C’è un dato che deve attrarre la nostra attenzione e che va oltre l’impressione destata dalla notizia che il Bitcoin ha toccato la soglia degli undicimila dollari (sì, proprio 11.000 dollari!). E il dato riscontrabile in uno dei siti internet di riferimento del settore è la capitalizzazione totale di tutte le criptovalute, pari a oltre 300 miliardi di dollari. Una cifra tutto sommato non troppo grande, nel settore della finanza speculativa: solo nel mercato delle valute ufficiali, il cosiddetto Forex, girano ogni giorno oltre 4.000 miliardi di dollari. Ma il vero dato significativo è il trend di crescita di questo valore, esemplificato dal grafico più in basso.
La capitalizzazione all’inizio dell’anno non arrivava ai 20 miliardi, ora invece ha superato i 300 miliardi e la crescita appare inarrestabile. In altre parole, tra gli investitori e gli speculatori di ogni risma tanti sono ormai convinti che la tecnologia blockchain (che è il motore del Bitcoin e di tutte le criptovalute) è solida e determinerà una sorta di rivoluzione in campo tecnologico. Quindi gli investimenti nel settore sono in continua crescita e questo porta anche a una continua rivalutazione delle cripovalute.
Questo sta portando anche a un altro effetto secondario molto interessante. Gli investitori comprano criptovalute, ma chi sono i venditori? I venditori sono i cosiddetti “minatori”, cioè coloro che impiegano computer (e costose schede video) per confermare con un continuo lavorio la solidità della blockchain e la correttezza delle informazioni contenute in essa. Per questo lavoro, i “minatori” (che in alcuni casi sono diventati impianti industriali, con capannoni pieni di computer in continuo lavorio) sono compensati in criptovaluta. Ma per pagare la costosa bolletta elettrica devono farlo (per ora) con dollari ed euro, quindi vendono la criptovaluta guadagnata in cambio di dollari ed euro.
Quindi normalmente gli investitori sono compratori di criptovaluta, mentre i “minatori” sono venditori. Il fatto è che gli investitori strutturalmente crescono più rapidamente dei “minatori” e quindi i compratori sono di più (e hanno più denaro) e quindi il prezzo della criptovaluta tendenzialmente sale.
Questa situazione sta rallegrando i “minatori”, perché vedono costantemente salire i loro profitti. E se finora tale attività era confinata a paesi dove il costo della bolletta era piuttosto basso (per la grande disponibilità di petrolio o di centrali nucleari) ora, con gli attuali valori delle criptovalute, tale attività imprenditoriale è diventata conveniente persino in Italia, dove il costo della corrente è storicamente alto. Basti pensare che, con un investimento oculato e con un’opportuna configurazione, il ritorno finanziario può essere circa il 4-5% al mese. Una cifra molto interessante che sta attirando un numero sempre maggiore di imprenditori e piccoli professionisti. Del resto, l’impegno economico di partenza può essere abbastanza limitato (nell’ordine dei 3-4 mila euro) per un apparato che consuma circa 1 Kwh. Insomma, un impianto che si può mettere anche a casa.
Le cifre sopra esposte sono approssimative, ma il dato più interessante è che comunque sono in continuo rialzo, cioè i rendimenti continuano lentamente ma inesorabilmente a crescere. Insomma, il fenomeno delle criptovalute non può essere ridotto alle vertiginose oscillazioni del Bitcoin, ma è fondato su una tecnologia di straordinario interesse, destinata a condizionare il prossimo futuro e a fornire straordinarie occasioni di investimento. Investimento tecnologico produttivo, non speculativo.