“L’aggiustamento è strutturale e quindi anche eventuali miglioramenti delle stime, che si possono peraltro prevedere, non hanno impatto sull’aggiustamento strutturale”. Con queste parole Pier Carlo Padoan ha di fatto chiarito che la manovra aggiuntiva richiesta dalla Commissione europea si dovrà fare. Resta da capire come il Governo provvederà a recuperare i 3,4 miliardi di euro necessari a evitare la procedura d’infrazione, tanto più che il quadro politico all’interno della stessa maggioranza appare quanto mai incerto. Abbiamo fatto il punto con Guido Gentili, editorialista ed ex direttore de Il Sole 24 Ore.



Cosa ne pensa di questa manovra correttiva che a quanto pare sarà da fare nonostante i saldi di finanza pubblica potrebbero essere migliori del previsto?

È vero che ci sono stati dei segnali di miglioramento e ciò è molto incoraggiante. Tuttavia non cambia la sostanza delle cose, perché mi pare che dietro la richiesta europea ci sia una scelta politica. È come se Bruxelles avesse atteso pazientemente il risultato del referendum costituzionale, puntando su un vittoria del Sì. Dal 5 dicembre sono quindi tornati a presentarsi dei problemi che semplicemente erano stati politicamente accantonati. 



Quindi se avesse vinto il Sì non ci sarebbe stata la richiesta di una manovra aggiuntiva?

Se al referendum avesse vinto il Sì, secondo me il quadro sarebbe stato politicamente diverso e quindi avremmo avuto se non altro un’Unione europea ancora paziente. Si sarebbe infatti rafforzata la convinzione che Renzi fosse in grado di pilotare un processo di riforma importante. Credo quindi che ora vada in qualche modo saldato questo conto politico che era rimasto in sospeso.

Ancora però non si capisce come sarà strutturata questa manovra…

In un primo momento lo stesso Padoan aveva detto che la composizione della manovra sarebbe stata per tre quarti dal lato delle entrate, rispolverando la parola accise, che ovviamente non va a genio a Renzi. Si tratterà quindi di trovare una quadratura del cerchio che in qualche modo riesca a far passare questa manovra senza che rappresenti una sconfitta politica per il Governo Renzi e di riflesso per il Governo Gentiloni che è in sua continuità. 



Alla fine dell’anno scorso ci aveva detto che sarebbe auspicabile andare a elezioni prima di ottobre, così che la nuova Legge di bilancio venga varata da un nuovo esecutivo espressione delle urne. È ancora di questa idea?

Rispetto a quel momento qualcosa è cambiato. Se dobbiamo semplicemente galleggiare in attesa di non si sa bene che cosa, allora è meglio andare a votare. Se invece riteniamo che si possa ancora fare qualche cosa, in particolare continuare in un’azione se non altro di “manutenzione” intelligente dei conti e di sostegno alla ripresa, allora il Governo può andare avanti. Il problema è che abbiamo una situazione difficile da decifrare, visto quel che accade all’interno del Partito democratico. E negli ultimi giorni si sta delineando un quadro di incertezza assoluta. Faccio un esempio.

Prego.

Sembra che Enrico Rossi sarebbe disposto ad allearsi con Sinistra italiana, il cui nuovo segretario, Nicola Fratoianni, non parrebbe intenzionato a sostenere il Governo Gentiloni, che invece il Governatore della Toscana potrebbe appoggiare. Mi sembra che ci sia molta confusione sotto il cielo a sinistra, come spesso è capitato nella storia di questo Paese. Quindi si apre uno scenario difficile da decifrare. Non è da escludere che lo stesso Gentiloni, se si dimostrasse troppo in continuità con l’azione di Renzi, rischi di perdere dei voti in Parlamento.

 

Questa frammentazione a sinistra potrebbe avere i suoi effetti peggiori proprio quando si tratterà di predisporre la Legge di bilancio…

Condivido l’analisi di Lucia Annunziata, secondo cui questo ritorno al proporzionalismo diffuso a tutti i livelli, quindi dove le piccole parti dicono la loro mettendo un paletto, assumendo un potere di interdizione, è ovviamente un problema. Chiunque sia al Governo a settembre/ottobre si troverà a dover dire una parola chiara sulle clausole di salvaguardia, che saranno pari a circa 19 miliardi di euro. La vecchia maggioranza, o quella eventualmente nuova, che potrebbe comprendere gli scissionisti del Pd disposti a dare un appoggio esterno, cosa ne pensano? Come possiamo immaginare, lo spezzettamento politico porta a una situazione di implosione diffusa.

 

Sarebbe a maggior ragione meglio andare a votare prima di allora.

Sì, ma c’è un problema che sembra essere stato rimosso nelle ultime settimane: la legge elettorale. Tutti abbiamo perso molto tempo e molte energie a seguire il dibattito interno al Pd, ma dal punto di vista parlamentare non è stato fatto un passo avanti nel confronto su questo tema. È chiaro che senza sapere quale sistema si userebbe non si può ancora parlare di elezioni.

 

(Lorenzo Torrisi)