L’export italiano nel mercato globale sta volando e bilancia la poca dinamicità del mercato interno. Anche nel miglior scenario politico, l’Italia non potrà modificare in poco tempo la dipendenza dalle esportazioni a favore di una crescita più spinta da consumi e investimenti interni. Proprio per questo il raggio della sua politica estera è globale con l’obiettivo di favorire la penetrazione delle merci italiane dappertutto sia in modi sovrani, per esempio accordi bilaterali, sia come pressione verso l’Ue affinché i suoi comportamenti siano compatibili con l’interesse commerciale italiano.



Su questo piano c’è una convergenza tra Italia e Germania, ambedue tra le prime potenze manifatturiere ed esportatrici del mondo, nonché, appunto, molto dipendenti dal traino esterno. Da decenni, le politiche estere di Germania, Italia (e Francia) perseguono un compromesso tra mercantilismo, cioè una posizione di neutralismo (geo)politico per favorire gli affari con tutti, e l’appartenenza all’alleanza globale tra democrazie centrata sull’America che impone selettività. Al riguardo della Cina, finora tale compromesso ha cercato di mantenere fluidi i canali commerciali, ma limitandone l’influenza in Europa e contrastando le azioni di concorrenza sleale dei suoi attori economici, per lo più agenti di quel regime autoritario, per esempio non riconoscendo a Pechino lo status di economia di mercato e conseguente pieno accesso al mercato europeo.



Ora la Cina ha annunciato la riduzione sostanziale dei costi doganali per l’importazione di circa 200 prodotti, tra cui molti perfetti per le aziende italiane. La strategia di Pechino è incentivare più esportatori a entrare nell’enorme mercato cinese costringendoli di fatto a “cinesizzarsi” e grazie a questo imporre standard cinesi all’intero mercato globale. Nel passato l’America aprì il proprio mercato interno per costringere tutto il modo ad “americanizzarsi” per accedere a quel mercato interno. Adesso la Cina, raggiunto uno sviluppo quasi maturo, vuole usare lo stesso metodo per sostituire il dominio americano sul pianeta, imponendo i propri standard economici e, di fatto, politici.



Da un lato, la maggiore penetrazione commerciale in Cina promette enormi profitti per Italiani ed europei. Dall’altro, la crescente dipendenza da un regime autoritario e la maggiore difficoltà a negargli accessi al mercato europeo potrebbe comportare perdite e svantaggi. La ricerca di un nuovo compromesso tra mercantilismo e standard democratici sarà impegnativa.

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