Ogni giorno mi ritorna alla mente il grandioso saggio di Franz Neumann, Angoscia e politica, che Massimo Salvadori mi fece leggere quand’ero un giovanissimo studente serale torinese, avido di letture. Dopo lessi Behemoth, il grande libro dello stesso Neumann sulla struttura economico-sociale del nazismo. Behemoth fu scritto nel ’44, quando Neumann era già fuggito negli Stati Uniti, da cui ritornerà solo per morire in Europa in un misterioso incidente in Svizzera, nel 1950, dopo aver lavorato nell’Ois di Forster Dallas per aiutare la resistenza europea. Angoscia e politica fu scritto invece avendo in mente la crisi di Weimar e l’avanzata di Hitler e descrive magnificamente e terribilmente il rapporto causale tra angoscia, anomia e vittoria delle destre dittatoriali e antisemite.
È quello che sta succedendo in Europa. Le classi dominanti politico-tecnocratiche sono sopraffatte dalla paura da quando la Le Pen ha detto chiaramente e ad alta voce, dinanzi a migliaia e migliaia di persone, che se vincerà costringerà gli ebrei che vorranno continuare a vivere in Francia ad abbandonare la cittadinanza israeliana per conservare solo quella francese, mettendo a rischio l’esistenza stessa del “popolo di Dio”. E a Roma, ieri l’altro, i nazisti di Forza Nuova si infiltravano negli sfiniti tassisti, giustamente indignati per l’emendamento Lanzillotta che ne minaccia la stessa esistenza, per urlare spregiudicatamente saluti nazifascisti, infangando lo stesso inno nazionale. Se guardiamo a quello che succede in Olanda e nei Paesi Bassi, in cui i riti del nazismo trovano rappresentazione in una serie di parche wagneriane minacciose, sappiamo bene il pericolo che corriamo.
Tutti hanno paura. Ma sono paralizzati dalla paura. Juncker, parlando al Parlamento belga, ha finalmente detto che l’euro non è l’austerità, anzi, che per lui l’Italia non dovrebbe avere sanzione alcuna e noi sappiamo che la pensa così anche riguardo alla Grecia e alle questioni del debito pubblico. Lo stesso Schulz, nelle terre della Merkel, galvanizza gli elettori socialdemocratici e, pieno di paura per il successo delle destre, costringe anche la Cancelleria a fare i conti col suo stesso partito e a capire che non si può battere l’estrema destra imitandone forme e contenuti e cantandone gli stessi inni. E guardate cosa capita in Francia: gli eurocrati teutonici avevano cominciato ad azzoppare Fillon, grazie all’aiuto dei magistrati francesi, e i suoi avversari alle presidenziali sembravano goderne, e improvvisamente han cambiato tono fino ad applaudire Madame Fillon, i cui bonus erano la pietra dello scandalo, scompigliando così anche le disarticolate file socialiste che non riescono a suonare la Marsigliese.
In Italia, invece, la paralisi del progetto che era dietro la nascita del Pd, paralisi che ora si sta trasformando in decomposizione, non consente neppure di avere paura, tant’è la pochezza cerebrale e morale di chi si esibisce sul palcoscenico, cosicché le destre nazionaliste, fasciste e antisemite, si producono nei loro osceni balletti. I 5 stelle non capiscono cosa capita e l’unica cosa che sanno fare è esprimere una rabbia che sa sempre più di alfiere della disperazione.
La conseguenza di tutto ciò, in ogni caso, è che, paralizzati dalla paura, i tecnocrati dall’elmo di ferro teutonico europeo non hanno colpito con le sanzioni il programma economico presentato dal cautissimo Padoan, che col suo timore reverenziale in fondo conquista tutti. Quello che emerge dalla vicenda italiana, testé ricordata, così come in fondo il non affondare il coltello nel cuore della Grecia, così come molti credevano, disvela che l’angoscia produce benevolenza. Una benevolenza non misericordiosa, ma paurosa, fondata appunto sull’angoscia, la stessa che attanagliò il centro cattolico e le destre liberali dinanzi al rombo delle scarpe chiodate naziste e alla suicida e vergognosa divisione della sinistra provocata dalla strategia del partito comunista tedesco.
In ogni caso, da questa situazione, dobbiamo trarre la meditazione che oggi chiunque ha a cuore la democrazia europea deve dismettere ogni discorso di fuoriuscita dall’euro. Non sarebbe capito e farebbe il gioco delle destre, perché oggi non è possibile un discorso razionale né nello spazio pubblico nazionale, né nello spazio intergovernativo. Nell’angosciosa atmosfera in cui siamo immersi, dobbiamo limitarci ad argomentare in merito alla necessità di trasformare il Trattato di Maastricht ed eliminare il Fiscal compact e il cosiddetto 3%. È già una battaglia importante, e anche l’unica che in questa cupa atmosfera, piena di funesti presagi, possiamo permetterci di perseguire.