Il Movimento 5 Stelle sarà questo pomeriggio a Siena, proprio mentre alla Camera verrà votato il decreto salva-risparmio su cui è stata posta la fiducia. Il provvedimento consentirà allo Stato di intervenire in maniera massiccia sulla banca toscana per evitarne il fallimento. Carlo Sibilia, portavoce del Movimento 5 Stelle alla Camera, ha fatto sapere che non è un caso che il Governo abbia chiesto la fiducia, dato che si tratta di una legge “che serve a regalare altri 8 miliardi alla banca Monte dei Paschi di Siena. Banca che ha resistito per oltre 500 anni di storia, ma non ha resistito alla gestione Pd. Nessuna scissione, nessuno scisma, quando si tratta di regalare soldi alle banche i piddini si ricompattano una meraviglia. Sarebbe bello oggi incontrare l’Amministratore Delegato Morelli per sapere come userà i nostri soldi per tentare di risanare Mps e quali interessi prevarranno nella ricerca dei responsabili del disastro”.
Dopo essere stato approvato al Senato, il decreto salva-risparmio oggi pomeriggio verrà votato dall’assemblea della Camera. Il Governo ha posto la questione di fiducia sul provvedimento ed è quindi praticamente scontato che verrà approvato. In mattinata è prevista la presentazione degli ordini del giorno e alle 14:15 ci saranno le dichiarazioni di voto. Sarà interessante certamente sentire quelle delle forze di opposizione, dato che il testo che verrà sottoposto al voto dei deputati non contiene la norma che prevedeva la predisposizione delle liste dei debitori insolventi delle banche sottoposte a ricapitalizzazione precauzionale con i soldi pubblici. A partire dalle 16:20, invece, comincerà la votazione con appello nominale. Vedremo con quanti voti il decreto verrà approvato e quindi convertito definitivamente in legge.
Entro la fine del mese Mps dovrebbe ultimare il piano industriale da presentare alle autorità europee per una loro approvazione. Difficile poi dire quanto tempo ci vorrà prima di vedere effettivamente salire il Tesoro a un quota della banca toscana che dovrebbe superare i due terzi del capitale. Quello che sembra emergere nelle ultime ore è che lo Stato non avrà solamente la maggioranza di Montepaschi, ma anche della banca che nascerà dalla fusione tra Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Secondo quanto riporta Il Messaggero, infatti, nel progetto di aggregazione tra le due banche sarebbe contenuta la necessità di una ricapitalizzazione che potrebbe arrivare anche a 5 miliardi di euro, una cifra molto difficile da racimolare che il Fondo Atlante, principale azionista di entrambe le banche, non avrebbe a disposizione. La nuova banca veneta potrebbe quindi percorrere la stessa strada di Mps, chiedendo al Tesoro di farsi carico della gran parte della necessità di capitale. Del resto il Governo, nel decreto salva-risparmio, ha deciso di stanziare 20 miliardi di euro, che dovrebbero essere sufficienti per far fronte sia alle necessità di Mps che delle due banche venete. Certo è che vedere lo Stato costretto a intervenire nuovamente a sostegno di una banca non è un segnale incoraggiante sullo stato di salutare del sistema bancario, ma non si può dimenticare che Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca hanno attraversato una difficoltà molto grave. Si spera quindi che si tratta di casi isolati e, soprattutto, risolvibili senza che vi siano strascichi particolari.
Ha davanti a sé ancora due anni di calvario. Lo scrive Repubblica, ricordando in particolare che ci vorranno anche tre mesi prima che la trattativa tra la banca toscana, il ministero dell’Economia e la Banca centrale europea sul piano industriale arrivi all’approvazione definitiva del piano stesso. Infatti bisognerà stabilire nel dettaglio a quanto ammonterà l’intervento dello Stato e a quali condizioni. Indicazioni che saranno utile anche a capire fino a quale soglia del capitale si spingerà la quota che sarà poi in mano al Tesoro. Il quotidiano romano ricorda poi che Montepaschi dovrà precedere alla cessione dei crediti in sofferenza e che per ultimare tale processo di vendita serviranno ancora almeno due anni. Solo a quel punto si potrà prendere atto di un risanamento e poi mettere sul mercato la quota in mano allo Stato. I tempi, insomma, sono tutt’altro che brevi.
Se ancora una commissione parlamentare d’inchiesta su Mps non c’è, il Consiglio regionale della Toscana l’ha invece costituita e ne è Presidente Giacomo Giannarelli del Movimento 5 Stelle. A cui non sono piaciute le parole pronunciate ieri da Matteo Renzi alla direzione del Pd, quanto ha definito “banchetta” Montepaschi. “È una banchetta quella che dilapida 50 miliardi di valore, un tempo pubblico, lasciando sul lastrico centinaia di migliaia di risparmiatori e mandando a casa migliaia di lavoratori, anche col trucchetto dell’esternalizzazione? Davanti ad affermazioni del genere Siena e la Toscana dovrebbero insorgere: c’è ancora qualcuno nella città di Piazza del Campo che ha il coraggio di definirsi renziano, dopo ieri?”, ha detto Giannarelli, che ha poi ricordato che “serviva una nazionalizzazione seria, per aprire i cassetti e invertire la rotta, ma gli stessi circuiti che hanno affossato la più antica banca del mondo continuano a fare di tutto per evitare quest’operazione trasparenza”.
