«Sono di ritorno dagli Emirati, sentirmi salutare all’aeroporto dall’ambasciatore arabo con un bel ‘bunga bunga’ non mi ha fatto piacere. C’è qualcosa, però, che non mi quadra in questo indignarsi collettivo, c’è qualcosa che va oltre il colore e il gossip. La mia sensazione è che questa volta i mercati vogliano far pagare a Berlusconi anche la posizione italiana a favore di Putin, di Gheddafi e della stabilità iraniana. Si tratta di una scelta di campo giusta per tutelare l’interesse nazionale e io la condivido, ma ha scatenato le mire francesi sulla Libia, l’interesse tedesco per la partnership con i russi che ci danneggia, l’insofferenza americana per un’alleanza storica che reputano tradita. Purtroppo è un dato di fatto che, alla fine, l’errore della guerra della Libia lo paghiamo noi…». Parole di Romano Prodi in un colloquio con Roberto Napoletano, ex direttore del Sole24Ore e autore del libro Il cigno nero e il Cavaliere bianco – Diario italiano della grande crisi, in libreria da dopodomani.
Ora, sarò come al solito molto franco: il modo in cui Napoletano ha concluso la sua esperienza alla guida del quotidiano di Confindustria e i particolari emersi attorno a conti e contratti non mi fanno deporre a favore di una stima professionale e umana nei suoi confronti. Lo dissi e scrissi all’epoca e lo ribadisco oggi. Non di meno, mi interessa davvero pochissimo del parere di uno come Romano Prodi, strenuo accusatore a oltranza di un’altra persona che non stimo come Silvio Berlusconi, ma, altrettanto, stranamente in ritardo nel rendere noto il suo parere – il quale, si sa, in Italia conta parecchio – riguardo la questione del presunto golpe dei mercati del 2011: se golpe fu, infatti, lo fu contro l’Italia e non contro il solo Cavaliere, quindi certe accuse – meglio se circostanziate da prove – un ex premier ed ex presidente in ambito Ue non dovrebbe farle con ampio ritardo e per via editoriale. Oltretutto, per conto terzi, visto che il volume in questione non è suo.
Perché mi occupo della faccenda, vi chiederete? Semplice, per i ricaschi politici interni. E non solo. E per certi segnali che emanano. Per quanto io sia infatti certo che la vicenda verrà silenziata in maniera collettiva dalla grande stampa, ho altresì la quasi certezza che il manoscritto di Napoletano fosse pronto da un pezzo, ma che l’autore e La Nave di Teseo, la casa editrice che lo pubblica, diretta dalla sorella di Vittorio Sgarbi, Elisabetta, abbiano deciso di attendere. Esattamente come si fece con il libro di Ferruccio De Bortoli e lo scoop su Boschi-Ghizzoni-Etruria. Normale prassi, ci mancherebbe: se ho una notizia contenuta in un saggio, attendo che la cronaca la renda ancora più appetibile. I libri sono editi per essere venduti, non per la gloria. Quindi, la domanda è scontata: cui prodest?
In prima istanza, il Cavaliere ovviamente. Il quale, come scriveva l’altro giorno Repubblica, forse resosi conto del passare del tempo e del fatto che le prossime saranno paradossalmente le ultime elezioni che lo vedranno protagonista, ormai spinge quasi sul pedale del martirio. Strasburgo lo farà attendere troppo riguardo l’incandidabilità? Le Procure sono tornate in campo, fra Rubi-ter e accuse di stragismo? Non importa, lui tira dritto. Anzi, tira ancora più dritto: Severino o no, lui sarà in campo da protagonista, ha promesso ai suoi elettori idolatranti non più tardi di dieci giorni fa alla convention di Forza Italia. E ora, questo assist inatteso: il quale non solo gli garantisce il profilo dello statista che per il bene del Paese in fatto di scelte geopolitiche e di politica estera ha messo a repentaglio ia sua stessa esistenza politica – martirio, appunto -, ma apre uno scenario cupo sul ruolo dell’opposizione dell’epoca, pronta a festeggiare la sua cacciata da Palazzo Chigi nel novembre 2011 come un nuovo 25 aprile.
