Ho diligentemente seguito fino in fondo la conferenza stampa di Mario Draghi alla fine del board della Bce. Non per interesse, ormai sono scontate come un paio di doposci nel mese di agosto, ma perché volevo vedere se SuperMario avrebbe parlato della questione Steinhoff, il conglomerato retail di cui l’Eurotower ha acquistato in abbondanza un bond a scadenza 2025, letteralmente crollato la settimana scorsa sulla pressoché certezza che l’azienda stia andando a zampe all’aria. Dopo il downgrade di Moody’s, oltretutto, anche statutariamente Francoforte non potrebbe tenere a bilancio quella carta. Ma nemmeno venderla, perché – sempre da regolamento – il Qe prevede solo acquisti, non vendite. Inoltre, sono altre 26 le aziende nelle condizioni di Steinhoff, le cui obbligazioni giacciono nella pancia dell’Eurotower in stato di avanzata decomposizione. Il conto potenziale? Qualcosa come 18 miliardi di euro, da ripartire fra Bce e banche creditrici.
A vostro modo di vedere, Draghi ha detto qualcosa al riguardo? Zero. E qualche giornalista ha avuto l’ardire di porre una domanda sulla vicenda? Zero. Cosa devo dirvi, quindi? Che i tassi sono rimasti fermi? Lo sapevano anche i bambini, fin dalle mosse di ottobre. Che il Qe prosegue e che, se sarà necessario, aumenterà di volume di acquisti e di arco temporale? Lo dicono da almeno otto mesi. Che lo stesso Qe scenderà però da 40 a 30 miliardi, dal prossimo gennaio al termine temporale di settembre? È una vita che vi dico che stanno scarseggiando i Bund disponibili all’acquisto, quindi o abbassi il controvalore di acquisti o tagli la tempistica: e siccome la seconda ipotesi avrebbe portato con sé tremori reali, più che altro per il sentiment che avrebbe pervaso i mercati rispetto alla vera criticità, cioè la fine degli acquisti proprio di bond corporate, ovviamente si è scelto la prima.
Trovate poi interessante l’aumento delle stime di Pil e inflazione dell’Eurozona comunicato sempre ieri, un qualcosa che appare matematico se si intende far passare la narrativa del Qe che prosegue ma con minore magnitudo di acquisti? Signori, al contrario dell’Immobildream, questi vendono sogni, non solide realtà. Balle, garantite da un’unica cosa: il timore generalizzato che tiene tutti gli investitori fermi, paralizzati al tavolo da gioco. Si continua a far funzionare il casinò, ma con la certezza che, prima o poi, la musica cesserà. E lo farà di colpo.
Non a caso, consci che la Bce avrebbe continuato a vendere lo story-telling del Qe pressoché permanente – almeno nelle intenzioni -, mercoledì sia la Fed che, soprattutto, la Banca centrale cinese hanno alzato i tassi, quasi a voler dimostrare al mondo che tutto va benissimo, che l’economia scoppia di salute, che si può normalizzare senza problemi di tremori. Tanto, soprattutto, le aziende statunitensi o extra-UE con grande operatività negli Usa, si finanziano in Europa attraverso le sussidiarie, attaccati come vitellini appena nati al seno della Bce. Finché dura, però. Certo, non sarà magari il bond Steinhoff a far saltare il banco, magari quel soprannome di Enron 2.0 che gli hanno già affibbiato è eccessivo, ma è un sintomo: come lo sono il silenzio di Draghi e quello, ancor più triste, della stampa.
Perché purtroppo, ormai siamo di fronte alla necessità del dogma di infallibilità delle Banche centrali, una religione laica che ossessivamente ripete i suoi mantra, spacciandoli per verità: se salta quel Rubicone, quello della credibilità ormai d’ufficio, salta tutto. Guardate questo grafico, ci mostra le prospettive di congelamento degli investimenti infrastrutturali cinesi, una frenata rapidissima e senza precedenti prevista per l’anno prossimo. A fronte di questo, la Pboc mercoledì ha alzato i tassi.
Credibile? E vogliamo parlare del migliore proxy in assoluto per lo stato di salute del commercio mondiale, ovvero lo shipping, le spedizioni? Eccolo nel grafico più sotto: intravedete per caso la famosa “ripresa globale sincronizzata” di cui parlano i banchieri centrali? Sono solo bugie, lo sanno tutti, ma tutti sono costretti a crederci. Alcuni, addirittura, ben contenti di farlo. Cercate dati indipendenti, se volete capire lo stato reale dell’economia: cerimonie laiche con le conferenze stampa post-board di Draghi sono vere quanto i soldi del Monopoli, fidatevi di me. E della realtà che avete davanti agli occhi, ogni giorno. Perché se la Bce o Fed o la Bank of China ci danno quadri macro di cui difficilmente si colgono le contraddizioni a colpo d’occhio, lo stato di salute delle varie economie reali li si coglie andando al supermarket o in banca, non serve un master in una università della Ivy League americana.
Come, purtroppo, non serve un genio per capire cosa sia successo davvero con le famose quattro banche salvate dal governo Renzi. Perché si sa, la vendetta è un piatto che si gusta meglio freddo. E Giuseppe Vegas, Presidente della Consob, deve averle messe davvero nel congelatore le parole che ha sparato come una sventagliata di mitra ieri durante l’audizione in Commissione d’inchiesta sul segreto bancario, di fatto molto più devastanti per la residua credibilità personale e politica di Maria Elena Boschi delle dichiarazioni di Federico Ghizzoni riportate nel famoso passaggio contenuto all’interno del libro di Ferruccio De Bortoli. Eccole, tutte riferite all’affaire Banca Etruria: «Ho avuto modo di parlare della questione con l’allora ministro Boschi, che espresse un quadro di preoccupazione perché a suo avviso c’era la possibilità che Etruria venisse incorporata dalla Popolare di Vicenza e questo era di nocumento per la principale industria di Arezzo che è l’oro. Io le risposi che Consob non era competente sulle scelte di aggregazione delle banche. In quell’occasione fu la ministra che chiese di vedermi e venne a Milano. Boschi mi disse in un’altra occasione che suo padre sarebbe diventato vice presidente». Bugie, quindi, anche qui. Oltretutto, riferite in Parlamento.
Viviamo in un mondo di bugie, quando si tratta di banche, centrali o meno. Per il semplice fatto che quando tutto diventa finanza, speculazione, potere e non credito e risparmio, tutto si tramuta obbligatoriamente in menzogna. Ora, però, almeno la Boschi vada a casa: perché se si è dimesso chi aveva guai per la destinazione d’uso di un box o per l’orologio regalato al figlio per la laurea, chi ha mentito su una questione simile non merita nemmeno più di vedere come sia fatto il Parlamento in fotografia. Altrimenti, diciamoci chiaro che viviamo in un mondo che giudica in base ai cognomi e ai nomi, siano essi Boschi e Bce, per valutare quali bugie siano o meno spacciabili al popolo bue e chiudiamola qui. Senza nemmeno imporci il disturbo farsesco e offensivo di farci passare per le urne, una volta ogni tanto.