E adesso c’è da augurarsi soltanto che il Presidente della Repubblica sciolga al più presto le camere, perché ogni giorno che passa le cose si mettono peggio per le finanze pubbliche e, di conseguenza, per l’intera economia (con evidenti ricadute politiche). L’assalto alla diligenza, cioè alla Legge di bilancio, ha visto protagoniste lobby e le clientele più diverse. Le poche che non hanno ottenuto nulla sbraitano, ma si lamenta anche chi ha avuto la sua fetta di torta, perché ne avrebbe volentieri trangugiata una più grande. Il risultato di questo scambio ineguale tra risorse pubbliche e appropriazione privata è il debito dello Stato, che in Italia, per il suo ammontare in quantità, per il suo rapporto con il prodotto annuo lordo, per la sua dinamica, è un pericolo. Ma vediamo alcune cifre chiave della manovra varata dal parlamento.
È stato bloccato l’aumento dell’Iva da 15,7 miliardi di euro che sarebbe scattato a gennaio in applicazione della clausola di salvaguardia ereditata dagli anni precedenti. Da sola, questa misura assorbe più del 70% delle risorse della Legge di bilancio. Nonostante le promesse della vigilia, anche stavolta si tratta di un rinvio. Se l’anno prossimo non arriverà un intervento analogo, l’aliquota Iva al 10% salirà dell’1,5% dal gennaio 2019 e poi di ulteriori 1,5 punti dal 2020, mentre quella del 22% salirà del 2,2% dal 2019, poi di altri 0,7 punti dal 2020 e di un ulteriore 0,1% dal 2021. Dunque, il governo ha gettato nelle mani del suo successore la bomba a orologeria che da alcuni anni mina la politica fiscale.
Dal primo gennaio prossimo riparte la decontribuzione triennale per le imprese che assumono giovani. Il primo anno i contributi saranno dimezzati, con un tetto massimo di 3 mila euro, per le assunzioni di giovani al di sotto dei 35 anni di età. Dall’anno successivo, il 2019, l’età massima per accedere allo sgravio scenderà a 29 anni. La norma è permanente: significa che potranno beneficiarne anche gli under 30 dei prossimi anni. Arriva il bonus sud, cioè l’esenzione totale dei contributi per chi assume i residenti in una delle otto regioni meridionali (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna), sia sotto sia sopra i 35 anni, purché privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi.
Il bonus bebè scatta solo per il primo anno di vita del bambino e per i nati nel 2018. La commissione Bilancio della Camera ha eliminato gli stanziamenti previsti per il 2020, cancellando la stabilizzazione dell’intervento. Sale da 2.840 euro a 4.000 euro la soglia di reddito annuo che consente ai figli di restare a carico dei genitori. Dal 2019 non aumenterà a 67 anni l’età pensionabile per 14.600 lavoratori impegnati in 15 attività gravose. Per gli scatti futuri, inoltre, sarà modificato il meccanismo di adeguamento all’aspettativa di vita. Arriva una nuova disciplina per la previdenza complementare dei dipendenti pubblici. L’Ape social si estende a quattro categorie in più che svolgono lavori gravosi (braccianti, siderurgici, marittimi e pescatori), gli stessi per cui, oltre alle altre 11 categorie già comprese, non scatterà dal 2019 l’aumento dell’età pensionabile a 67 anni. Aumenta lo sconto contributivo per le mamme lavoratrici da sei mesi a un anno per figlio, fino a un massimo di due anni.
Confermato il super-ammortamento, che passa però dal 140% al 130% e viene esteso a parchi veicoli pubblici e privati. Prorogato anche l’iper-ammortamento, cioè la supervalutazione del 250% degli investimenti in beni materiali nuovi, dispositivi e tecnologie abilitanti la trasformazione in chiave 4.0 acquistati o in leasing. La manovra ha aumentato di 470 milioni i fondi per il reddito di inclusione. La misura prevede un progetto personalizzato per aiutare il nucleo familiare a uscire dallo stato di bisogno. L’assegno arriva fino a 187 euro al mese nel caso di componente unico della famiglia e a 485 euro al mese per le famiglie con almeno cinque persone.
C’è poi un lungo elenco di misure ritagliate sulle richieste di categorie e gruppi sociali a più o meno elevato valore elettorale. Verranno regolarizzati 18 mila insegnanti precari. Anche la Rai potrà assumere altro personale (ma non erano già troppi i dipendenti della tv di stato?). La polizia e i vigili del fuoco avranno 50 milioni subito e 250 milioni nei prossimi anni. Gli statali possono aumentare i loro stipendi e rinnovare i contratti. Gli ambulanti vedranno slittare al 2020 l’applicazione della direttiva Bolkenstein. Le risorse del fondo per i risparmiatori danneggiati dai dissesti bancari salgono da 50 a 100 milioni nel biennio 2019-2020. La web tax, ridimensionata nella sua portata, è una bandierina da sventolare a sinistra contro “il far west della rete”.
Secondo prime stime, l’assalto finale alla diligenza ha fatto sforare il budget previsto di 90 milioni di euro, in ogni caso il ministro Padoan sostiene di aver rispettato i parametri. Il giudizio di fondo, però, non può essere ragionieristico. Nel momento in cui l’economia ha preso lena, grazie soprattutto all’industria che cresce negli ultimi mesi con percentuali a due cifre, il governo e il parlamento hanno mancato l’occasione di imprimere una svolta alla politica fiscale. Anziché avviare la prossima legislatura verso il sentiero scosceso che porta a ridurre il debito in modo strutturale, sono state rinviate le scelte di fondo.
Nessuno è tanto ingenuo da non sapere che una seria riforma fiscale si fa all’inizio non alla fine del mandato politico, ma continuare con i bonus e gli sconti non manda certo un segnale incoraggiante. La prova del nove è il congelamento degli aumenti dell’Iva: su 15,7 miliardi, ben 11 sono coperti con un aumento del deficit. Insomma, il nuovo parlamento esordirà con un handicap non facile colmare: non è esattamente un augurio di buon lavoro.