L’arrivo di Profumo alla guida di Leonardo, già nota come Finmeccanica, non ha suscitato particolari entusiasmi tra gli investitori; la società controllata dal ministero dell’Economia è stata infatti colpita da ribassi nonostante un mercato azionario esuberante. Il predecessore di Profumo, Moretti, godeva dei favori del mercato che gli riconosceva il merito di aver reso più efficiente la società restituendo la fiducia su un gruppo che comunque naviga mari tempestosi, fatti di accordi sulla difesa con governi che non sempre considereremmo all’avanguardia dei diritti umani. Le ragioni della non conferma di Moretti, probabilmente legate alla condanna per l’incidente di Viareggio, non sono state sicuramente capite dagli investitori esteri, che non si spiegano cosa c’entri il responsabile della rete ferroviaria italiana con un guasto a un vagone tedesco ispezionato in Polonia; tralasciamo il fatto che quello che viaggiava su rotaia ieri oggi viaggi su gomma con benefici per la sicurezza decisamente inafferrabili. Profumo si presenta come un outsider sia rispetto al settore di Leonardo che all’”industria” in generale: non il massimo dei curricula per guidare un gruppo complicato come Leonardo. Nonostante o proprio per questo nessuno si aspetta grandi discontinuità “industriali” in Leonardo e tutti oggi si aspettano che il gruppo continui sul solco di quanto fatto negli ultimi anni.



Sullo sfondo di Leonardo, o sul suo futuro, rimane anche oggi, dopo la nuova nomina, un’opzione per una trasformazione radicale. Alla fine di agosto 2016 su “Le Monde” e “La Repubblica” appariva un articolo a firma Pinotti e Gentiloni, allora ministro degli Esteri, in cui si invocava una maggiore collaborazione a livello europeo sulla difesa, “mettendo in comune un certo numero di competenze e risorse” in Europa. Il giorno successivo alla pubblicazione del pezzo tutti gli investitori erano arrivati all’ipotesi, senza particolari sforzi di fantasia, che questi desideri potessero materializzarsi in una fusione tra Leonardo e Airbus. Lo scenario veniva “smentito” da Moretti circa un mese dopo. Airbus ha come principali azionisti lo Stato francese e quello tedesco con circa l’11% delle azioni ciascuno, ma a comandare sono i francesi. Parlare di “fusione” potrebbe essere un po’ fuorviante, perché Airbus, con i suoi 54 miliardi di capitalizzazione, è grande sette volte Leonardo; una fusione vedrebbe lo Stato italiano passare da una quota di poco superiore al 30% a una, nel nuovo gruppo, del 4% scarso, mentre i governi francese e tedesco rimarrebbero al 10% ciascuno. Non serve particolare pessimismo per concludere che lo Stato italiano non conterebbe più niente; visto l’attuale peso politico dell’Italia in Europa ci sarebbe da dubitare anche se lo Stato italiano avesse il doppio delle azioni dei suoi partner europei, figuriamoci con meno della metà.



Oggi Leonardo è una delle pochissime grandi società industriali italiane con competenze di assoluto livello e non replicabili; è una realtà che gioca per il sistema Paese sia da un punto di vista economico e di investimenti che politico, perché i dividendi che derivano dal controllo di un gruppo come Leonardo in politica estera eccedono di moltissimo quelli che arrivano sul conto corrente. La fusione con Airbus sarebbe un colpo davvero notevole alla sovranità di fatto italiana e certificherebbe che la politica estera e industriale italiana è appaltata all’”Europa”: uno scenario che potrebbe anche andare bene se fossimo sicuri che l’Europa faccia l’interesse di tutti e che ci fosse una democrazia di fondo. Dopo la guerra in Libia, leggendo i dati sulla disoccupazione greca o rileggendo la storia dei rapporti tra stati deboli e Europa negli ultimi anni ci viene qualche dubbio.



In questo contesto è assolutamente possibile che il mercato si possa convincere che la nomina di Profumo rafforzi le probabilità di questo scenario anche solo per il fatto che non è ancora arrivata una smentita. In questo scenario da fanta-finanza un ad proveniente dal mondo finanziario sembra più indicato per una fusione continentale. Ma appunto è solo fanta-finanza partorita dalle menti malate degli investitori esattamente come una fusione tra Axa e Generali o tra France Telecom/Orange e Telecom Italia oppure Mediaset e Vivendi. In quest’ultimo caso ci siamo andati vicinissimi, ma è stato sicuramente un caso.