Se l’aumento di capitale di Mps è fallito a dicembre, quello di Unicredit sembra stia procedendo positivamente. Secondo Il Sole 24 Ore, questo è merito del fatto che la piazza di Gae Aulenti ha deciso di far precedere la ricapitalizzazione da un’operazione relativa ai crediti in sofferenza. Di fatto chi sta comprando nuove azioni di Unicredit, scrive Marco Ferrando, sa che avrà in mano quote di una banca risanata. Cosa che non poteva dirsi nel caso di Montepaschi, poiché le operazioni sugli Npl sarebbero cominciate di fatto in contemporanea con l’aumento di capitale. Il giornalista fa quindi un esempio pratico: nessuno comprerebbe una casa con dentro degli operai impegnati a ristrutturarla, quando ce n’è una in cui i lavori sono già stati eseguiti e si può anche valutare se siano venuti bene o meno.
La lista dei debitori di Mps non si farà, almeno per il momento. Ma resta ancora aperta la possibilità che venga costituita una commissione parlamentare d’inchiesta sulle vicende che hanno portato la banca toscana sull’orlo del fallimento. Secondo quanto riporta Il Giornale, il Partito democratico si troverebbe in una posizione molto scomoda: sarebbe stato infatti “obbligato” a votare alla commissione Finanze del Senato la relazione sulle commissione d’indagine, per non perdere la faccia davanti agli elettori. Ma ora, per rallentare la costituzione di un organismo che potrebbe metterlo in imbarazzo visti i suoi legami con Mps, il Pd starebbe pensando di proporre la costituzione di una commissione bilaterale. Questo, perché, scrive il quotidiano milanese, “l’esperienza insegna che in Italia non sempre una Bicamerale arriva al traguardo”. Vedremo se effettivamente sarà fatta questa mossa.
Come noto, nel decreto salva-risparmio approvato dal Senato è saltata la norma relativa alla lista dei debitori insolventi delle banche in cui lo Stato è chiamato a intervenire, come Montepaschi. E Marcello Clarich, Presidente della Fondazione Mps, ha espresso la propria contrarietà a una richiesta simile a quella di pubblicare tale lista. “Si tratta di attività aziendali riservate, non credo che la banca giuridicamente lo possa fare. Come metodo sarebbe anche sul piano aziendale non particolarmente positivo per la clientela perché il rapporto di confidenzialità e riservatezza con la propria banca è fondamentale”. Le parole di Clarich probabilmente non passeranno inosservate a coloro che da tempo chiedono invece che siano resi noti i nomi di chi ha avuto dei prestiti da Mps e non li ha restituiti.
Dicembre 2016 approvati dal consiglio di amministrazione di Mps mostrano quanto i crediti deteriorati abbiano peggiorato la situazione della banca toscana. Nel piano industriale uno dei punti importanti sarà proprio la cessione in blocco di questo fardello che non può essere sostenuto da una banca che deve cercare di risanarsi. Ci sarà quindi tempo fino al 23 febbraio, data indicata come probabile per la presentazione del nuovo piano, per trovare una soluzione. Secondo quanto riporta Milano Finanza, a Rocca Salimbeni si sta pensando a tre possibili alternative. La prima consisterebbe in una riedizione della maxi-cartolarizzazione già prevista alla fine dello scorso anno, ma poi mai realizzata per via del fallimento dell’aumento di capitale. La seconda ipotesi prevederebbe la cessione degli stock a degli operatori specializzati. Da un alto la banca si libererebbe quindi del tutto degli Npl, ma dall’altro dovrebbe scontare nuove perdite che andrebbero a pesare sui dei conti già non buoni. La terza soluzione ricalcherebbe quella che ha deciso di utilizzare Unicredit. Di fatto ci sarebbe la cessione a dei veicoli di cartolarizzazione di cui si deterrebbe una quota di minoranza. In questo modo ci sarebbero meno svalutazioni da fare e la banca potrebbe anche avere dei ricavi nel tempo quando la situazione dei crediti dovesse migliorare. Difficile dire ora quale soluzione potrebbe essere scelta, anche perché bisognerà tenere conto del successivo vaglio delle autorità europee: bisognerà quindi scegliere la soluzione capace di incontrare meno resistenze da parte della Bce e della Commissione europea. Non resta quindi che aspettare per vedere quale verrà scelta.
