Ci sono anche imprenditori italiani che operano in settori sensibili e strategici nella lista dei Paradise Papers, nome in codice della nuova inchiesta giornalistica internazionale. La loro identità verrà svelata la settimana prossima in esclusiva per l’Italia da Report e L’Espresso. Un nuovo scandalo si abbatte sull’élite mondiale: ricchi, famosi e al di sopra delle tasse. I Paradise Papers sono dunque un tesoro di 13,4 milioni di documenti riservati che, ad esempio, svelano i legami d’affari tra la Russia e il segretario al Commercio di Trump, le operazioni offshore realizzate dal tesoriere del primo ministro canadese Justin Trudeau, il consulente e amico stretto del primo ministro Stephen Bronfman, e gli interessi della regina d’Inghilterra nelle isole Cayman. Svelano anche le casseforti di più di 120 politici in tutto il mondo, i segreti di migliaia di vip nei paradisi fiscali, come Madonna, che possiede indirettamente azioni in una società di forniture mediche, e Bono, al secolo Paul Hewson, che invece detiene quote di una società registrata a Malta che ha investito in un centro commerciale in Lituania. I Paradise Papers squarciano il velo sul mondo oscuro dei potenti: i ricchissimi, i grandi politici, quelli “che possono”.
Emerge così un intreccio di finanza, politica e imprenditoria che aggira il fisco e nasconde affari anche illeciti. A svelarli un grande “leak”, una fuga di notizie gigantesca: è stato il giornale tedesco Suddeutsche Zeitung a ottenere la montagna di file, condivisi poi con l’International Consortium of Investigative Journalists (Icij). I documenti sono stati studiati e analizzati da più di 380 giornalisti di tutto il mondo, tra cui New York Times, Guardian, Le Monde e Bbc. Report e L’Espresso li pubblicheranno in esclusiva per l’Italia.
PARADISE PAPERS, NUOVA INCHIESTA SUGLI AFFARI OFF SHORE
Per evitare di pagare le tasse si affidano ad artifizi contabili sempre più intricati e fantasiosi: è quanto raccontano i Paradise Papers, che mostrano quanto il sistema finanziario offshore sia in grado di gestire enormi ricchezze a livello globale. È come se esistesse una sorta di economia parallela, che si sovrappone al mondo visibile. I file su cui Suddeutsche Zeitung ha messo le mani provengono da due studi internazionali che gestiscono società offshore: Appleby, fondato nelle Bermuda e con nove filiali in altrettanti paradisi fiscali, e Asiaciti Trust, che ha il quartier generale a Singapore e altre sette sedi. Ma sono stati ricavati dati anche da 19 registri commerciali, finora inaccessibili, gestiti dai governi dei più riservati paradisi societari. Le società offshore, se dichiarate al fisco e alle autorità nazionali, sono legali, ma la loro segretezza apre le porte a personaggi ambigui, come politici corrotti, riciclatori di denaro sporco e trafficanti di droga. Spesso sono scatole vuote, usate per drenare miliardi di bilanci statali. Tra i clienti degli studi offshore spunta anche la regina della Giordania, ma anche politici eccellenti, come Sam Kutesa, ex ministro degli esteri dell’Uganda ed ex presidente generale delle Nazioni Unite che sostiene di non aver nulla a che fare con le offshore. Negli Stati Uniti, uno dei personaggi che potrebbe essere sfiorato dal nuovo leak è Robert Mercer, uno dei principali finanziatori del presidente americano Donald Trump con donazioni da 25 milioni di dollari.
Tornando in Europa, in Gran Bretagna c’è Lord Ashcroft, miliardario gestore di hedge fund e tra i principali finanziatori del Partito conservatore britannico. Ha anche avuto un ruolo importante nella campagna per la Brexit e ha donato 500mila sterline ai conservatori per le elezioni legislative di quest’anno. Tra i clienti italiani della Appleby figura anche Edoarda Vessel, vedova dell’ex presidente di Finmeccanica, Camillo Crociani, coinvolto negli anni 70 nello scandalo Lockheed e fuggito in Messico con la famiglia dopo una condanna per corruzione. Trent’anni fa Edoarda Crociani ha costituito un trust le cui beneficiarie sono le figlie Camilla e Cristiana. I particolari di questo trust potrebbero vedere la luce grazie al leak degli archivi della Appleby, i cui dati sono stati hackerati e ora sono finiti nelle mani del Consorzio internazionale dei giornalisti investigativi (Icij), lo stesso dei Panama Papers.