Cosa vi avevo detto la scorsa settimana? Oplà, il rischio che la Grecia esca dall’euro è di nuovo tra noi, oltretutto in un momento in cui lo spread tra titoli di Stato francesi e tedeschi è ai massimi e si comincia a parlare di Europa a due velocità (alla faccia della buona fede dei tedeschi). Questa volta, però, è palese come il destino di Atene sia usato in maniera strumentale dal Fmi su mandato tedesco. Ma partiamo dall’attualità. Ieri è giunto un nuovo monito del Fondo monetario internazionale alla Grecia: rischia ancora una volta di uscire dall’euro, con le trattative tra il Paese ellenico e i creditori internazionali in fase di stallo. Il Fmi non intende partecipare al piano di salvataggio, infatti, se prima le varie controparti non si accorderanno su revisioni economiche molto più profonde e su una sostanziale riduzione del debito che resta «altamente insostenibile». Le prospettive di crescita, inoltre, non possono migliorare senza un taglio delle passività di Atene e senza riforme sulle pensioni e sul sistema fiscale.



Per il Fmi, se l’economia ellenica non tornerà sulla retta via e se il debito non verrà ridotto, il Paese potrebbe rischiare nuovamente una crisi di liquidità che, in assenza di un ulteriore supporto da parte dei creditori, «potrebbe riaccendere i timori sulla Grexit». Affinché il programma di salvataggio funzioni e abbia successo, stando al Fondo, occorre basare gli impegni sulla sostenibilità del debito su target di medio termine di surplus di bilancio realistici. Ad esempio, la Grecia e i creditori puntano a un avanzo di bilancio del 3,5% per il 2018, ma per il Fmi il target adeguato è dell’1,5%. Il Fondo ha messo anche in dubbio la capacità delle riforme proposte finora di raggiungere gli obiettivi prefissati senza un taglio del debito e senza soprattutto arrecare un danno all’economia ellenica. Ma davvero si teme per la sostenibilità di medio termine della Grecia? Davvero si ha a cuore il destino di Atene?



No, i timori sono sempre i soliti e sono legati alla capacità della Grecia di liquidare i bond in scadenza nel mese di luglio, dal momento che il rendimento ha superato il 16%, quando solo due settimane fa era al 10%. Affinché la Grecia sia in grado di ripagare i possessori dei titoli che andranno in scadenza entro luglio 2017 al 3,375%, il Paese avrà bisogno di completare la revisione del piano di salvataggio per ricevere la prossima tranche di aiuti da parte dell’Ue. E per capire cosa ci attende non occorre aspettare molto, visto che l’incontro dell’EuroWorking che si terrà oggi sarà una delle date critiche per la Grecia.



E veniamo ora al punto principale, quello che di fatto sbugiarda gli allarmismi a orologeria: per la prima volta, infatti, in seno al Fmi stanno emergendo tensioni sul tema, con alcuni membri che suonano la marcia funebre per Atene, a dispetto dell’analisi generale. E, soprattutto, pubblicamente. Due giorni fa, infatti, è stata pubblicata l’analisi annuale del Fmi sull’economia ellenica, la quale ha rivelato un’insolita spaccatura tra i membri del consiglio, dimostrando che sono in disaccordo sulle misure di austerità imposte ad Atene e sull’enorme peso del debito del Paese. Il rapporto ci dice che «la maggior parte» dei 24 direttori esecutivi del Fondo hanno concordato che la Grecia è sulla buona strada per raggiungere un surplus fiscale dell’1,5% del Prodotto interno lordo, tanto che il documento riporta come Atene «non richieda un ulteriore consolidamento fiscale in questo momento, tenendo conto della modifica impressionante avvenuta fino a oggi».

