza di un programma di politica economica tanto a breve (per parare una tempesta perfetta proveniente da fibrillazioni nella Repubblica Federale Tedesca) quanto a medio e lungo termine per curare i nostri problemi strutturali.

Non ci resta che sperare che la paziente opera di mediazione di Frank-Walter Steinmeier abbia successo. Altrimenti, prepariamoci a un vero tornado.