Nel 2016 il Pil dell’Italia è cresciuto dello 0,9%. La stima diffusa ieri dall’Istat, in linea con quanto previsto lunedì dalla Commissione europea, è superiore a quella contenuta nel Documento programmatico di bilancio consegnato a Bruxelles dal Governo Renzi prima della Legge di stabilità. E potrebbe anche essere utile a migliorare i conti pubblici nel momento in cui l’Ue è tornata a chiedere una manovra correttiva a Roma. Ne abbiamo parlato con Leonardo Becchetti, Professore di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata.
Professore, innanzitutto cosa ne pensa di questa stima, superiore alle attese, ma pur sempre da “zero virgola”?
Una cosa molto importante da tenere sempre presente è che il dato dell’Italia è una sorta di media tra mondi eterogenei: pensiamo solo al fatto che il reddito pro capite in Lombardia è il doppio di quello del Mezzogiorno. Il Sud sta cominciando a muoversi e in generale mi sembra che la situazione sia in leggero miglioramento. È chiaro però che ci vorrà del tempo per recuperare il terreno perduto dal 2007 in poi. Inoltre, come ha mostrato un recente dossier della Fondazione Hume, a livello sociale su quattro strati ce ne sono almeno due in difficoltà.
Quali sono?
Se da una parte abbiamo chi è più al sicuro, come i pensionati, i dipendenti pubblici e quelli delle grandi aziende private, dall’altra ci sono due segmenti della società che soffrono molto: gli autonomi e i dipendenti delle piccole imprese private; i disoccupati inattivi. In tutto si tratta di circa 20 milioni di persone. L’urgenza della politica deve essere dare una risposta a questi due mondi.
In che modo si può rispondere alle loro difficoltà?
Innanzitutto con il Reddito di inclusione sociale (Reis), poi con politiche europee che superino l’austerità. A livello interno bisogna insistere su due-tre punti che sono la riforma della burocrazia, la riduzione dei tempi della giustizia, il contrasto alla criminalità specie al Sud, dove ostacola lo sviluppo dell’economia. Infine, ritengo molto importante il tema delle detrazioni, per esempio per premiare l’assunzione dei giovani nei settori ad alta tecnologia. Purtroppo non esiste una bacchetta magica. La tentazione è quella delle scorciatoie, come quella di addossare tutte le colpe dei nostri mali sull’euro. In realtà le scorciatoie non esistono, esiste un lavoro su moltissimi fronti, che piano piano migliora il Paese.
Il dato sul Pil potrebbe essere molto importante in un momento in cui l’Europa ci sta chiedendo di fare una manovra aggiuntiva…
Sicuramente, se verrà confermato nella lettura definitiva, potrebbe portare a una limatura nel rapporto deficit/Pil che può aiutare. Anche perché è un po’ paradossale il fatto che all’Italia, che ha un deficit al 2,4% del Pil, venga richiesta una manovra aggiuntiva, mentre sono anni che la Francia si tiene sopra il 3%, ma nessuno le dice niente. Certo, l’Italia ha una combinazione alto debito/bassa crescita che non aiuta e va migliorata.
Se la manovra aggiuntiva fosse comunque da fare quale strada sarebbe meglio seguire?
In questo Paese c’è una sorta di dogma per cui bisogna dire che si stanno riducendo le tasse. Tuttavia se si vanno a vedere alcuni parametri si scopre che ciò non è stato fatto. Per esempio, per quel che riguarda le prestazioni occasionali, quasi ogni anno il prelievo fiscale è aumentato di un punto percentuale. Quindi l’orientamento deve essere quello di ridurre le tasse, ma non mi straccerei le vesti se per fare questa piccola manovra si andassero ad aumentare le tasse su cose che sono considerate negative, come l’alcool, il fumo o il gioco d’azzardo. Non sarebbe una cosa drammatica per il Paese.
La Commissione europea ha segnalato l’incertezza politica come fattore di rischio per la ripresa dell’Italia. Lei cosa ne pensa?
Andare a votare per sapere già adesso che staremo peggio e avremo più instabilità mi sembra puro masochismo. Mi pare che su questa soglia del masochismo si siano fermati un po’ tutti. Tra l’altro il partito che è al Governo ha una maggioranza e non si capisce perché dovrebbe spingere per il voto. Quindi sono per un sostegno forte, adesso ancor più di prima, a questo Governo affinché possa arrivare a fine legislatura.
Perché adesso ancor più di prima?
Perché il difetto della leadership passata era il fatto che, nello sforzo di voler raccontare l’Italia che ce la fa, trascurava che si tratta di un racconto poco realistico e privo di empatia verso quelli che non ce la fanno. E questo è stato poi pagato in termini di consenso presso l’opinione pubblica. Chi è adesso al Governo mi sembra che non abbia questo difetto. Ha una capacità maggiore di rappresentare le diverse parti del Paese e credo che questo vada premiato.
Secondo lei, la crescita dell’Italia potrà migliorare in questo 2017?
Mi sembra che l’Italia si sia attestata su uno zoccolo dell’1%, con una tendenza lieve al miglioramento, anche perché si sta lavorando a nuove riforme. Quello che stiamo vedendo è un effetto coerente del fatto che tutto quello che possiamo fare sul piano interno stiamo cercando di farlo, fermo restando che c’è un contesto internazionale difficile, che tutti i paesi dovranno affrontare.
(Lorenzo Torrisi)