Se qualcuno avesse cercato la prova provata che la campagna elettorale fosse ufficialmente iniziata, non avrebbe dovuto affannarsi troppo per trovarla. Eccola: «A distanza di vent’anni da quando il governo Prodi varò la manovra che valse all’Italia l’ingresso nell’euro, l’Europa è andata tutta da un’altra parte. La Germania doveva fare da traino a tutta l’operazione e invece si è messa a fare politiche mercantiliste, nazionaliste e isolazioniste a scapito della crescita dell’Europa». E chi avrà mai proferito queste parole, corredate da una tutt’altro che velata accusa di «aver tradito l’euro»? Nientemeno che l’allora ministro delle Finanze, Vincenzo Visco, in un’intervista concessa ieri a La Stampa di Torino.
E ancora: «Quella che è avvenuta negli ultimi dieci anni, dopo la crisi, a causa delle politiche della Germania in qualche modo avallate dalla Bce, è un’artificiosa rinazionalizzazione dei diversi euro, e quindi dei diversi tassi di interesse. E quindi la moneta unica funziona male e a scartamento ridotto. La Germania continua a crescere a spese nostre, perché c’è un marco svalutato che è l’euro. E loro invece di espandere l’economia, continuano ad accumulare avanzi sull’estero». I tedeschi, prosegue, «non hanno mai voluto risolvere il problema delle banche, con l’assicurazione dei depositi. Insomma insieme con la moneta unica ci si sta se si condividono i rischi. La condivisione dei rischi è l’unico modo di evitare i rischi». E in merito al referendum sull’euro che potrebbe promuovere il M5S, «non ci credono nemmeno loro», commenta Visco, «ma il problema c’è, nel senso che per come si è venuta costruendo la politica monetaria ed economica dell’Ue è autolesionistica. Non funziona. Funziona parzialmente solo per la Germania».
Ma questi non erano i fenomeni? Non erano i professoroni da contrapporre ai populisti biechi e senza visione d’insieme? Diciamo che ci hanno messo qualche annetto a rendersi conto di come girava il fumo, non proprio dei mesi: e adesso, cosa faranno? Si lanceranno alla rincorsa dell’euroscetticismo, magari varandone la versione light e accademica? La questione si presta a facili ironie, ma da ridere c’è davvero poco. Perché al netto della tardiva presa d’atto di Visco, c’è una realtà ormai cristallizzata: indietro non si può tornare. O si procede su questa strada o si passa al piano B, sperando che sia gestibile: ovvero, la creazione del famoso euro a due velocità, con l’Italia di fatto alla guida del blocco non-core dei Paesi mediterranei.
D’altronde, cosa disse Wolfgang Schaeuble al governo italiano, prima di diventare presidente del Bundestag? Attenzione a menar troppo vanto per i risultati raggiunti, perché una volta sparito l’ombrello della Bce, la speculazione potrebbe tornare a farsi sentire. E pensate che non lo farà in vista del voto del 4 marzo? Pensate che la calma irreale che ha portato Paolo Gentiloni a concludere ordinatamente la legislatura sarà garantita da mercati che millantano salute ma sotto sotto sono ormai al livello che vedete nel grafico? Questo è il margin debt alla Borsa di New York oggi, ovvero la prova provata ulteriore che la tempesta è in ebollizione. Non c’è più liquidità sul mercato per il collaterale, lo dicono chiaramente i premi di rischio per i prestiti concessi dalle varie Banche centrali che ormai sono ai massimi da quattro anni: prima o poi, o qualcuno inonderà di nuovo il mercato o una notte il mercato interbancario si congelerà un’altra volta e saremo alla Lehman Brothers 2.0.
Peccato che il grafico appena pubblicato ci mostri che la magnitudo debitoria sul margine sarà ancora più devastante potenzialmente, cioè capace di far sparire in poche ore intere istituzioni finanziarie private. E in questo contesto mondiale che si inserisce la tardiva e patetica presa d’atto di Vincenzo Visco, quasi anche il Pd di governo, quello di Renzi che prende in giro tutti via Twitter, ora sia talmente giunto alla fine degli argomenti da dover attaccare con la retorica anti-tedesca: proprio ora, quando ormai abbiamo svenduto l’ombrello per un po’ di flessibilità da spendere in mancette elettorali e comincia a piovere?
Ricorderete come, a mio modo di vedere, il segnale incontrovertibile di una volontà tedesca di rivedere l’impianto stesso dell’eurozona fosse stato quello lanciato dalla Bundesbank e dalla sua decisione dello scorso anno di rimpatriare in fretta e furia tutto l’oro fisico stoccato fra New York, Londra e Parigi. Così è stato fatto, ora Berlino è in controllo di quelle riserve, tornate a casa con ben due anni di anticipo sul programma originario: a vostro modo di vedere, Vincenzo Visco non aveva colto il segnale? Io spero di sì, altrimenti abbiamo avuto per anni un totale incompetente e impreparato a gestire le nostre finanze. E perché non ha parlato prima, dall’alto del suo status di padre nobile italiano dell’euro? E perché Romano Prodi, lo stesso che lancia appelli pro-europeisti dai giornali, ci ha messo sei anni a rendere pubblici i suoi dubbi sulle modalità con cui si è giunti agi eventi politico-economici del 2011?
Dobbiamo quindi davvero credere alla versione di Giulio Tremonti, ovvero di una quinta colonna italiana, il duo Quirinale-Bocconi, per la salvezza delle banche tedesche e francesi? Se sì, cosa ci avevano promesso in cambio? Non certo ristoro dal mega-contratto derivato, visti i 4 miliardi sborsati pronta cassa nel 2012 dal governo Monti: l’assicurazione della non opposizione della Bundesbank al whatever it takes e al Qr di Draghi è stata forse il do ut des della decisione che mandò a casa il governo Berlusconi e garantì la salvezza agli istituti teutonici e d’Oltralpe? Perché attaccare adesso la politica tedesca di surplus appare ridicolo, visto che è nota e palese da sempre: qualcuno sta preparando il terreno alla prossima legnata bancaria, come anticipato da Luigi Bisignani su Il Tempo di qualche giorno fa? Esattamente come per i Democratici Usa e l’Fbi la Russia è colpevole di qualsiasi nefandezza, anche l’arrosto bruciato, così i manovratori di un tempo stanno preparando la loro difesa d’ufficio, mettendo nel mirino i tedeschi brutti e cattivi, visto anche il brevissimo tempo che ci divide dalle urne?
Il dado è tratto, ormai. Con buona pace di Visco e dell’europeismo da schiavi consapevoli.