Il presidente della banca Gian Maria Gros-Pietro intervenuto sulla vicenda della scalata a Generali nella giornata di ieri ha creato non poche reazioni sui mercati finanziari. Oggi il titolo in Borsa ha chiuso in rialzo dello 0,76%, dopo queste parole rimarcate da tanti analisti. «Non hanno niente da cui difendersi. Se ci sarà una valutazione di opportunità a fare delle combinazioni con le Generali lo faremo sapere e allora poi il mercato potrà giudicare», ha affermato il numero 1 di Ca’ de Sass. Secondo Gros-Pietro infatti quanto visto finora è che Generali ha preso il 3% dei diritti di voto in Intesa. «Non sono gli unici investitori istituzionali che hanno acquistato non solo diritti di voto ma azioni nel nostro capitale. È un capitale liberamente disponibile sul mercato, abbiamo altri gruppi di assicurazione che partecipano al nostro capitale e per noi va bene», ha concluso Gros-Pietro. In un editoriale corposo oggi il Financial Times oggi ha valutato l’intero piano e scenario tra Intesa e Generali, affermando sul tema delle sinergie di costo. “Messina ha puntato per anni a espandere le operazioni di asset management che generano commissioni. I guadagni dalle commissioni sarebbero complementari ai profitti bancari che sono più volatili e che sono stati schiacciati dai bassi tassi di interesse”, conclude il Ft.
Non sono pochi gli analisti sul mercato finanziario che stanno provando a capire cosa potrebbe risultare da un accordo tra Generali Assicurazioni e Intesa Sanpaolo nell’ipotesi (ora più lontana) di una acquisizione della banca di Ca’ de Sass sul mercato azionario. Spietata la visione di Bnp Paribas Credit che nei giorni scorsi non si è tirata indietro in un commento sull’intera vicenda, per ora solo ipotetica: «Generali non sembra essere disponibile a essere acquisita da Intesa e poi separata in vari pezzi. E chi potrebbe biasimarla? Crediamo che un takeover ostile da un’istituzione bancaria sarebbe gravemente deleteria per Generali (…) e risulterebbe in un profilo di rischio più alto per i detentori di obbligazioni subordinate».
Scelto come advisor da Generali Assicurazioni, il ruolo di Goldman Sachs nelle prossime settimane potrebbe divenire decisivo per i prossimi piani di operazioni in casa del Leone: Donnet avrebbe infatti investito su Goldman per permettere di consolidare quel 3% di ruolo dentro ad Intesa Sanpaolo, in modo da prevenire un possibile rastrellamento all’opposto di azioni dai banchieri guidati da Carlo Messina. Come riporta questa mattina Repubblica, dopo le riunioni di ieri del comitato investimenti e poi del cda di Generali, si è dato ufficiale mandato a Goldman Sachs di «verificare se è fattibile e opportuno rendere l’operazione più stabile e strutturata: in ogni caso sempre in forma “sintetica”, quindi comprando non azioni di Intesa Sanpaolo, ma strumenti derivati od opzioni che diano diritto futuro alla loro titolarità». Stando invece alle indiscrezioni di RadioCor, Generali Assicurazioni ha scelto di affiancare a Goldman Sachs anche lo studio legale Cleary Gottlieb, con un lavoro combinato sulle operazioni dell’asse Intesa-Generali.
Va verso la conclusione la settimana non positiva in Borsa per Generali Assicurazioni, con il titolo che ogni giorno – senza pure grossi picchi in negativo – ha sempre chiuso con il segno meno davanti a Piazza Affari: nelle ultime due giornate i mercati cercano qualche conferma in merito ai futuri piani della Compagnia del Leone. Son moltissimi gli analisti finanziari, gli advisor e gli esperti nei settori dei mercati europei: importanti le parole di Credit Suisse quando, poco prima di sapere che Intesa Sanpaolo avrebbe fatto un passo indietro negli accordi con Generali (la partita è tutt’altro che chiusa ma resta molto complessa e di difficile lettura, ndr), già annunciava in un report le difficoltà dell’operazione. «La strategia di Intesa Sanpaolo si è era concentrata sul business core dell’asset management, mentre finora non ci sono state grandi acquisizioni di assicuratori». Non solo, per la banca svizzera sono limando 5 i grossi problemi sulla partita di Trieste: «tre possibili fondamenti logici alla base dell’operazione: diversificazione geografica e di business; creazione di un operatore enorme nel business dell’asset management e diluzione del business bancario e del peso dei crediti deteriorati. Ma subito arrivano cinque potenziali lati negativi. Alti rischi di esecuzione; inconvenienti sul lato regolatorio; incertezza legata alla durata del “Danish compromise”; potenziali problemi di antistrust in Italia; prezzi e sinergie in contrasto con la creazione di valore», perché «ci sarebbe bisogno di 1,19 miliardi di sinergie post-tasse per vedere l’operazione redditizia come con l’attuale rapporto di concambio».