Mai come in questi ultimi anni si sono moltiplicati gli incontri, i convegni, le analisi, persino i corsi universitari, dedicati all’etica nell’economia. Mai come in questi ultimi anni l’economia, e in particolare la finanza, sono state attraversate da una cascata di episodi che hanno contraddetto i principi fondamentali dell’etica, da qualunque prospettiva la si guardi. Vi è allora da chiedersi se il parlare di etica sia un modo per nascondere con le parole la realtà dei fatti oppure se le belle analisi siano semplicemente l’affermazione dell’esistenza di un problema a cui non si vuole o non si può dare soluzione.



È questa una prospettiva che aveva ben presente Luigi Einaudi quando metteva i suoi interventi sotto il titolo di “prediche inutili”. Richiamare ai valori è un dovere fondamentale per ogni persona, ma nello stesso tempo è necessaria la capacità di ricostruire ogni volta un percorso che si renda conto delle difficoltà e delle tentazioni, così come dell’avidità e degli interessi particolari.



Sono molti i segnali nella società contemporanea che sembrano contraddire la prospettiva etica: la continua e progressiva separazione tra la finanza e l’economia reale, la tentazione strisciante di deresponsabilizzare le persone ed escludere i gruppi sociali con la logica dello statalismo, la crescita delle disuguaglianze pur all’interno di una maggiore ricchezza complessiva della società.

E così diventa sempre più attuale un messaggio come quello di don Luigi Sturzo, il fondatore del Partito popolare, esiliato dal fascismo, nominato proprio da Luigi Einaudi senatore a vita nei primi anni della Repubblica. A Sturzo, “maestro di verità e di libertà” ha dedicato un libro Giovanni Palladino (“Don Luigi Sturzo. Maestro di verità e di libertà”, ed. Rubbettino, pagg. 244, € 19) in occasione della conclusione del processo diocesano per la causa di beatificazione. Palladino ha praticamente da sempre studiato e fatto conoscere l’insegnamento di Sturzo sulla scia di suo padre, Giuseppe, che del sacerdote siciliano era stato compagno degli ultimi anni di vita ed esecutore testamentario.



C’è nel libro, così come nella vita di Sturzo, un grande filo conduttore: la volontà di ispirare il pensiero e l’azione di tutti, ma in particolare dei responsabili della politica e dell’economia, ai due pilastri del Vangelo e della Dottrina sociale della Chiesa. Due pilastri che non sono valori astratti e principi generali, ma che, come sottolineano molte autorevoli testimonianze riportate nel libro, possono diventare una guida concreta senza il falso timore dell’integralismo o le preoccupazioni ideologiche del laicismo. Sturzo è stato integralmente sacerdote e ugualmente politico impegnato nel suo comune, sindaco di Caltagirone negli anni della gioventù, così come nello Stato, profondamente convinto che solo quel rispetto della dignità della persona che nasce dal cattolicesimo può portare a una società insieme più libera e più giusta. Il suo richiamo alle tre “male bestie” – lo statalismo, la partitocrazia e lo sperpero di denaro pubblico – sono ancora la rappresentazione, come ricorda Alessandro Corneli nella postfazione, di “ciò che sta avvenendo ai nostri tempi”.

Riscoprire Sturzo diventa allora un ottimo modo per leggere secondo una prospettiva nuova le problematiche attuali, soprattutto quell’impegno dei cristiani nella società e nella politica che, dopo la dissoluzione della Democrazia cristiana, continua a soffrire di un ingiustificabile complesso di inferiorità.