Non si è fatto in tempo a dichiarare lo stato di emergenza, che questo è già finito. Nella giornata di oggi, infatti, riprendono i flussi di gas da Baumgarten verso l’Italia, dopo il tragico incidente di ieri. Tanto rumore per nulla? Direi proprio di sì. Il mercato ha reagito come ci si aspetta – impennata dei prezzi spot in Italia e nelle altre piazze di scambio europee, a dimostrazione di una certa maturità e liquidità del settore -, la politica, purtroppo, anche. E in questo caso non ci lamentiamo dello stato di emergenza, procedura tecnica ma con scarso seguito pratico, bensì con la polemica riguardante il Tap, il nuovo gasdotto che entro il 2020 dovrebbe interconnettere la Puglia con la Grecia, portando in Italia gas azero. 



Da un punto di vista infrastrutturale, infatti, l’Italia è ottimamente dotata: oltre a cinque gasdotti che la collegano con l’estero, abbiamo anche tre terminali di Gnl che consentono di importare, in teoria, quasi il 20% della domanda annuale. Più in generale, abbiamo una capacità di import molto superiore alla domanda. In più, abbiamo sviluppato nel tempo un sistema di stoccaggi che, soprattutto a inizio inverno, può tranquillamente sopperire per settimane a importanti riduzioni di flussi d’importazione. 



Questo non vuol dire che il Tap sia inutile, ma non deve nemmeno essere utilizzato in maniera strumentale, soprattutto abbinato a una parola “magica” quanto fumosa: sicurezza. I problemi del mercato gas italiano sono contrattuali e regolatori, non infrastrutturali; se volessimo riassumere il tutto in una sola parola, allora diremmo: concorrenza. In primis, le regole di accesso e le tariffe da pagare per accedere ad alcune infrastrutture (Passo Gries e Olt, ad esempio), ne impediscono un utilizzo efficiente e continuo. In particolare, queste difficoltà non consentono ad altri fornitori di competere con maggior efficacia sul mercato italiano. In più, un’esposizione contrattuale eccessiva nei confronti del gas russo fa sì che questo abbia una certa priorità commerciale sul mercato italiano, dove Eni ha ancora una quota troppo rilevante e pari quasi al 50%. 



Pertanto, se vogliamo migliorare il mercato del gas per famiglie e imprese non parliamo di sicurezza, bensì di concorrenza. Facciamo in modo di promuovere con ancor più forza il processo di liberalizzazione e la revisione delle regole, anche tariffarie, per l’accesso alle infrastrutture: infatti, le infrastrutture, senza regole coerenti ed efficienti, rischiano di essere inutili.