L’epilogo di Alitalia sarà con ogni probabilità la cessione a un operatore terzo oppure una vendita a pezzi a più soggetti. Il candidato nettamente in pole position in questo momento è la tedesca Lufthansa. Nel dibattito attuale tutta l’attenzione si concentra sull’obiettivo di fare in modo che il contribuente italiano non si trovi mai più nella situazione di pagare per le perdite della compagnia di bandiera. Quello che manca completamente nel dibattito è quale sia il costo di non avere più una compagnia di bandiera.



Diversi fatti dovrebbero suggerire che i termini della questione non sono cosi semplici come appare: liberarsi da Alitalia è un bene a prescindere. Ci si dovrebbe chiedere come mai Ryanair abbia ottenuto in Italia milioni di euro di contributi da enti locali purché continuasse a far atterrare i suoi aerei in un certo aeroporto. In particolare dovremmo decidere se si tratti di uno spreco, regalato, oppure di un investimento. I passeggeri che atterrano in Puglia o in Sicilia mangiano, occupano stanze di hotel, comprano e pagano autobus e taxi. Quello che rimane sul territorio sia come tasse che come stipendi è molto di più dell’incentivo alla compagnia low cost. È un buon investimento nella misura in cui il “mercato” da solo non può o non vuole fare da solo. Se in assenza di incentivi quei passeggeri finiscono in Spagna o in Grecia per il sistema la perdita sarebbe maggiore dei contributi.



Non sappiamo come finirà la vicenda Alitalia, sappiamo però che con ogni probabilità il “mercato” non sostituirà Alitalia. In questi giorni Malpensa è finita sui giornali per essere ritornata al livello di passeggeri precedente la scelta di Alitalia di abbandonare lo scalo. Si potrebbe concludere che il “mercato” abbia sostituito Alitalia a costo zero per il contribuente. Un’affermazione che non tiene conto di due elementi. Il primo è che mentre Malpensa tornava ai livelli pre-Alitalia il resto del mondo cresceva. Il secondo, più importante, è che Milano ha perso moltissimi collegamenti diretti con destinazioni extraeuropee a partire dal mercato più grande delle connessioni con gli Stati Uniti. Oggi il nord Italia è il terzo mercato di Lufthansa che porta i lombardi a Francoforte e poi li mette sui suoi voli internazionali. Chiunque debba venire a Milano impiega circa 4/5 ore in più rispetto a chi si ferma in Germania o in Francia. Il risultato è che Milano è ai margini dei grandi collegamenti del business internazionale. Uno svantaggio competitivo evidente. Nessuno, né Air France, né Lufthansa, né British Airways ha pensato di metter a Milano voli intercontinentali.



L’opinione comune è che Roma abbia una forza attrattiva tale da permettersi l’assenza di una compagnia di bandiera. Questo approccio è sbagliato. Chi vuole andare comunque a Roma ci andrà anche se ci deve mettere 5 ore in più. Il problema nasce quando chi arriva dal midwest americano, dalla Cina o dal Sud America deve decidere come spendere una settimana di vacanza in Europa. Meglio Parigi o Roma se con lo scalo si spreca un giorno di ferie? La risposta è ovvia. Allo stesso modo, “in uscita”, Roma diventa ancora più periferica di quanto non lo sia ora. Il danno è maggiore quanto più la clientela è “premium” o perché business o perché fatta dai turisti più abbienti.

Il mercato non sostituisce l’operatore di bandiera e si concentra sulle rotte più frequentate lasciando i fastidi agli utenti che possono sempre fare le loro vacanze o il loro business in un posto diverso e più comodo per l’aviolinea. Perché Air France deve portare senza scali un americano da Los Angeles a Roma quando può lasciarlo a Parigi riempiendo tutti gli aerei? Se poi l’americano proprio vuole andare a Roma prenderà un secondo volo magari dormendo una notte a Parigi. Il risultato è che a Roma, e più in generale in Italia, arriva meno gente di quanto sarebbe successo con una compagnia di bandiera.

Ogni buon senso suggerisce che senza una compagnia di bandiera, che infatti gli altri stati nemmeno si sognano di lasciare, l’Italia sarà più difficile da raggiungere per turisti e manager. E ogni buon senso suggerisce che il mercato non riempie questo vuoto anche perché, in questo caso, è l’offerta di trasporto che crea la domanda; è la possibilità di raggiungere una destinazione in tempi e costi decenti a creare la domanda. Se non si può raggiungere una località con costi e tempi decenti semplicemente se ne sceglie un’altra. Qualsiasi soluzione su Alitalia che non tenga conto di questi fattori rischia di essere una mazzata per il sistema-Paese in una nazione che per metà potrebbe e dovrebbe vivere di turismo.