Renzi ce l’ha con le accise, da sempre. Come non capirlo, come non condividere. Sono una delle molte etichette sotto le quali si celano le perverse imposte indirette, quelle che tutti i contribuenti pagano, e tutti nella stessa proporzione, e peggio per i poveracci che ne risentono più dei ricconi. Una per tutte: l’accisa sui carburanti. E non basta: nate tutte per uno scopo ben preciso, come se fossero quindi “a termine” (raggiunto lo scopo, abolita l’accisa), sono invece entrate stabilmente a far parte della “dieta ordinaria” del fisco, cioè non sono mai state abolite (le più antiche risalgono ai primi del Novecento), perché abolirle significherebbe poi dover andare da qualche altra parte nelle pieghe del bilancio pubblico a frugare per trovare corrispondenti risorse…



Ebbene, il governo Gentiloni – post-renziano sempre più “post” – sta preparando come meglio può la manovra primaverile da 3,4 miliardi pretesa dalla Commissione europea per non aprire la procedura d’infrazione contro l’Italia sul mancato rispetto del piano di rientro dal rapporto deficit/Pil. E in questa manovrina, manco a dirlo, ci sono anche le accise. Apriti cielo dei renziani, come al solito acriticamente appecoronati dietro il leader. Acriticamente perché quest’odio viscerale verso le accise – per carità, motivatissimo sul piano tecnico, come abbiamo appena visto – non è però minimamente sentito dalla massa dei cittadini elettori. Che si chiamino Iva o accise, che si chiamino Imu o Irpef, le tasse sono tasse, sono troppe e fanno male. Non è abolire le accise che porta voti, se poi si alza, ad esempio, l’addizionale regionale Irpef…



Ma ecco l’imprevisto colpo d’ala. Un po’ surreale, come vedremo, ma a maggior ragione imprevisto. Qualche giorno fa una mozione parlamentare è stata promossa da un gruppo di 37 deputati renziani contro l’aumento delle accise sulla benzina e sulle sigarette al quale Padoan sta pensare per trovare 1,5 dei 3,4 miliardi richiestici da Bruxelles. Sulla mozione si è stagliata un’abiura del capogruppo dem alla Camera, Ettore Rosato, secondo cui si è trattato di una “iniziativa dei soli firmatari”, quindi non tutto il gruppo (e il partito) segue compatto i pretoriani dell’ex Premier. Si vedrà.



Il surreale consiste nel merito del ragionamento dei resistenti, e anche nell’adesione al loro novero da parte di Yoram Gutgeld, il superconsulente economico che Renzi aveva ingaggiato indicandolo come una sorta di nuovo superman – faceva pendant con Andrea Guerra, quest’ultimo mago dell’industria e Gutgeld dei conti pubblici! – e poi parcheggiato nello scomodo ruolo di commissario alla spending review. Questo Gutgeld, in realtà, è un economista coi fiocchi, e certamente il suo curriculum lo dimostra, anzi è uno dei pochi dell’alta nomenclatura renziana a vantare un curriculum, e una serie storica di stipendi, di assoluto rispetto. Faceva il superconsulente nel colosso McKinsey, e forze anche grazie a una militanza (in senso letterale) nell’esercito israeliano fino al conseguimento del grado di maggiore, la sua azienda lo aveva mandato una decina d’anni fa a Tel Aviv per aprire l’ufficio laggiù, e poi gestirvi, come una tra le prime e più importanti commesse, una consulenza top-secret per l’amministrazione dell’esercito israeliano: scusate se è poco. Un fesso, non può essere.

E infatti Gutgeld, poco dopo l’arrivo alla “spending”, ha cominciato a buttare acqua sul fuoco degli entusiasmi circa le magnifiche prospettive dei “tagli alla spesa pubblica improduttiva”, spiegando urbi et orbi che sono facili a dirsi, ma non a farsi, ci vuol tempo, la macchina burocratica frena, ci sono i ricorsi, i Tar, i Consigli di stato e quant’altro. Basti pensare alla tragicommedia delle Province, abolite mille volte e più che mai vive nello sperpero e morte nell’operatività…

Onore al merito: da buon non-politico, Gutgeld si è messo a lavorare senza far propaganda. Tanto più suona strano ritrovarlo fra i firmatari della mozione presentata da Edoardo Fanucci e altri 36 per invitare Gentiloni a non incidere sulle accise, perché “il provvedimento rischia di riportare ad una crescita della pressione fiscale muovendosi in controtendenza rispetto alle politiche attuate prima dal Governo Renzi e ora dal Governo Gentiloni”. Certo che il decreto aumenterà le tasse: e altrimenti, come accontentare Bruxelles? Ma è chiaro, ci pensa Fanucci: “Puntando sulla lotta all’evasione e agli sprechi”.

Eccoci qua, ci risiamo: di evasione hanno parlato a lungo Rossella Orlandi e lo stesso Padoan, un po’ di lavoro s’è fatto, ma il tessuto connettivo socio-economico italiano è sempre la stessa cosa, non cambia, il grosso non si recupera. E gli sprechi…ma sì, sono la spending review. Cosa ne pensa Yoram Gutgeld, cofirmatario della mozione? Nei conti pubblici del 2017 la si potrebbe trovare subito una miliardata aggiuntiva (sia chiaro) per sfamare Bruxelles, tagliando la spesa pubblica improduttiva? E se sì, perché questo taglio non è già nel bilancio preventivo dello Stato?