La telenovela del Sole 24 Ore aggiungerà oggi una nuova puntata, anche se probabilmente non decisiva. Il cda è stato convocato per esaminare la brusca svolta impressa venerdì dalla Procura di Milano, che sta indagando sul gruppo editoriale di Confindustria per false comunicazioni sociali e appropriazione indebita. Uno dei dieci avvisi di garanzia è stato recapitato al direttore Roberto Napoletano, contro la cui permanenza la redazione rimarrà oggi in sciopero per il terzo giorno di fila. Il caso Sole sta già alimentando un dibattito su pù di un versante: le forti difficoltà dell’editoria giornalistica italiana, l’impasse dell’azionista Confindustria, il deterioramento della legalità societaria, in parte indotto dalla crisi economica. Uno spunto di riflessione ulteriore può essere offerto dalla crisi infinita di Alitalia e dal crescente malessere della Rai: due aziende che con il gruppo Sole-24 Ore condividono l’appartenenza storica al para-stato, zona grigia dell'(ex) economia mista italiana.Alitalia,
È vero che il Sole è controllato da Confindustria, associazione imprenditoriale privata, mentre Alitalia era di proprietà dell’Iri e la Rai ha tuttora come azionista unico il Tesoro (anche se resta importante il ruolo del Parlamento). Però i tre marchi hanno contraddistinto a lungo altrettanti “campioni nazionali”, tre “compagnie di bandiera” in qualche modo sottratte al puro gioco concorrenziale. E se la Rai è stata in qualche modo protetta dal duopolio legale creato con Mediaset, Alitalia e il Sole non sono stati invece risparmiati dalla liberalizzazione/privatizzazione dei rispettivi mercati: non più tolleranti di alcuna zona grigia, non più rispettosi di alcuna “istituzione”.
Se la Rai può ancora far quadrare faticosamente i suoi bilanci con il canone e con il contratto di servizio pubblico, il Sole e Alitalia sono stati travolti dall’avanzata del low cost (o addirittura della free economy sul web) o dalla corsa all’eccellenza globale. Ambedue hanno visto via via il loro capitale eroso dalle perdite (Alitalia più di una volta e dopo molteplici tentativi di partnership) e si sono visti privati anche dei mezzi per investire su ristrutturazioni e rilanci. Il retaggio di una governace “parastatale” – pubblica o associativa che fosse – ha funzionato da freno al cambiamento del management (un paradosso finale ha voluto che Gabriele Del Torchio, manager privato, abbia consecutivamente tentato senza successo di arrestare la crisi di Alitalia e quella del Sole). Se d’altronde l’invadenza dei partiti nella Rai è ancora determinante, in Confindustria – azionista di controllo del Sole – pesano oggi di più i gruppi pubblici (Eni, Enel, Poste, Ferrovie, Terna, Leonardo-Finmeccanica) piuttosto che quelli privati: fra i quali non compaiono più giganti com’è stata a lungo Fiat.
Al di là degli strilli della cronaca – purtroppo giudiziaria, purtroppo su un organo d’informazione importante – il caso Sole dovrebbe dare da pensare non solo agli addetti ai lavori. Ad esempio: al ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio quando si oppone all’avvio della privatizzazione delle Fs. Oppure al ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che – probabilmente di malavoglia – sta mettendo in cantiere il collocamento di una quota di minoranza della Cassa depositi e prestiti: forse il più solido continuatore dell’economia parastatale nel nuovo secolo. Fra le privatizzazioni accelerate – forse troppo – negli anni ’90 e la sopravvivenza del parastato negli anni ’10 del secolo corrente c’è ancora una strada di cui l’Azienda-Italia ha perso da troppo tempo la direzione.