La partita per l’aumento di capitale di Monte dei Maschi di Siena doveva chiudersi entro il 31 dicembre, ma il piano è fallito e ora che c’è la garanzia dell’intervento statale non c’è più fretta. Stando a quanto riportato da Il Fatto Quotidiano, il piano industriale a cui stanno lavorando l’amministratore delegato Marco Morelli e i suoi collaboratori sarà molto simile a quello presentato a novembre, mentre sulla questione delle sofferenze è calato il silenzio. Dagli 8,8 miliardi di aumento di capitale richiesti inizialmente si potrebbe salire in base agli esiti dell’ispezione sui crediti effettuata dalla Bce. Se, ad esempio, i crediti deteriorati iscritti a bilancio fossero valutati meno “generosamente”, crescerebbe il fabbisogno di capitale della banca e quindi l’intervento statale sarebbe ancor più consistente. «Complessivamente il buco nei conti della banca è di gran lunga superiore a quello che si è voluto fino ad oggi rappresentare» scrive Il Fatto Quotidiano, secondo cui «una valutazione più realistica dei crediti inesigibili in capo all’istituto senese porterebbe la cifra vicino ai 20 miliardi di euro».
Se il titolo di Monte dei Paschi di Siena riuscirà a rientrare a Piazza Affari verrà deciso nelle prossime settimane, ma al momento il futuro è ancora molto incerto: nell’ultima settimana la Borsa ha tenuto gli occhi puntati sui bilanci 2016 delle Banche italiane, dalle popolari a quelle ancora in crisi. «Il titolo Mps, salvato dallo Stato con piano da 8,8 miliardi ancora oggetto di negoziato con la Vigilanza europea, è infatti sospeso dal listino dallo scorso 22 dicembre ma ha tempo solo fino al 28 febbraio per salvare il suo posto tra le Blue Chip dell’indice Ftse Mib», riporta il focus de Il Giornale questa mattina in edicola. Occhi puntati e test ancora non sufficienti per il rientro di una banca che ancora deve vedere riuscito e definito il totale salvataggio da parte dello Stato italiano.
Nel convegno a Firenze ‘Può nascere un fiore. Di nuovo, la sinistra”, Francesco Boccia è intervenuto sul caso Mps e sui problemi legati al salvataggio di Monte dei Paschi di Siena, strigliando il Pd e una finanza ancora troppo poco “etica”: «Oggi a Firenze si parla degli ultimi, di quelli che non contano nulla, che vogliono risposte dal Pd. Oggi si parla di finanza etica, non di mps, di Etruria o degli interessi dei banchieri. Dobbiamo ripartire proprio da qui, dagli ultimi e dobbiamo ripartire dalla sinistra», ha cominciato il suo intervento uno dei membri della minoranza dem nel Pd. «Su Mps, molti di noi avevano consigliato l’intervento congiunto pubblico/privato nel fondo Atlante o in un altro fondo ad hoc, e invece ci siamo ritrovati con i manager imposti da JP Morgan e a dover salvare Mps fuori tempo massimo, aumentando il debito di 20 mld. Sul sistema bancario avrei voluto un partito meno Forrest Gump e più propenso all’ascolto, senza la solita corsa forsennata a prescindere». Boccia ci ritorna ancora sul legame Jp Morgan e stato italiano, per quanto si è visto nel caso Monte dei Paschi, strigliando una volta di più i vertici del suo partito: «Non ho visto la sinistra quando Jp Morgan ha nominato l’amministratore di Monte Paschi».
Lunedì scorso si è tenuta a Siena l’unione comunale del Pd cittadino che sulla questione Mps e sulle varie vicende legate al salvataggio di Monte dei Maschi ha lasciato per un attimo sullo sfondo, per concentrarsi sulla questione Fondazione Mps. «La Città e il Territorio invitano a un maggior dialogo con la Fondazione MPS, un riferimento collettivo che si chiede vicino, ma che in questi anni si è sentito distante, almeno nel vertice, anche se con alcune differenziazioni. Così, la designazione rimane un passaggio fondamentale per individuare competenze e sensibilità capaci di riconoscere la Fondazione come patrimonio storico collettivo del territorio e di questa comunità e il Comune di Siena come un interlocutore naturale», riporta una parte del documento emesso il giorno dopo. L’intenzione del Pd senese è quella di tutelare il marchio Mps sul territorio, tramite Fondazione e Banca stessa che versa ovviamente ancora in forte stato di crisi. «La Fondazione MPS è nata come fondazione bancaria e nel vigente quadro normativo e fiscale rimarrà per il momento fondazione ex bancaria, indipendentemente dalla consistenza della partecipazione residua nella Banca MPS. Accanto alla simbolicità del valore della partecipazione in Banca MPS, rimane invece significativo mantenere il nome “FONDAZIONE MPS”, perché l’obbiettivo politico della salvaguardia dei livelli occupazionali e della sede della direzione generale della Banca a SIENA può essere sostenuto dall’azione sinergica delle istituzioni della Città e del Territorio con la Fondazione MPS», chiude il documento su Fondazione Mps.
