La Germania si e rivelata per ciò che è con la visita di Angela Merkel negli Stati Uniti: una potenza mondiale che non può più nascondere la sua dominazione che è in primo luogo di fatto oggettiva, si sarebbe detto un tempo. Oggettiva, ossia come potere situazionale di fatto. Nel disordine internazionale scatenato prima dalle guerre balcaniche, poi da quelle post-ottomane in Mesopotamia e in nord Africa per il mancato accordo internazionale sui confini di potenza marittimi e terrestri che si sarebbe dovuto costruire dopo il crollo lento e inesorabile dell’Urss, in questo disordine internazionale ogni centro di potenziale stabilizzazione acquista un ruolo prima inusitato e in ogni caso non più celabile.
La Germania è tutto questo in potenza ed è per questo che gli Usa oggi alla ricerca finalmente della stabilità economica e politica – e quindi con meno finanza e più industria, più armamenti e meno interventi umanitari, e più ragion di stato – non possono fare a meno di invocare certo un’alleanza con la Germania, ma nel contempo non possono non frenarne le mire espansive se danneggiano le industrie nordamericane. Quindi, non più giochi daziari di produzioni tedesche in Messico di auto poi vendute negli Usa; condivisione dei problemi in Ucraina, ma pagando il giusto prezzo per l’ombrello Nato. Oggi il leit motive è alleanza strategica e non Guerra fredda contro la Russia, come hanno fatto i coniugi Clinton con il loro boy Obama.
Oggi se la Germania contribuisce alla stabilizzazione dell’Iraq con soldati e tecnologie e si espande in Africa nelle sue ottocentesche ex colonie, se fa tutto questo non può continuare a farlo esportando deflazione precipitando nella stagnazione secolare sia l’Europa, sia gli Usa. Trump è stato chiarissimo: gli Usa vogliono una Germania non dominante ma cooperante con gli stessi Usa e in primo luogo l’Europa. Forse la riforma dell’Ue passa per Washington?