Attenzione: le cose vanno meglio. È necessario, perciò, alzare il livello di guardia. Sì, può sembrar un paradosso, ma i peggiori misfatti della politica economica italiana hanno coinciso con i momenti in cui s’intravvedeva una luce in fondo al tunnel della crisi. È in quei momenti che, come capita agli assetati nel deserto, i leader di casa nostra individuano tesoretti veri o presunti, sognano redditi di cittadinanza o si rifanno ai “patti di Maastricht”, disinvoltamente interpretati come una licenza a non scendere sotto il 3% nel rapporto deficit/Pil, incuranti dello stock accumulato in passato. E che dire della famigerata politica industriale dei bei tempi andati? O di una politica del credito più espansivo dopo gli anni delle vacche magre? Insomma, non c’è da stare tranquilli perché la congiuntura italiana, comunque ancora ben al di sotto, in termini di risultati e di ricchezza pro capite ai livelli di dieci anni fa, migliora, in sintonia con un quadro internazionale assai migliore di quanto temuto fin a pochi mesi fa.
Il buon stato di salute, al solito, è stato anticipato dall’andamento dei mercati azionari, ovunque a livelli record. A Partire da Piazza Affari, sù nel 2017 del 19% circa a meno di due mesi dalla conclusione dell’anno migliore da dieci anni a questa parte. Corrono ai massimi di sempre Francoforte e Parigi, specchio di una congiuntura estremamente brillante: non capitava da dieci anni che la zona euro non guidasse la corsa davanti agli Usa. Incurante dei guai della Brexit o della potenziale tragedia catalana, l’economia europea galoppa ai massimi, Italia compresa. Solo la Germania può vantare dati sull’export più brillanti. Intanto la temuta stretta della Bce non c’è stata. L’Europa ha sposato la linea Draghi, eliminando il principale fattore di incertezza. Dopo l’ultima riunione del direttorio sappiamo come si comporterà la Bce nei prossimi 18-20 mesi (30 miliardi al mese di Qe fino a settembre, poi quasi sicuramente 10-15 per altri tre mesi e alla fine il primo rialzo dei tassi a metà 2019). Sappiamo che l’euro, grazie al permanere di un atteggiamento espansivo da parte della Bce, resterà tranquillo, non lontano dai valori attuali per i prossimi mesi.
Si riducono le incertezze anche sul fronte Usa. La nomina di Jerome Powell alla Fed, una colomba che ha sempre votato in sintonia con Janet Yellen, ha dissolto molti timori. Sappiamo che la banca centrale aumenterà i tassi solo in maniera graduale per tutto il 2018 e oltre. Sappiamo che lo stock della base monetaria americana scenderà molto dolcemente e resterà comunque sopra i tre trilioni alla fine del Quantitative tightening nel 2021.
L’occupazione continua a salire, 261 mila posti a ottobre, meno del previsto ma comunque sufficienti a far scendere la disoccupazione al 4,1%. Non salgono i salari, sottolineano i più pessimisti, ma in cambio si profila una crescita senza aumento dei prezzi per tutto l’orizzonte prevedibile: l’inflazione salariale, grazie ai robot e all’intelligenza artificiale, sembra appartenere a un passato che non tornerà più.
L’orizzonte, Corea del Nord permettendo, è sereno anche in Asia. In Cina Xi Jinping, trionfatore al Congresso, si prepara a metter le basi della leadership basata sugli investimenti nei servizi. Tokyo, una volta confermata l’Abenomics, cerca di congedarsi dalla lunga crisi. Anche l’Arabia Saudita lancia una sfida epocale per emanciparsi dalla dipendenza dal petrolio. Per carità, i problemi non mancano, a partire dai flussi migratori. Ma cresce la sensazione che i problemi possano essere padroneggiati grazie al miglioramento della situazione economica, ovunque in progresso. A ogni latitudine cresce la convinzione che, se sorprese ci saranno, non potranno essere che positive.
“Quello di oggi – scrive Alessandro Fugnoli di Kairos – non è forse il migliore dei mondi possibili per chi investe, ma ci si avvicina. Le banche centrali intendono mantenere i tassi reali a zero in America e negativi in Europa. Ancora una volta i possessori di bond ottengono un rinvio del bear market tante volte minacciato. La Fed sarà guidata da un uomo equilibrato e ragionevole. L’Europa ha un ritardo di quattro anni rispetto al ciclo americano e ha quindi la possibilità di assorbire abbastanza bene un’eventuale recessione negli Stati Uniti”. Sembra quasi impossibile non cavalcare quest’onda positiva. A leggere programmi e ricette delle principali forze politiche italiane, però, si ha la sensazione che l’impossibile possa prender forma nel Bel Paese. Ma forse, speriamo, non accadrà.