Cresce l’attesa per vedere messo a punto il piano industriale di Mps, anche per vedere concretizzarsi l’intervento pubblico nella banca toscana, in una ricapitalizzazione che la Banca centrale europea ha chiesto essere di 8,8 miliardi di euro. Milano Finanza ha riportato i contenuti principali di un report di Banca Imi dedicato a Montepaschi dopo la presentazione dei dati di bilancio al 31 dicembre 2016. Dati che la banca del gruppo Intesa giudica rivelatori di una situazione di crisi di liquidità aggravata da una qualità degli asset decrescente. Basti pensare che gli ultimi tre mesi dell’anno hanno fatto registrare una perdita netta di 2,53 miliardi di euro, che hanno portato il conto complessivo dell’anno a quota 3,4 miliardi. Di questi, 2,59 riguardano accantonamenti per perdite sui crediti dovute all’aggiornamento dei sistemi di valutazione dei prestiti. Il costo del rischio per Mps ha raggiunto i 419 punti base, con le esposizioni deteriorate lordi stabili al 34,5% e quelle nette in discesa al 19%. Nell’ultimo trimestre del 2016, inoltre, c’è stato un calo dei depositi pari a 10,6 miliardi, che ha portato il conto negativo dell’intero anno a 28 miliardi. Il Cet1 phased-in è sceso all’8%, quando a fine 2015 era al 12%: un dato comunque inferiore a requisito Srep del 10,75%. Per gli analisti di Banca Imi si tratta di un dato in diretta conseguenza del mancato aumento di capitale da 5 miliardi che non è riuscito a dicembre. Secondo il report, quindi, gli 8,8 miliardi chiesti dalla Bce verrà usato “per ulteriori accantonamenti, più che per foraggiare i coefficienti patrimoniali”. Gli analisti di Banca Imi hanno anche messo in revisione il rating e il target price del titolo di Mps, che resta tuttavia ancora sospeso in Borsa.
Il decreto salva-risparmio, importante anche per quello che sarà l’intervento pubblico in Mps, è stato come noto approvato dal Senato. Tuttavia, senza la norma riguardante l’elenco dei debitori insolventi delle banche in cui lo Stato interviene con una ricapitalizzazione precauzionale. La cosa non ha fatto contento il Movimento 5 Stelle, ma c’è anche qualcos’altro che i pentastellati avrebbero voluto nel testo della legge approvata da palazzo Madama. Infatti, è stato bocciato un emendamento che intendeva chiede trasparenza sui “fidi facili” concessi dalla banca toscana. Laura Bottici e Alberto Airola, con tale emendamento, di fatto chiedevano che le banche in cui lo Stato è chiamato a intervenire fossero tenute a indicare “i dati degli affidamenti classificati come sofferenze fino al raggiungimento del 70 per cento dell’importo complessivo delle sofferenze dell’emittente”, con molti dati di corredo, tra cui i nomi degli intestatari dei conti, le garanzie presentate a fronte del prestito, i nomi di chi aveva autorizzato l’erogazione del credito. “Nella peggiore delle tradizioni italiane, gli scandali vengono vergognosamente insabbiati dagli stessi partiti che, davanti ai cittadini, procedono con furbesche e ingannatorie dichiarazioni in merito alla volontà di giustizia e trasparenza”, evidenzia il Movimento 5 Stelle in una nota, nella quale attacca in particolare il Partito democratico che dimostra di non voler fare chiarezza, forse per non far sapere che sono coinvolti alcune persone vicine. Dai pentastellati arriva anche una critica alla scelta di voler cedere in blocco i crediti deteriorati di Mps, in quanto potrebbe servire “a nascondere tutto e impedire i necessari accertamenti su eventuali irregolarità, se non veri e propri reati, in merito ad una discutibile erogazione del credito da parte della banca Mps”.
In attesa di aggiornamenti dal Consiglio di amministrazione di Mps, la Banca d’Italia ha pubblicato alcuni dati interessanti sulla situazione delle sofferenze bancarie, che a dicembre sono diminuite dello 0,7% in un anno. Corretto per le cartolarizzazioni e le cessioni, il tasso di crescita sui dodici mesi delle sofferenze bancarie è stato pari all’11,7%, contro l’11,8% di novembre. I depositi del settore privato hanno registrato invece una crescita su base annua del 4,9% rispetto al 4,4% di novembre. I prestiti al settore privato, corretti per tener conto delle cartolarizzazioni e degli altri crediti ceduti e cancellati dai bilanci bancari, hanno registrato una crescita su base annua dell’1,1% (0,5% a novembre). I prestiti alle famiglie sono cresciuti a dicembre dell’1,9% sui dodici mesi (1,8% a novembre), mentre quelli alle società non finanziarie sono aumentati su base annua dello 0,2%.