Oggi l’Olanda vota per il rinnovo del proprio parlamento; un paio di ore prima dell’apertura dei mercati di domani avremo i risultati definitivi, ma già stasera, i seggi chiudono alle nove, avremo con ogni probabilità le prime indicazioni. Nell’Europa post-Brexit e post-Trump, le elezioni politiche europee sono tra le prime preoccupazioni dei mercati soprattutto per il successo recente dei partiti anti-euro. Le elezioni olandesi non hanno mai particolarmente spaventato i mercati non tanto perché l’Olanda sia un Paese piccolo, ma perché il candidato anti-euro Wilders, a meno di un exploit davvero inatteso e clamoroso, non riuscirà a diventare primo ministro. Secondo i sondaggi, il partito di Wilders si aggiudicherebbe circa 21-25 seggi dei 150 disponibili in un sistema proporzionale puro; una distanza siderale non solo dalla maggioranza assoluta, ma anche da una quota che dia a Wilders la possibilità di trovare abbastanza alleati per garantirsi una maggioranza. L’ipotesi che viene data per scontata è che si formi una coalizione ampia, forse sei partiti, che faccia fronte comune contro il “populista” Wilders.
Le conseguenze di medio lungo termine di una coalizione così frammentata in questo momento non interessano a un mercato per cui dire cinque o cinquanta anni non fa differenza. L’appuntamento decisivo per le sorti dell’euro si gioca infatti tra meno di due mesi con le elezioni francesi. Dall’Olanda non arriverà una scossa “vera”, nessuno verrà eletto con il mandato di uscire dall’euro o dall’Europa, ma il valore segnaletico sarà comunque importante. Il mercato avrà l’occasione di testare la validità dello scenario che in questo momento è stato scelto come quello assolutamente più probabile al punto quasi di far uscire la vittoria della Le Pen dall’orizzonte degli sviluppi possibili.
La vittoria di Macron oggi è data probabile al 60% e quella della Le Pen al 31%; gli ultimi sondaggi danno a Macron un ampissimo vantaggio al secondo turno contro Marine Le Pen: l’ex ministro viene dato vincente con il 65% dei consensi, praticamente il doppio dei voti del candidato del Front National. Queste aspettative hanno riportato la calma sui mercati europei come si può misurare sul termometro dello spread tra Italia e Germania che oggi dovrebbe essere su livelli molto diversi se appena si prendesse in considerazione l’ipotesi “peggiore” possibile per le elezioni francesi.
Le elezioni olandesi di oggi sono una verifica dello scenario che il mercato ha fatto sulle prossime elezioni francesi. Se il risultato di Wilders fosse superiore, magari di molto, rispetto ai sondaggi degli ultimi giorni si avrebbe un’altra prova, questa volta nell’Europa continentale, che la realtà può essere molto diversa dai sondaggi e si aprirebbero delle crepe tra le “quasi certezze” che ha oggi il mercato.
Mancano 40 giorni al primo turno francese e altri 14 al secondo, un tempo abbastanza lungo per altre evoluzioni, ma non così lungo per ignorare lo stato attuale dei consensi. Si potrà anche misurare il successo degli appelli per l’Europa e contro i populismi e l’efficacia delle momentanee amnesie tedesche sulle politiche espansive della Bce o sui i conti pubblici italiani che prosciugano, almeno in parte, il combustibile degli “anti-europeisti”. Non importa quindi se Wilders non diventerà primo ministro, ma importa, e molto, che Marine Le Pen continui a non avere possibilità.