In commissione Finanze del Senato avanza il testo unificato per il disegno di legge riguardante l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario, che dovrebbe anche occuparsi di Mps. Mauro Maria Marino ha presentato un testo che è la sintesi di 13 proposte che erano state depositate in commissione già dallo scorso anno. Si prevede la creazione di una bicamerale con 20 deputati e altrettanti senatori, che dovrebbero concludere i lavori entro un anno. Già entro 6 mesi, sarebbe richiesta una relazione al Parlamento sull’andamento dei lavori. Non resta che vedere se il testo verrà approvato, anche se non manca chi nasconde un certo scetticismo sulla reale utilità di una commissione quando potrebbero anche esserci delle elezioni prima della fine della legislatura.
Il decreto salva-banche, che contiene le misure necessarie all’intervento dello Stato su Mps, è stato approvato sia dal Senato che dalla Camera. Il Movimento 5 Stelle è pero convinto che il provvedimento violi almeno tre articoli della Costituzione. L’articolo 3, dato che si crea un diverso tipo di trattamento tra i detentori di bond subordinati di Montepaschi e i risparmiatori azzerati delle 4 banche fallite a fine 2015. L’articolo 24, visto che “non si concede a tutti in modo uguale di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”. Infine, viene violato l’articolo 47 della Costituzione, in quanto non vi è alcun vincolo sull’utilizzo dei fondi pubblici, per esempio legandoli a un utilizzo prudente o stabilendo dei compensi per i manager legati ai risultati ottenuti dalla banca.
La commissione d’inchiesta su Mps e le altre banche finite in crisi proposta dal Partito democratico non convince il Movimento 5 Stelle. E il deputato Daniele Pesco, presente ieri a una manifestazione a Siena davanti alla sede della banca, ha spiegato il perché: “Il nostro movimento da quando è entrato in Parlamento ha chiesto una commissione di inchiesta su Mps , sui crimini bancari, sulle banche venete, sulle quattro banche, le abbiamo proposte tutte. Solo ora il Partito democratico a fine legislatura sta cercando di portando avanti il progetto di una commissione di un’inchiesta sul mondo bancario, ma non ci convince. Sappiamo bene che sta facendo finta”. Questo perché, ha spiegato Pesco, non ci sono i tempi tecnici per un lavoro approfondito. In ogni caso il Movimento non rinuncia a far sì che venga fatta chiarezza, con l’accertamento delle responsabilità “di chi ha autorizzato i grandi finanziamenti più che sapere i nomi dei grandi bidonisti”.
Il decreto salva-risparmio ha avuto il via libera della Camera ed è stato quindi convertito in legge. Il provvedimento era molto atteso, in particolare per tutte le vicende che ruotano intorno a Monte dei Paschi, ma con tutta probabilità le disposizioni non verranno usate solamente per la banca toscana. In ogni caso, non sono state poche le polemiche che hanno accompagnato l’iter parlamentare di questo decreto. Il sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, ha voluto a questo proposito respingere le accuse secondo cui il Governo sarebbe stato troppo morbido rispetto agli stipendi e ai bonus da riservare ai manager degli istituti di credito che dovessero finire sotto ricapitalizzazione precauzionale: “Nell’articolo 17, presentato dal Relatore e dal Governo, a mia firma, abbiamo esplicitamente richiamato le normative europee, in particolare l’articolo 38 della Comunicazione della Commissione europea del 1 agosto 2013, che stabilisce, nel caso di banche che hanno beneficiato di un intervento pubblico, che i manager possano avere una retribuzione al massimo di quindici volte il salario medio nazionale dello Stato membro (o di dieci volte il salario medio della banca).
Il salario medio italiano corrisponde a circa 28.000 euro, moltiplichiamo per 15 dà circa 450.000 euro. Ovviamente è uno stipendio alto, è una retribuzione al di sopra della media, ma innanzitutto è un tetto e in secondo luogo è di molto inferiore a quello che il mercato del sistema bancario offre oggi”. Baretta è poi tornato sulla mancanza di una norma riguardante la lista dei debitori insolventi, spiegando che saranno dati “alle Commissioni parlamentari, ogni quattro mesi, quindi con scadenza regolare, i profili di rischio dei soggetti che hanno insolvenza. Ciò vuol dire conoscere non soltanto la situazione reale dei debitori, ma anche se il comportamento delle banche è stato virtuoso o vizioso rispetto alla concessione di quei crediti”.
In un intervento su Die Welt, Isabel Schnabel, membro del Consiglio di consulenza tecnico del Governo tedesco, parla anche di Mps, dicendo che la vicenda della banca italiana “rappresenta un pericoloso precedente per il nuovo regime di risoluzione bancaria”, ovvero la normativa sul bail-in entrata in vigore in Europa. Di fatto, secondo la Schnabel, all’interno della normativa stessa esiste un modo per aggirare le regole relative al bail-in e quanto sta accadendo con Montepaschi lo dimostra in maniera plastica, visto che i creditori potrebbero non rimetterci. La consulente del Governo di Berlino ha anche detto che ora la vigilanza unica della Bce si troverà davanti a una sfida importante, perché dovrà di fatto certificare che Mps è solvibile: se in un secondo tempo dovessero emergere dubbi sulla solvibilità della banca toscana, allora per la Bce si aprirebbe un problema reputazionale.