Mps, Popolari,Mediobanca: caos Intesa San Paolo. È tornato un silenzio inquieto nel “miglio quadrato” della finanza milanese, cioè italiana. Per tutto il mese di febbraio Intesa Sanpaolo ha provato a concretizzare un’offerta sulle Generali, dovendo infine rinunciare di fronte alla resistenza della compagnia triestina e del suo azionista-chiave Mediobanca. Nel frattempo UniCredit – che rimane il primo azionista di Mediobanca – ha condotto in porto una maxi-ricapitalizzazione da 13 miliardi: dando sostanza al turnaround delineato dal nuovo Ceo Jean Pierre Mustier e fornendo tacito appoggio a Generali nell’imporre uno stop finale all’offensiva di Intesa. La situazione del settore, però, è tutt’altro che stabilizzata.



UniCredit, anzitutto, affronta ora una transizione negli assetti di controllo e di governance. Solo a ridosso dell’assemblea di aprile sarà più chiara la mappa dei nuovi azionisti, anche se è già noto il ridimensionamento delle Fondazioni e dei privati italiani e l’incremento di peso dei grandi fondi internazionali (il primo azionista è Capital Research e ha superato l’8%). Il consiglio d’amministrazione, teoricamente, scadrà solo nel 2018, ma il vicepresidente Fabrizio Palenzona (in rappresentanza della Fondazione Crt) ha già rimesso l’incarico, pur restando in consiglio. Mentre crescono le attese per un passo analogo da parte di Luca di Montezemolo (rappresentante del fondo sovrano Al Aabar) è evidente il ruolo molto rafforzato di Mustier. E questo sta moltiplicando le congetture – in Piazza Affari e dintorni – su un riequilibrio di rapporti a valle: verso Mediobanca e Generali.



Le avances di Intesa hanno infatti guardato a una situazione oggettiva: una instabilità strategica di Mediobanca-Generali. Fermato il piano concepito dal Ceo di Intesa, Carlo Messina, il caso non è archiviato, anzi, non sono pochi gli osservatori che ipotizzano una nuova attenzione da parte di UniCredit, ovviamente da una posizione non ostile com’è quella di un partner bancario storico di Piazzetta Cuccia. Nel 2017, ovviamente, il tema dell’italianità è rilevante: in una cornice in cui il Ceo di UniCredit e quello di Generali, Philippe Donnet, sono francesi, così come il finanziere Vincent Bollorè; azionista rilevante sia in Mediobanca che nel Leone.



La vicenda presenta in ogni caso altri snodi significativi: ad esempio, la visibile volontà di Palenzona di tronare a recitare un ruolo sull’asse UniCredit-Mediobanca (in ipotesi abbandonando il board di Piazza Gae Aulenti e rientrando in quello di Piazzetta Cuccia). Non è chiaro quale esito potenziale avrebbe questo sviluppo: se accelererebbe una possibile riaggregazione UniCredit-Mediobanca-Generali, oppure se agirebbe a protezione del vertice di Piazzetta Cuccia da possibile iniziative dell’UniCredit di Mustier.

Nel frattempo Intesa rischia di doversi nuovamente misurare con il salvataggio di Mps: per evitare il quale, presumibilmente, è stato tentato come diversivo il piano Generali. Nonostante i progressi del confronto triangolare fra Tesoro, Monte e Bce, il dossier è ancora in alto mare: analogamente alle due Popolari del Nordest (Vicenza e Veneto) cui non è bastato il primo intervento-tampone di Atlante. Risistemate a fatica presso Ubi e Bper le quattro banche risolte a fine 2015, il sistema creditizio nazionale è ancora lontano dall’essere in sicurezza. Il fardello dei “cattivi crediti” (Npl) è ancora in gran parte da smaltire: benché sia possibile che l’apertura del “cantiere della nuova Ue”, nelle prossime settimane, porti con sé novità sulla costruzione di una bad bank con sostegno pubblico.

In un quadro di politica interna in evoluzione (Intesa Sanpaolo era la banca di riferimento per l’ex premier Matteo Renzi) non vanno trascurate neppure altre situazioni: Banco Bpm, ormai terza banca del Paese, non presenta ancora un nucleo stabile di soci di benché minima dimensione. Da un lato è scalabile, dall’altro non è chiaro se – in caso d’emergenza – possa offrire un punto d’appoggio per le Popolari venete sull’orlo del dissesto.