Lo spread si è leggermente raffreddato, scendendo sotto i 190 punti e la Borsa ha tirato un poco il fiato con una piccola ripresa inferiore a un punto. Niente di straordinario in questi “festeggiamenti”, piuttosto freddi, dei 25 anni di “tangentopoli”. Piercamillo Davigo, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, si è ritrovato in una sala deserta insieme all’altro “eroe” di quel tempo, Antonio Di Pietro, un po’ appannato dopo le sue esperienze politiche. Gli altri protagonisti hanno preferito, per motivi diversi, disertare.
La “battaglia contro la corruzione” è sempre all’ordine del giorno nell’Italia che non si sa più se sia nella “prima” o nella “seconda” repubblica. Però, in qualcuno è cominciato a sorgere il dubbio che gli strumenti usati siano stati piuttosto inefficaci in questi venticinque anni, dato che la percezione della corruzione si è moltiplicata. Intanto tutti i dati economici delineano una situazione quasi al collasso. Facciamo solo un esempio, che mette i brividi alla schiena. All’inizio dell’entrata in vigore dell’euro (basta andare a guardare) la disoccupazione in Italia era inferiore a quella che c’era in Germania. Deve essere stata una congiuntura astrale.
Mettendo in fila alcuni settori, si ha la sensazione che tutti stanno litigando sul Titanic, non come quei signori che ballavano prima di morire. Massimo D’Alema, vecchio comunista in via di continua redenzione, spiega che non si può andare a elezioni anticipate perché siamo praticamente “seduti su una polveriera” . Solo questa dichiarazione, comparsa su Repubblica, spiega il clima che esiste nel Partito democratico alla vigilia di una direzione che deve stabilire date di congresso o elezioni. Poi imperversa il “caso Raggi”, il sindaco di Roma che doveva rappresentare l’alternativa virtuosa allo scempio politico italiano, come faceva intendere un libro diventato famoso, “La casta”, commissionato da Luca Cordero di Montezemolo e Paolo Mieli dieci anni fa. Successo editoriale garantito, screditamento di tutto il Parlamento altrettanto garantito. Ma in tutto questo pandemonio, politico ed economico, si affaccia ormai un contenzioso con l’Europa durissimo sui conti della manovra.
È stato il ministro all’Economia, Pier Carlo Padoan, a mettere in allarme gli italiani, con una dichiarazione sui rapporti tra Roma e Bruxelles e la possibilità che, per il debito italiano, si profili all’orizzonte una procedura di infrazione. Padoan si è riferito allo spread, si è dichiarato preoccupato e ha detto che la correzione alla manovra, recuperando soldi va trovata a tutti i costi. E a questo punto anche Padoan si è messo in linea con la “commemorazione” dei 25 anni di “tangentopoli”. Proprio venticinque anni fa, mentre i magistrati imperversavano con avvisi di garanzia, tra carcerazione preventiva, suicidi, collasso di un’intera classe dirigente e un numero di oltre quattromila persone accusate e poi assolte, si avviava in contemporanea in Italia la stagione delle privatizzazioni. Quella stagione fu definita la “grande svendita”, oppure la stagione delle “privatizzazioni senza liberalizzazioni” e la perdita per l’Italia di interi settori industriali strategici.
Anche in quel momento il problema era il debito e le privatizzazioni furono fatte in tutta fretta con un guadagno di 220mila miliardi di lire che non risolsero il problema del debito, impoverirono di fatto l’Italia come Paese industriale e fecero guadagnare miliardi di commissioni alle banche d’affari anglosassoni, con cui, in epoca diversa, hanno collaborato tutti i politici emergenti di questi anni. Bisognò aspettare il 2007 per ascoltare un giudizio severo su questa “grande svendita” dalla Corte dei Conti.
Ora, di fronte alla nuova situazione, Padoan sembra aver dato il via a un altro round di privatizzazioni. Poiché ormai resta molto poco, si riaprono due dossier: quello delle Poste e quello delle Ferrovie dello Stato. Non rimane molto altro, se non si pensa a Eni e Finmeccanica. Ma intanto anche Padoan, se riapre il dossier in queste condizioni, cioè per bisogno di sistemare un debito, quale guadagno riesce a realizzare? In realtà, si ritorna inevitabilmente alla svendita, perché sei strangolato dai debiti e devi “fare cassa”. Nel caso delle Ferrovie dello Stato poi, che cosa prevede il dossier da aprire? La vendita di che cosa esattamente? Dei treni, delle stazioni, della rete, dei binari? Il problema non è troppo semplice da risolvere e la sensazione è che si dica che si pensa a un altro round di privatizzazioni giusto per tranquillizzare Bruxelles.
Come sia possibile in tutto questo, affrontare una seria politica industriale resta un mistero tutto italiano. Nel frattempo, non si capisce perché non si parli della possibilità del Tesoro italiano di fare scommesse di Borsa, in derivati, con i soldi dei cittadini italiani. Non ci vuole molto a pensare che l’Italia stia diventando una polveriera.