Il Governo si prepara a mettere a punto la manovra correttiva che la Commissione europea ha chiesto di varare entro aprile. Nel frattempo dall’Istat arriva un dato che sembra essere in controtendenza rispetto agli ultimi: se a fine 2016 Pil, produzione industriale ed esportazioni sono cresciute oltre le previsioni, le vendite al dettaglio hanno invece fatto segnare un calo. Abbiamo chiesto un commento a Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze.



Professore, cosa ne pensa di quest’ultimo dato arrivato dall’Istat?

A causa del fallimento della politica economica del Governo Renzi, della crisi bancaria, che fa sì che il Qe della Bce non si trasformi in un aumento degli investimenti, e del debito pubblico elevato è normale che non crescano i consumi. Dopo un periodo in cui hanno subito un taglio dei loro patrimoni, anche per via delle tasse sulla casa, le famiglie stanno cercando di ricostituire lo stock di risparmio. Inoltre, l’alta disoccupazione non incentiva le spese e non aiuta quella dei giovani.



Qual è secondo lei il primo passo da fare per uscire da questa situazione? 

Una riduzione anche lieve del debito pubblico genererebbe uno sviluppo della domanda di consumi. Se il debito pubblico migliora, infatti, aumenta quella cosa chiamata fiducia, che non è un fatto psicologico astratto. La fiducia si ha perché ci sono indici che tutti possono conoscere e se si vede che il debito pubblico sta diminuendo, la Commissione europea smette di puntarci il dito contro, ci si sente più tranquilli, senza il rischio di vedere all’orizzonte un commissariamento.

Dunque da un certo punto di vista è un bene che la Commissione europea spinga l’Italia a migliorare i suoi conti.



Migliorare i conti è un fatto positivo non tanto perché ce lo dice l’Ue, ma perché quando finirà lo stimolo della Bce lo spread aumenterà se gli investitori internazionali non compreranno il nostro debito pubblico. E potrebbero essere tentati di non farlo quando sugli altri debiti si ha un tasso interessante e il nostro diventa pericoloso. Il problema è quindi il mercato internazionale. Perciò anche se non ci fosse la Commissione europea, anche se non fossimo nell’euro, con questo debito pubblico avremmo un grave problema. 

A proposito di Bce, il fatto che l’inflazione sia in aumento potrebbe avvicinare la fine del Quantitative easing. Un problema in più quindi per il nostro Paese…

È vero che l’inflazione aiuta a far diminuire il peso del debito, d’altra parte però fa sì che Draghi debba attenuare il Qe. Farlo subito comporta però dei rischi, poiché gli effetti della politica monetaria sono ritardati. Draghi deve quindi cercare di compiere una discesa planata, non fermarsi di colpo. Sarebbe infatti un errore fare un aumento rapido e una diminuzione altrettanto rapida. Questo per evitare una deflazione dopo la reflazione. In ogni caso corriamo un serio rischio.

Di che tipo?

Sui mercati internazionali il tasso d’interesse salirà comunque, quindi se il nostro debito pubblico non viene risanato nelle aspettative potremmo avere tassi di interesse differenziali sul debito molto elevati. Perché il nostro non interesserebbe a nessuno. Anche se per fortuna la quota di debito pubblico italiano in mani estere non è elevata.

La manovra aggiuntiva andrà quindi fatta. In che modo sarebbe meglio muoversi secondo lei?

Non si tratta di una cifra elevata, quindi tagliando un po’ di spese, aumentando qualche accisa, per esempio sui giochi e sui tabacchi, o rimodulando gli esoneri Iva ci si arriverebbe. L’importante è farla il più presto possibile. Io non aspetterei aprile.

 

Perché?

Ogni mese che passa l’aliquota sulla tassa che si vuole aumentare deve essere incrementata in misura maggiore, perché si perde del gettito. Quindi, prima si parte meglio è. Sembra quasi che questo Governo, a causa delle liti nel Pd e della stanchezza che si porta dietro nell’essere una “fotocopia” dell’esecutivo precedente, non riesca a fare le cose fondamentali. Spero che con la prossima Legge di bilancio si prosegua nella diminuzione del deficit, anche senza arrivare all’1,2% del Pil programmato, ma concordando un 1,5%, da limare negli anni successivi: si vedrebbe un piano di riduzione del debito e aumenterebbe ancora la fiducia.

 

Ha accennato alle difficoltà del Pd. Secondo lei il clima politico del momento sta danneggiando l’economia italiana?

Il Pd che litiga danneggia la credibilità del Governo e dell’economia. Io spero anche che non ci siano elezioni anticipate: con questo caos vorrebbe dire volersi far commissariare a tutti i costi.

 

(Lorenzo Torrisi)