Ne beneficia Prodi, perché anch’egli con la sua confessione a Napoletano, di fatto si pone come osservatore critico di una stagione molto particolare per la politica del nostro Paese, di fatto sottolineando come qualcuno all’estero abbia fatto di tutto per danneggiarci. E, in maniera più luciferina, facendo capire che chi si opponeva politicamente al Cavaliere a livello di politica interna o non capì la trama – quindi, politicamente inetto – o ne approfittò, di fatto anteponendo l’interesse di parte al bene comune. Leggi, il Pd. E, in effetti, ha fatto un rumore clamoroso l’eclissi del Professore dai sommovimenti, più o meno carsici, del centrosinistra italiano delle ultime settimane, culminati domenica nell’incoronazione di Pietro Grasso a leader del nuovo soggetto nato dalla fusione dei vari pulviscoli nati dalle mille scissioni dell’atomo del Partito democratico, immediatamente bollato di inutilità politica da Matteo Renzi. Certo, Prodi ha detto di aver spostato la sua tenda lontano dal Pd, ma non più tardi di tre settimane fa si era detto pronto ad aiutare Piero Fassino nella sua operazione da pontiere proprio presso gli scissionisti: fallimento totale, stante la nascita di “Liberi e uguali” e l’eterno ruolo di canotto immobile nello stagno politico di Giuliano Pisapia.
C’è poi il terzo segnale, ovvero la scomunica di Carlo De Benedetti nei confronti del fondatore della sua corazzata editoriale, quell’Eugenio Scalfari che a Di Martedì aveva scelto Berlusconi in un ipotetico gioco della torre elettorale con Luigi Di Maio. «Sbaglia e ha danneggiato Repubblica», ha dichiarato la tessera numero uno del Pd, come egli stesso ebbe a definirsi. Anche in questo caso, due pezzi da novanta che lanciano macigni – non sassi – in una campagna elettorale ormai entrata nel vivo, ancorché a Camere ancora convocate e attive. Molto attive, visto che lo schieratissimo presidente del Senato sarà chiamato a presiedere una conferenza dei capigruppo che dovrà decidere fra biotestamento e ius soli: l’aula di Palazzo Madama non ha tempo per entrambi i provvedimenti, occorre scegliere. Sarà indipendente, stante la palese e palesata preferenza di Matteo Renzi per il primo sul secondo, elettoralmente molto rischioso?
Vi rendete conto della rete di intrecci politici in atto, al netto di una logica degli schieramenti che giorno dopo giorno vede centrodestra e M5S sempre più forze egemoni verso la vittoria (di Pirro) finale? Tutto questo è grave. Non tanto per le parole di Romano Prodi, destinate al limite a far vendere 10 copie in più al libro di Napoletano, visto che non offrono conferme fattuali (che il Professore, in realtà, sono quasi certo abbia, ma, giustamente, tiene andreottianamente per sé), ma per un’assunzione di responsabilità della politica di fronte a scenari internazionali che stanno replicandosi in maniera quasi da copia-incolla, basti togliere il nome Sarkozy e sostituirlo con Macron.
E per quanto riguarda l’Ue? Attenzione, perché come Trichet sacrificò altri Stati membri, Italia in testa, per salvare la Francia, oggi Mario Draghi sta per esaurire le pallottole del suo bazooka per farci rimanere coperti in trincea e non dover affrontare direttamente il fuoco, amico e nemico. «Gli Usa puntano su Berlusconi», dicevano i giornali l’altro giorno, invocando la voglia di stabilità di Casa Bianca e Dipartimento di Stato, anche davanti all’insipienza dei Cinque Stelle, confermata dal loro leader proprio durante il tour negli Usa: un caso? E, a proposito, che fine ha fatto Beppe Grillo, totalmente sparito dalla scena? E Alessandro Di Battista che, di colpo, si fa folgorare da paternità e scrittura, abbandonando di fatto la nave, per quanto si stracci le vesti in giuramenti di militanza eterna?
Attenzione, sopra il pelo dell’acqua di stanche ritualità – valide in questo periodo per tutti i partiti -, qualcosa si sta muovendo, attraverso grossi calibri. Vuoi vedere che, dopo tanti anni a prendere schiaffi in politica estera e in quella commerciale a essa legata, sia nato – o stia comunque nascendo – un Deep State, contiguo alla politica ufficiale, ma invisibile e parallelo, anche in Italia? Chiedetelo a Prodi: ho come l’impressione che lui ne sappia qualcosa. E anche il ministro Calenda. Fosse così, non mi resta che dire una sola cosa: alleluja. E la politica politicante continui pure i suoi sterili teatrini.