Come volevasi dimostrare, la Commissione d’inchiesta sul sistema bancario si è tramutata in un bar sport pre-elettorale, un vergognoso uno contro tutti dove la prima vittima è proprio la verità che i risparmiatori truffati chiedono a gran voce. L’affaire Ghizzoni-Boschi ha innescato un vergognoso mercato delle vacche, un caravanserraglio dove chi grida di più pensa di ottenere il massimo. Ed ecco che, per sbloccare l’impasse creatosi, mercoledì la presidenza è stata obbligata ad accettare e calendarizzare le richieste di tutti: ci sarà appunto Federico Ghizzoni, atteso pare prima di Natale ma anche, su richiesta Pd, i vertici delle banche venete – in audizione pubblica -, oltre ai ministri dell’Economia del passato, da Tremonti a Grilli fino a Saccomanni e, ultima richiesta di un isterico Matteo Orfini, anche Mario Monti. Questo, oltre a Visco, Vegas e Padoan, già calendarizzati a Palazzo San Macuto prima di Natale: dormiranno lì? Sacchi a pelo per tutti? Oppure questa gara alla sovrabbondanza serve soltanto a intasare i lavori e mandarli in tilt, così saranno tutti contenti? 



Perché si sa, avendo i tempi contingentati, c’è il duplice rischio: pochi minuti per un argomento così complesso o, addirittura, qualcuno che rimane fuori. Quindi, c’è il rischio del colpo di spugna. Ma non basta. Renato Brunetta, vice-presidente della Commissione, ha polemizzato con il Mef riguardo i documenti relativi ai cosiddetti “derivati di Stato”, a suo modo di vedere non ancora giunti. Et voilà, ieri pomeriggio lo stesso ministero comunicava l’invio. Ormai è guerra per bande, volano gli stracci: «Nel 2011 fu golpe e sapremo la verità», ha tuonato lo stesso capogruppo di Forza Italia. Era forse questo il mandato statutario della Commissione? 



E sapete cosa succede alla Bce, sancta sanctorum del sistema bancario, mentre a Roma giocano alla campagna elettorale sulla pelle (e sui soldi) dei truffati? Qualcuno avanza dubbi. Pesanti. Il nome che è meglio che vi stampiate in testa, perché potreste sentirne parlare a breve, è Steinhoff International Holdings NV, sconosciuta in Italia ma molto nota altrove in Europa. Si tratta di un conglomerato retail che controlla Conforama in Francia, Mattress Firm negli Usa e Poundland nel Regno Unito. Bene, mercoledì il Ceo del gruppo si è dimesso senza preavviso a seguito di irregolarità legate all’accountability, mentre il board ha annunciato un ritardo indefinito nella prospettazione dei risultati finanziari del gruppo, citando un’inchiesta fiscale tedesca risalente al 2015. Insomma, guai per un gruppo con le radici in Sud Africa ma rapidamente espansosi in Australia, Europa e Stati Uniti. 



Direte voi, cosa c’entra tutto questo con la Bce? Un attimo e ci arrivo. Mercoledì, a seguito delle novità, il titolo della Steinhoff ha perso un sobrio 72% alla Borsa di Francoforte, bruciando qualcosa come 7 miliardi di euro di valore, prima di chiudere su dai minimi di giornata a -64% e 1,08 euro per azione: nel dicembre 2015, quando debuttò al Dax, l’azione quotava 5,075 euro. Ma più che il titolo azionario, è il bond di Steinhoff a preoccupare. Per l’esattezza, 800 milioni di unsecured bonds con scadenza 2025 crollati di 41 centesimi sull’euro, a 42 centesimi, prima di rimbalzare modestamente. A fare sensazione è il fatto che quei bond furono emessi solo sei mesi fa, a inizio luglio e avevano un investment grade di Baa3 garantito da Moody’s. 

