Quanto durerà la “ripresina” indicata dalle statistiche delle ultime settimane? Si trasformerà in ripresa? Sarà solida oppure, come le due precedenti, durerà lo spazio di un mattino e si entrerà di nuovo in una terza recessione (degli ultimi dieci anni) o nella “stagnazione secolare” di cui si paventa? Queste domande sono particolarmente rilevanti nei giorni in cui si sta mettendo a punto un’operazione di finanza pubblica per rispondere alle perplessità sollevate dall’Unione europea sul bilancio 2017 dell’Italia. Non solo, sotto il profilo politico, il Segretario del partito di maggioranza relativa (è ancora tale al momento in cui viene scritta queste nota) potrà affermare che il Governo da lui presieduto ha portato l’Italia fuori dalla secche e tentare sia di restare alla guida del Pd, sia di aspirare di tornare a palazzo Chigi. L’Economist in edicola dal 18 febbraio dedica all’ex Presidente del consiglio italiano un ritratto intitolato “Il giocatore d’azzardo”, un epiteto non certo elogiativo.



La spinta alla crescita del Pil italiano nella seconda metà del 2016 è arrivata principalmente dal settore industriale. Secondo la Hong Kong and Shangai Bank Corporation (Hsbc) sarà così anche per il primo trimestre del 2017, ossia i mesi in corso. La banca d’affari conferma le stime di crescita dell’anno appena iniziato allo 0,6%. Rimangono dunque invariate le stime degli analisti secondo i quali “non vi sono ragioni per modificare le previsioni di crescita dell’Italia nel breve termine”.



L’istituto con sede a Londra si mostra confident (fiducioso) sull’Italia anche perché nella seconda parte del 2016 il Paese ha positivamente sorpreso gli operatori di mercato, mettendo in luce una crescita del Pil superiore alle attese e agli altri Paesi europei. Con una crescita dello 0,3% trimestre su trimestre, il Bel Paese ha infatti superato sia la Francia (0,2%) che la Germania (0,2%) per la prima volta dal secondo trimestre del 2005. “A contribuire a questi dati positivi è stata la forte performance della produzione industriale, che ha contribuito con 0,2 punti base alla crescita del trimestre”. La produzione industriale occupa circa il 20% dell’economia italiana e nel terzo trimestre è aumentata dell’1,1%, “soprattutto grazie a forti risultati registrati a luglio e agosto”, chiariscono gli esperti.



Dall’altro lato della medaglia rimangono ancora alcune criticità legate al clima di fiducia dei consumatori. “Il consumo interno rimane debole, crescendo del solo 0,1% nel terzo trimestre, il ritmo più lento registrato dal terzo quarto del 2014”, viene spiegato nel report. Secondo l’opinione degli analisti di Hsbc, però, la dinamica di crescita resterà debole. Questo anche perché “l’inflazione è ancora solo marginalmente positiva (+0,1% a novembre) e risulta essere indietro rispetto al resto dell’Eurozona a causa dell’andamento del mercato del lavoro”.

Prospettive analoghe sono state delineate da Michael Heise, Chief Economist di Allianz SE. Nonostante tutto, il post Brexit si sta rivelando meno apocalittico del previsto e le stime per il 2017 sembrano moderatamente ottimistiche, se “si punterà sulla strategia giusta”. “L’incertezza legata a una stagnazione economica e all’instabilità politica non è una condizione europea, ma globale”, afferma Heise. “Le politiche monetarie, dopo l’intervento decisivo di Draghi nel 2012-2013, hanno avuto negli anni successivi un impatto decisamente meno rilevante. Non si può neppure imputare la crisi al calo dei consumi, dato che il settore vendite al dettaglio ha registrato un incoraggiante +8% dal 2013”.

Si sono riportate per esteso le prospettive tracciate da Hsbc e da Allianz SE per non essere accusati ancora una volta di essere “gufi” del “tanto peggio tanto meglio”. Tuttavia, se si raffrontano le sensazioni e le stime del complesso del gruppo del consenso (20 istituti, di cui Hsbc fa parte, che ogni mese aggiornano le previsioni econometriche a 24 mesi per un vasto numero di Paesi), il quadro è molto meno incoraggiante. Per l’intera area dell’euro il tasso di crescita del Pil scivola, in media, dall’1,7% nel 2016 all’1,5% nel 2017 e per l’Italia dallo 0,9% allo 0,8%. Un aspetto più preoccupante è l’ampiezza della forcella che, per l’Italia del 2017, varia dallo 0,6% all’1,1%. Anche nell’ipotesi degli ottimisti – ossia coloro che stimano una crescita dell’1,1% (molto pallida) – saremo il fanalino di coda dell’Ue, con un tasso di crescita leggermente inferiore o appena superiore a quello della Grecia. Quindi anche gli ottimisti hanno poco da stare allegri.

Le determinanti sono principalmente internazionali: il rallentamento del commercio mondiale in atto già da prima che Trump entrasse alla Casa Bianca, la probabile fine del Qe dato che, a livello dell’eurozona, il tasso d’inflazione (1,5%) si avvicina all’obiettivo statutario della Banca centrale europea, ragioni puramente politiche (le guerre in Medio Oriente, il terrorismo in Europa, l’ondata migratoria). In Italia si aggiungono le tensioni (e le possibili scissioni) all’interno del Partito di maggioranza relativa, una campagna elettorale che durerà un anno (tempo necessario per fare una legge elettorale consensuale tra tutte le forze politiche), un esito incerto (dato che il Paese è diviso in tre tronconi più o meno tutti di peso equivalente) e la necessità di un complesso negoziato per formare un Governo, l’aggravarsi del problema sociale (inevitabile in un contesto di dieci anni stagnazione contrassegnato da due recessioni). Per non citare che i nodi principali.

La “ripresina” si prospetta fragile. Sta alle forze politiche e sociali evitare che non si rompa prima di acquistare una certa robustezza. Il vero e proprio “spettacolo” che sta offrendo il Pd agli italiani non dà certo un contributo positivo.