L’evoluzione della questione catalana, in particolare nel rapporto con l’Unione europea, sembra ripercorre quella di altre vicende europee degli ultimi anni. La vicenda più traumatica che ha vissuto l’Ue negli ultimi anni è forse quella relativa alla Grecia. Nelle ultime settimane è stato Schaeuble a ricordare a tutti quanto la Grecia sia stata e sia un banco di prova per tutta l’Unione europea; Schaeuble oggi dice di essere favorevole a un’uscita “temporanea” della Grecia dall’euro, ma nei mesi passati a discutere di “Grexit” prima del 2011 la questione veniva posta in un altro modo. La questione in particolare si poneva così: se la Grecia risolve i suoi squilibri con il resto dell’Unione europea uscendo dall’euro, svalutando e facendo pagare anche ai creditori il conto, allora ogni altro Stato nel futuro potrà risolvere il suo squilibrio in quel modo. In pratica si sarebbe delineato un percorso di uscita dall’euro, oltretutto su base volontaria, che i trattati attuali non solo non prevedono ma non concepiscono nemmeno.
Era chiaro a tutti che l’uscita della Grecia avrebbe posto tutta la costruzione in fortissimo pericolo; i mercati avrebbero agito come forze scatenanti della rottura. Dopo la Grecia sarebbe stato il turno del Portogallo, della Spagna e poi dell’Italia; gli studi delle banche d’affari per esaminare questi scenari si sprecavano. In tutti i casi il conto sarebbe stato pagato sia dai Paesi “uscenti”, sia dal resto dei membri.
La scelta che ha fatto l’Europa in quella circostanza, e cioè che la rottura dell’euro e l’uscita di un partner non fossero ammissibili, anche a costo dello sfascio si singole economie, ha aperto le porte dell’austerity e di quel processo di cessione di sovranità sostanziale da periferia a centro a cui abbiamo assistito negli ultimi anni. Oggi la Grecia non è più un problema perché i creditori hanno ridotto l’esposizione e perché politicamente lo Stato ellenico è gestito dall’Europa e in particolare dai suoi membri più forti.
Allo stesso modo le scelte e le decisioni che prenderà l’Europa nel rapporto con la Catalogna e la Spagna porranno un precedente che eccede la questione catalana. Gli appelli all’Europa da parte catalana sono l’elemento principale del problema. Le risposte che darà l’Europa a questi appelli segneranno altri rapporti intraeuropei. Queste risposte si collocano su due livelli. Il primo è relativo a quello che farà l’Europa mentre è in atto il tentativo di una parte rilevante dei catalani di arrivare a una secessione dal resto della Spagna; al momento decisivo l’Europa come interverrà rispetto a uno Stato sovrano, la Spagna, che ha tutta l’intenzione di impedire una secessione che ritiene illegale nell’esito e, finora, anche nei modi che gli indipendentisti hanno scelto di usare? Il secondo livello è relativo al comportamento che adotterà l’Europa se mai la Catalogna arrivasse a una secessione. Formalmente, con la creazione di un nuovo Stato, i catalani sarebbero fuori dall’Unione europea e dalle sue istituzioni incluso l’euro. Se l’Europa continuasse invece a considerare i catalani membri dell’Unione europea le implicazioni sarebbero profondamente diverse.
Esattamente come la questione greca è stata un metro per il rapporto tra Europa e stati membri, oggi la questione catalana è un metro per i rapporti tra macroregioni europee e stati.