E sapete chi ha acquistato quei bonds, di cui si parla tanto nelle sale trading e non certo con toni ottimistici o entusiastici? Ve lo dice il grafico qui sotto: proprio la Bce. E in gran quantità, stando ai numeri non smentiti resi noti da Ubs. Numeri non confermati nel controvalore da un funzionario dell’Eurotower mercoledì a Bloomberg: «Ne deteniamo alcuni», la risposta. Sono molti, invece. Ma non spaventi la perdita potenziale, non è certo questo il problema. Primo, la Bce avrebbe comprato i bonds a luglio, proprio nel corso dell’emissione. Secondo, l’acquisto sarebbe avvenuto bypassando il mercato secondario e direttamente da Steinhoff: insomma, monetizzazione senza backdoor. Quindi, abbiamo la certezza che le tremebonde obbligazioni del conglomerato retail fanno parte dei 129 miliardi di euro di controvalore di bond corporate acquistati finora dalla Bce, ricordando che la nuova fase di operatività – quella sull’obbligazionario privato – è partita soltanto nel giugno 2016. 

Insomma, si è acquistato con il badile per cercare di sostenere e implementare l’economia reale dell’eurozona. Ed ecco la nota di discrimine. Statutariamente, la Bce non poteva acquistare bond senza investment grade, ma il problema del rating è stato bellamente bypassato, visto che una sola agenzia o un solo notch di conferma sono stati sufficienti a garantire acquisti con il badile di carta di aziende di fatto decotte. Resta però un problema, legato a doppio filo all’annuncio stesso, nel marzo 2016, del programma di acquisto corporate denominato Cspp: cosa accadrà ai bond comprati e messi a bilancio dalla Bce, se o quando questi subiranno un downgrade a livello junk, ovvero non monetizzabile e contabilizzabile a bilancio dall’Eurotower? 

Lo scopriremo a breve, visto che questo pare il destino cui sta per andare incontro Steinhoff con la sua carta a scadenza 2025. Non c’è obbligo di vendita, ma c’è dell’altro: se Steinhoff andrà in bancarotta, il suo debito diventerà equitized? Ovvero, la Bce dovrà comprare equity della nuova Steinhoff che nascerà dalla riorganizzazione, qualcosa che l’Eurotower non ha affatto mandato statutario e politico per fare? Moody’s ha fatto capire che il rating Baa3 non durerà ancora per molto, poi si scenderà al livello “spazzatura”. A quel punto, la Bundesbank non chiederà conto di nulla, a vostro modo di vedere? Soprattutto alla luce di quanto evidenziato in questo grafico: stando a dati di venerdì scorso, la Bce ha a bilancio il corrispettivo del 40% del Pil europeo. E cosa mantiene spread e rendimenti bassi nell’eurozona? Proprio la credibilità e lo scudo della Bce. E quando scoppierà la mina antiuomo Steinhoff, cosa succederà? Effetto domino? 

Sempre Ubs, attraverso questi grafici ci dice che in base al breakdown di rating degli acquisti, nel bilancio della Bce gravano 26 cosiddette fallen angels, aziende i cui bond sono ormai equivalenti a “spazzatura” – rating BB+ o meno – per un ammontare di 18 miliardi di euro di debito nozionale. Il tutto, nel silenzio generale. Ma un silenzio che non durerà ancora molto, posso garantirvelo. Perché il mandato di Draghi si accorcia e le dinamiche all’interno dell’eurozona stanno mutando rapidamente. Molto rapidamente. 

Qualcuno dica a Orfini e ai suoi sodali che questa potenziale bomba innescata potrebbe scoppiare in primavera, magari pre-annunciata da tremori in contemporanea con il voto: far volare gli stracci in sede di Commissione, gettando al vento il residuo di credibilità di istituzioni come Bankitalia o degli istituti di credito, significa spararsi su un piede per quattro voti o l’onore di Maria Elena Boschi. Si fidi, non ne vale la pena. Qui ci si fa male davvero.