Uno studio di Srm e Fondazione Matching Energies (Mef) offre una prospettiva interessante e inedita costruita sommando forze e debolezze di due regioni leader del Mezzogiorno come Campania e Puglia. Ne viene fuori una macro-area con le caratteristiche economiche della Lombardia, che se fosse uno Stato europeo si troverebbe per altezza di Pil tra la Repubblica Ceca e la Romania.
Insomma, una piccola potenza avvantaggiata dalla doppia fatalità che gli elementi di forza dell’una compensano i punti di debolezza dell’altra (come accade nel caso della produzione di energia, con la Puglia in posizione di vantaggio) e che i settori industriali di punta s’incontrano così bene che la loro interconnessione dà vita a una consistenza sul totale manifatturiero davvero notevole.
Le vocazioni produttive di cui si parla sono cinque: le classiche quattro contraddistinte dalla A iniziale – alimentare, abbigliamento, automotive, aerospazio – più il farmaceutico. Per valore aggiunto, livello dell’export, numero d’imprese e di addetti, queste componenti fondamentali della nostra economia hanno un rilievo quasi assorbente nei due territori segnandone così il profilo.
Tra le due regioni, in questi stessi settori, sono molto diffusi anche gli scambi di import/export rendendo evidente che esiste un rapporto stretto che sfugge a prima vista o è riconoscibile solo dagli addetti ai lavori. L’integrazione è così forte che gli investimenti sul territorio avrebbero una ricaduta sulla domanda interna superiore alla media nazionale.
Anche la logistica contribuisce a legare Campania e Puglia con uno spiccato interscambio marittimo che fa del porto di Napoli l’hub dal quale parte gran parte della produzione aeronautica pugliese. Verso l’esterno, la regione di Napoli guarda con più attenzione verso l’Occidente e la regione di Bari verso l’Oriente in uno schema che appare chiaramente complementare.
In comune c’è anche la circostanza dell’individuazione da parte del governo di tre Zone economiche speciali: una in Campania negli scali unificati di Napoli e Salerno, due in Puglia con i sistemi di Bari e Brindisi da una parte e Taranto dall’altra. Il che fornisce l’occasione ai ricercatori per insistere sulla presentazione di un modello di sviluppo comune.
Le analogie continuano anche in campo turistico con un aumento di arrivi e presenze superiore in entrambi i casi alla media nazionale. È vero che il dato di partenza è inferiore alle potenzialità e che quindi c’è molto margine di miglioramento, ma va comunque apprezzato l’impegno comune per un’offerta sempre più varia: mare, cultura, enogastronomia, benessere, crociere, nautica.
Il quadro è completato dalla vivacità delle imprese giovanili con la Campania al secondo posto in Italia per numero e la Puglia quinta. Dati confortanti arrivano anche dalla nascita di start up e dalla creazione a Napoli e Bari di Digital Innovation Hub destinati a irrobustire le attività in ricerca e innovazione grazie anche alla presenza di università e parchi scientifici.
Quello che più sorprende, però, è il principio che anima la ricerca diretto a unire piuttosto che a dividere. In un Paese colpito dal morbo della frammentazione, dove tre regioni chiedono più autonomia e ciascuna cerca fortuna a discapito dell’altra, colpisce il cambio di paradigma. Che, se fosse applicato all’intero corpo nazionale, darebbe più fiducia e capacità competitiva.