Che succede allora, perché questa continua messe di allarmi che sta facendo gonfiare i rendimenti obbligazionari? Alcuni rappresentanti del consiglio sostengono che la Grecia ha ancora bisogno di portare il surplus fino al 3,5%, come concordato nel corso dell’ultimo salvataggio nel 2015, ma, stranamente, questa volta si è derogato alla regola aurea in base alla quale il Fmi di solito mantiene le sue deliberazioni riservate, quindi eventuali differenze interne vengono raramente esposte al pubblico, proprio per evitare reazioni d’istinto del mercato. Questa volta, invece, la spaccatura non è stata soltanto resa nota, ma messa nero su bianco. Guarda caso, il rendimento a 10 anni del debito pubblico greco è salito di 26 punti base martedì dopo la pubblicazione del documento del Fmi, raggiungendo quota 7,925%. Se sempre guarda caso, gli analisti considerano gli oneri finanziari superiori al 7% insostenibili nel lungo periodo.

Di fatto, la discordia interna riflette la situazione di stallo in corso tra il Fmi e le autorità europee sul futuro del pacchetto di salvataggio della Grecia: il Fondo sostiene infatti che i partner europei stiano imponendo misure di austerità troppo dure su Atene e che i creditori europei dovrebbero offrire un piano più a lungo termine alla Grecia per aiutare il Paese a trasformare l’economia. E chi ha immediatamente fatto sentire la sua voce al riguardo? Un portavoce del ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble, ha dichiarato che una decisione del Fmi di porre fine alla sua partecipazione al piano di salvataggio della Grecia significherebbe la fine per l’intero programma. Ovvero, il default di Atene e la sua formale uscita dall’eurozona: avete idea dell’impatto che avrebbe uno scenario simile alle vigilia del Brexit e di tre tornate elettorali di fondamentale importanza nell’Ue?

E il problema è proprio questo: né la Germania, né l’Olanda accetteranno mai di fornire qualsiasi misura di sollievo alla Grecia che non comporti il sangue, perché potrebbe diventare argomento di polemica elettorale. Tanto più che Schaeuble vuole da sempre la Grecia fuori dall’eurozona, ma, da codardo qual è, non vuole prendere la responsabilità per questo atto, quindi avvelena i pozzi nell’attesa che siano o il Fmi o la stessa Atene ha rompere il patto e arrivare allo showdown. Ma attenzione alla variabile statunitense, perché se c’è qualcuno che storicamente ritiene che l’unica via di salvezza per Atene sia uscire dall’euro questi è Donald Trump, il quale potrebbe agire sul Fmi, tagliando di fatto i fondi in caso di non cooperazione tra le parti.

Ora, guardate il grafico a fondo pagina e ditemi se è possibile chiedere ulteriori sforzi e tagli ad Atene. È chiaro, palese che la Grecia, paradossalmente, si trova nella classica situazione win-win facendo proseguire lo stallo il più possibile. Per quattro ragioni. Primo, se il Fmi non insiste sull’alleggerimento del carico debitorio, Atene può far ricadere la colpa sul Fondo e sulla Germania. Se invece il Fmi insiste sul sollievo del debito e la Germania esce allo scoperto, mettendosi di traverso, la colpa ricadrà su Berlino. Terzo, se Fmi e Germania non offrono sollievo sufficiente, si possono incolpare entrambi. Quarto, se Fmi e Germania offrono abbastanza sollievo, Atene ha vinto. Almeno per ora. È normale, quindi, che la Grecia voglia che siano Fmi e Germania a fare la prima mossa, ma temo che Schaeuble punti a mandare l’accordo in fumo in maniera più clamorosa e disordinata, imputando al mercato stanco dei trucchi di Atene la responsabilità.

Sembra un paradosso, ma dopo tre salvataggi (dei creditori), siamo al punto di partenza. Anzi, peggio. Attenzione a guardare troppo al Brexit, di fatto un qualcosa che non tange l’euro e l’eurozona: potrebbe essere la vendetta tardiva di Atene a porre il proverbiale chiodo sulla bara dell’Ue. Prima ancora delle elezioni francesi. Già oggi potremmo avere qualche risposta, ma state certi che prima di maggio, qualcuno avrà per forza dovuto fare la prima mossa. E allora vedremo se si giocherà con gli specchi.

 

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