Nei prossimi mesi l’Italia deve mostrare la volontà di ridurre l’enorme debito non solo facendo più crescita del Pil e limitando il ricorso al deficit annuale, ma anche tagliando in modo secco un’aliquota del debito stesso. Dalla confusione al riguardo del nuovo modello europeo a geometria variabile emerge, comunque, una tendenza: l’Eurozona sarà compattata e alle 19 nazioni partecipanti, sulle 27+1 dell’Ue, verrà richiesta una maggiore convergenza sul piano degli standard di ordine economico-finanziario, in cambio di una funzione centrale per bilanciare gli squilibri prodotti dalla moneta unica su economie diverse, tra cui quello sul debito vede l’Italia in grave difetto.
La tendenza dipende da un requisito tecnico oggettivo: non può esserci moneta unica senza una politica economica e una convergenza di sistema. Senza tale consolidamento, infatti, l’area monetaria resterebbe vulnerabile alla dissoluzione. Questo requisito può essere applicato in diversi modi e tempi. La Germania sta premendo per un modello che massimizzi l’omogeneità delle situazioni nazionali e minimizzi le funzioni centrali in comune, cioè gli aiuti ai più deboli con denaro tedesco. Tale impostazione potrà essere più dura o morbida dopo le elezioni di settembre, ma non cambierà. Anche se Le Pen vincesse le presidenziali in Francia, e gli antieuro le elezioni politiche in Olanda, non troverebbero comunque una maggioranza “uscitista” in Parlamento.
In sintesi, ci potranno essere nell’Eurozona forti turbolenze, ma situazioni di exit sono improbabili. Pertanto, sia per evitare contagi, sia per avere più forza negoziale nella trattativa di fine anno per il nuovo euromodello, Roma dovrà dimostrare capacità di riduzione del debito e dovrà farlo entro aprile nei piani obbligatori da inviare a Bruxelles, annotando che la Commissione vorrà essere più rigida per difendersi dalle accuse tedesche e di altri di essere troppo morbida. L’Italia nel 2016 avrebbe dovuto ridurre il debito, vendendo patrimonio pubblico, per lo 0,5% del Pil: lo ha fatto solo per lo 0,1%, esponendosi con leggerezza a procedure d’infrazione. Ora non solo dovrà rientrare nel binario, ma anche mostrare che nel 2018-20 ridurrà il debito di almeno 80-100 miliardi per riconquistare credibilità e forza negoziale.
Il governo sta lavorando sull’ipotesi di impacchettare un tot di patrimonio pubblico da dismettere per ridurre parte del debito (2.300 miliardi, circa). Molte le voci critiche. Ma l’alternativa è: o vendere patrimonio pubblico oppure mettere tasse devastanti sui patrimoni privati.