Il Governo ha deciso di porre la fiducia alla Camera sul decreto salva-risparmio, che tra l’altro contiene le norme che dovrebbero rendere concreto l’intervento pubblico su Mps. Lo ha comunicato il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Anna Finocchiaro. Il testo, quindi, non subirà modifiche rispetto a quello approvato al Senato. Questo vuol dire che tramonta per sempre la possibilità di re-inserire la norma per prevedere la predisposizione di una lista dei principali debitori insolventi delle banche sottoposte a ricapitalizzazione preventiva con soldi pubblici. Una norma che oltre al caso di Montepaschi si sarebbe dovuta applicare con tutta probabilità anche a Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Di certo questa decisione del Governo non andrà giù a tutte le forze politiche parlamentari.
Il discorso di Matteo Renzi nel corso della direzione del Pd non è piaciuto a Vincenzo Caso e Michele Montevecchi, capigruppi del Movimento 5 Stelle alla Camera e al Senato, i quali bollano come “offensivo e arrogante” il fatto che si definiscano “banchette toscane” quegli istituti di credito che hanno causo non pochi problemi a diversi cittadini. “All’ex presidente del Consiglio ricordiamo che il suo partito ha spolpato Mps, che ha svolto per anni il ruolo di cassaforte del Pd, invece di essere al servizio dei cittadini”, hanno scritto i due parlamentari pentasellati in una nota, in cui aggiungono anche che “non solo gli italiani hanno dovuto pagare per salvare Mps. Renzi mantenga la sua promessa e faccia un favore al Paese: lasci la politica. Aveva detto che, se avesse perso il referendum, si sarebbe ritirato a vita privata e, dopo aver personalizzato per mesi il referendum, ora dice che bisogna spersonalizzare il post referendum.
Marcello Clarich è tornato a spiegare il perché della sua contrarietà alla pubblicazione di una lista di debitori insolventi di Mps. “Ritengo prelevante, nell’interesse della banca e della crescita futura, mantenere i normali comportamenti che terrebbe e che tiene qualsiasi banca, che tra l’altro è obbligata al segreto e alla riservatezza nei rapporti coi clienti”, ha detto il Presidente della Fondazione Mps intervistato da Radio 24. Clarich ha anche ricordato che c’è la magistratura che può indagare “e in ogni caso vedrei un fuoco da porre più su chi ha erogato dei crediti piuttosto che su chi li ha presi”. Dunque a suo modo di vedere c’è anche una colpa da parte di chi può avere usato “una politica di facile credito” non giustificata.
Per vedere ultimato il nuovo piano industriale di Mps potranno volerci ancora tre settimane. Lo segnala CorrierEconomia, scrivendo che il consiglio di amministrazione della banca toscana dovrebbe riunirsi a inizio marzo per approvarlo. Il supplemento economico del quotidiano di via Solferino segnala che potrà così prendere il via una nuova operazione di ricapitalizzazione di Montepaschi, la seconda in poco più di tre anni, che vedrà lo Stato intervenire per mettere sul piatto circa 6,6 miliardi di euro sugli 8,8 richiesti dalla Banca centrale europea. Dopodiché potrà quindi prendere il via il risanamento di Rocca Salimbeni, che dovrà passare per forza di cose dalla cessione dei crediti deteriorati. Secondo fonti citate da CorrierEconomia, ci sarebbero già “parecchi soggetti che stanno guardando il portafoglio” degli Npl di Montepaschi, che potrebbe quindi dar vita a una sorta di asta per massimizzare gli introiti di una cessione in blocco. Vengono indicati anche dei nomi, tra cui quelli di Credito Fondiario, Apollo e Fortress. Certamente sarà importante il timing dell’operazione di risanamento, anche perché dal suo buon esito dipenderà la successiva uscita dello Stato dal capitale della banca. CorrierEconomia cita anche i calcoli di Equita Sim secondo cui il Tesoro dovrebbe arrivare a detenere circa il 66% di Montepaschi, mentre una quota del 25% dovrebbe andare ai detentori dei bond subordinati dopo la conversione di questi titoli in azioni. Tuttavia, “in base al prezzo di emissione delle nuove azioni, e di sottoscrizione a sconto (del 15% per gli obbligazionisti, del 25% per il Tesoro, per rendere più effettivo il burden sharing come richiesto dalla Ue) la fotografia finale del nuovo azionariato senese potrebbe essere molto diversa. Con il Tesoro ancora più forte”.
Il decreto salva-risparmio predispone lo stanziamento di 20 miliardi di euro per mettere in sicurezza le banche italiane. Secondo Alberto Nagel, tale cifra sarà sufficiente per stabilizzare Mps e le banche venete, ove ne facessero richiesta”, oltre che eventuali altre piccole situazioni critiche che si dovessero verificare. L’amministratore delegato di Mediobanca ha anche spiegato che, grazie anche all’aumento di capitale da 13 miliardi di Unicredit, i problemi di capitale per il sistema bancario italiano saranno risolti, anche se resterà aperto il problema della redditività. Nagel ha anche detto che non esclude che in futuro possano esserci delle collaborazioni con Montepaschi, data anche la partnership esistente nel credito al consumo.
Quando la Banca centrale europea, dopo il fallimento dell’aumento di capitale privato di Mps, aveva chiesto alla banca toscana una ricapitalizzazione non più da 5 miliardi di euro, ma da 8,8 miliardi, il ministro Padoan aveva criticato la scelta dell’Eurotower di non aver fornito le motivazioni per un tale “ripensamento” nell’arco di circa un mese. Ora Lorenzo Bini Smighi, Presidente di Societe Generale ed ex membro della Bce, ha commentato così quelle dichiarazioni: “Se un ministro critica l’autorità europea di vigilanza è assai pericoloso, perché così la delegittima. Se la Bce avesse detto il motivo per cui chiedeva più soldi a Mps, avrebbe rischiato di far crollare la banca”. Vedremo ora se il ministro dell’Economia tornerà sull’argomento.