Il nuovo piano di Mps rischia di dover contenere parecchi tagli sia all’organico che alle filiali. Lo scrive Repubblica, spiegando che l’Antitrust Ue non si accontenterebbe dei 2.600 esuberi e del taglio di 500 sportelli previsti da Rocca Salimbeni a dicembre. “Ora Bruxelles chiede un piano concentrato sulla ‘sostenibilità’: quindi nuove e drastiche riduzioni di personale, filiali e attivi Mps, anche con cessioni, fino a ‘dimezzare’ la banca”, si legge sul quotidiano romano. I vantaggi di una simile operazioni consisterebbero nella minor rischiosità che Mps avrebbe. Tuttavia di contro ci sarebbe la difficoltà a generare redditività futura. Cosa che, segnala Repubblica, renderebbe poi più difficile trovare qualcuno disposto a ricomprare la quota che ora andrà allo Stato. Vedremo come si concluderà questa partita.



Mps continua a lavorare alla messa a punto del piano industriale, che dovrà anche sciogliere il nodo relativo ai crediti deteriorati. Le ipotesi più accreditate parlano di una cessione totale che potrebbe avvenire in più tranche. Tuttavia, come ricorda Il Sole 24 Ore, tutto il settore bancario italiano in queste settimane è attento agli Npl, dato che a breve dovranno essere presentati alla Bce i piani di smaltimento dei crediti non performanti. Per alcuni istituti, spiega il quotidiano di Confindustria, il termine per la presentazione dei documenti è stato spostato da fine febbraio a metà marzo, mentre per altri la scadenza è alla fine del prossimo mese. Si tratta di un passaggio molto importante, in quanto le banche sono chiamate a formalizzare la quantità di Npl posseduti e quelli che si intendono cedere nel corso del tempo.



Un duro attacco al Governo sulla vicenda Mps e banche arriva dalla pagine di Libero, dove si critica la scelta di destinare “venti miliardi della collettività per tenere in vita Mps, Popolare Vicenza, Veneto Banca e gli altri 4 piccoli istituti massacrati dal decreto Renzi-Padoan di novembre 2015”. Questo perché i costi ricadranno sugli italiani, che si troveranno “beffati due volte. Come contribuenti, perché il debito pubblico che crescerà per salvare gli istituti spingerà il governo ad aumentare le accise o a tagliare gli sgravi fiscali. Come clienti di banca perché le spese di gestione conto saliranno ulteriormente”. Giuliano Zulin, autore dell’articolo, segnala anche che da Montepaschi e dalle banche venete c’è stata una fuga di depositi per circa 30 miliardi di euro: “Va a finire che pagheremo dei funerali, più che dei salvataggi”.



A quanto pare il piano industriale di Mps non sarà pronto in tempi brevi. Non perché a Rocca Salimbeni non abbiano deciso cosa fare o perché il ministero del Tesoro sia in ritardo, ma per una divergenza di vedute tra la Banca centrale europea e la Commissione Ue. Secondo il Financial Times, infatti, la vigilanza bancaria che fa capo a Francoforte e Bruxelles, cui spetta un giudizio sulla compatibilità dell’intervento pubblico italiano con la disciplina sugli aiuti di Stato, non si troverebbero d’accordo sui rispettivi compiti e ruoli. Da un lato, scrive il quotidiano della City, sembra che all’Eurotower stiano attendendo che Bruxelles dia il suo placet alla ricapitalizzazione precauzionale del Tesoro italiano. Dall’altro, la Commissione europea è convinta che ci debba essere un riscontro positivo della Bce prima di poter dare il suo giudizio. Insomma, sembra che le due istituzioni comunitarie non vogliano prendersi la responsabilità di dare il via libera al piano di salvataggio di Mps scaricandosi vicendevolmente l’onere di farlo. Ci si troverebbe quindi di fronte a una situazione surreale, che durerebbe da diverso tempo e che non sembrerebbe nemmeno semplice sbloccare, perché se le cose stessero realmente in questo modo vorrebbe dire che qualcuno, a Francoforte o a Bruxelles, dovrebbe fare un passo indietro. La Banca centrale europea ha cercato di fare chiarezza, spiegando in una mail all’Ansa che l’accordo sulla ricapitalizzazione precauzionale spetta all’Italia e alla Commissione europea. Il portavoce della Commissaria Vestager ha invece spiegato di essere in contatto sia con il Tesoro italiano che con l’Eurotower. Vedremo se dopo queste dichiarazioni la situazione si sbloccherà.

Prima ancora del decreto salva-risparmio, con le norme che riguardano anche l’intervento di ricapitalizzazione precauzionale di cui usufruirà Mps, in Italia era stata introdotta la Gacs, ovvero la garanzia dello Stato sulla cartolarizzazione delle sofferenze, con l’obiettivo di aiutare le banche a cedere i crediti deteriorati. Finora, tuttavia, è stata utilizzata dalla Banca Popolare di Bari. E la scadenza della Gacs è prevista ad agosto. Secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, il Governo sta pensando a una proroga, in quanto ci sarebbero delle banche che potrebbero presto usarla. Tra queste Montepaschi, che deve in effetti procedere alla cessione di un grosso stock di Npl, Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Ma non solo: anche Carige potrebbe utilizzare la Gacs. Dunque si capisce perché al Tesoro si stia valutando una sua proroga.

Cresce l’attesa per il piano industriale di Mps, che non vedrà la luce con tutta probabilità entro la fine del mese. Intanto c’è chi si preoccupa, perché ricorda che diversi correntisti italiani si sono ritrovati con delle spese in più che sono state giustificate anche dal contributo che il fondo interbancario ha dovuto dare per il salvataggio di Banca Etruria, Banca Marche, CariChieti e CariFerrara alla fine del 2015. Oggi tre di loro (non CariFerrara) sono passate sotto Ubi Banca, ma il fatto che i correntisti siano stati in qualche modo chiamati a pagare il salvataggio fa pensare che la cosa possa ripetersi con Mps. In particolare è trend-online.com a riportare questi timori. Va tuttavia ricordato che correntisti o meno gli italiani, attraverso l’intervento pubblico,andranno comunque a mettere loro risorse per Rocca Salimbeni. Che si spera si possano recuperare con la futura rivendita sul mercato della quota che diverrà a breve pubblica.