Una Ue a due velocità ridisegnata dai confini dell’eurozona. Cinque anni di test per evitare che i paesi del Sud Europa (a cominciare dall’Italia) escano dall’euro. Una riforma della governance economica della Ue imperniata sull’istituzione di un “ministro delle finanze” con competenze effettive sulla politica fiscale Ue, ma non antagonista rispetto alla Commissione Ue e senza fughe in avanti verso un “bilancio federale” che superi troppo velocemente le sovranità finanziarie dei paesi-membri. Un ministro delle Finanze che potrebbe realisticamente nascere associando due incarichi esistenti: commissario Ue agli affari economici e presidente dell’Eurogruppo (il leader-coordinatore dei ministri finanziari dell’eurozona). Un ministro che potrebbe avere il volto iniziale dell’attuale titolare del Tesoro italiano, Pier Carlo Padoan.



L’intervista rilasciata a Repubblica dal commissario Ue agli affari Economici, il francese Pierre Moscovici, è stata probabilmente più ricca di indicazioni del documento sottoscritto lo stesso giorno dai Ventisette nel sessantesimo dei Trattati di Roma. Il passaggio celebrativo ha segnato comunque al massimo livello politico l’apertura del cantiere della “nuova Europa”. Già entro aprile, a Malta, gli organismi Ue affronteranno due dossier di prima fascia: l’accelerazione istituzionale impressa da Londra a Brexit (ricca di implicazioni finanziarie); e lo sblocco del riassetto bancario con una soluzione su scala europea per i crediti in sofferenza (Npl). Lo stesso Moscovici ha confermato per maggio un documento “ambizioso” della Commissione Ue sulla riforma del governo della moneta: un progetto studiato “per dare esecuzione alla Dichiarazione di Roma” di sabato.



I suoi punti di vista, in ogni caso, Moscovici li ha riassunti già ora. Lo ha fatto da francese rivolgendosi all’Italia: sottolineando che – come negli anni Cinquanta del secolo scorso – nessuna Europa continentale è immaginabile senza l’Italia a fianco di Francia e Germania (mentre lo è senza la Polonia e i suoi alleati est-europei del gruppo di Visegrad). Ma questa Italia, al momento, non ha le carte (economiche) in regola per far parte della “nuova Europa”: deve riconquistarsene il diritto, anche se – in una fase ri-costituente – può chiedere alla Ue una fase di transizione (“cinque anni” a partire dal 25 marzo 2017) sulla base di impegni precisi.



Moscovici – già ministro-tecnocrate socialista a Parigi – è indubitabilmente vicino alla candidatura “social-liberale” di Emmanuel Macron: che fra sei settimane potrebbe essere il nuovo presidente francese dopo un probabile ballottaggio con Marine Le Pen. Quattro mesi ancora e a Berlino il nuovo cancelliere potrebbe essere Martin Schulz: ex presidente socialista del Parlamento Ue, in vantaggio nei sondaggi sia su Angela Merkel, sia sulle formazioni populiste anti-Ue. Non sorprende che da questa “famiglia europea” (cui appartiene anche il Pd italiano, nonostante le bizze anti-Bruxelles e filo-americane di Matteo Renzi) promuova un proprio disegno di riforma della Ue: nettamente diverso con quello dei “falchi” tedeschi e dei loro supporter nord-europei. Non è infatti un mistero che anche l’attuale presidente olandese dell’Eurogruppo, Jerone Djsselbloem, guardi a un “Tesoro Ue” in salsa tedesca: una nuova sentinella tecno-rigorista che sostituisca Bruxelles nel tenere in riga i paesi-membri dell’Europa mediterranea, indiziati di sperpero di euro in “alcool e donne”. Frase infelice, ha sottolineato Moscovici con Repubblica, non eludendo una domanda sull’ultimo incidente politico-mediatico di Djsselbloem. Anzi: approfittandone per lanciare la candidatura di Padoan a presidente dell’Eurogruppo (cioè a futuro candidato al nuovo Tesoro Ue). Con più di un’implicazione.

La prima: prefigurare un asse “mediterraneo” Italia-Francia al tavolo della riforma Ue (asse a targa Pse, aperto da subito a un possibile governo a guida Spd in Germania e quindi a una leadership omogenea, riformista, anti-populista nella nuova Ue). La seconda: rafforzare in Italia il governo Gentiloni, un governo europeista di centro-sinistra che affronterà alle urne la propria ondata populista nazionale sei mesi dopo le elezioni tedesche. Terza prospettiva: prime carte in tavola sul risiko della nomine, inevitabile dopo lo smontaggio-e-rimontaggio previsto per le istituzioni Ue.

Non è stato certo per caso se Moscovici ha preso a modello per il nuovo “Tesoro Ue” l’Alto Commissariato per la politica estera e la sicurezza: attualmente retto dall’italiana Federica Mogherini. Sempre a rischio di dietrologie, è possibile leggervi una serie di concrete ipotesi di lavoro. Primo passo: la successione a Mario Draghi al vertice della Bce, formalmente fissata per il 2019. È nell’ordine “storico” delle cose che la Germania desideri riservarsi la designazone del quarto presidente Bce dopo un olandese, un francese e un italiano, a vent’anni dallo start dell’unione monetaria e all’avvio di una fase “2.0”. Di qui lo scenario tratteggiato dal francese Moscovici: il “Tesoro Ue” non potrà che andare a Francia o Italia (lo sviluppo del beau geste della candidatura Padoan da parte di Moscovici dipenderà dagli eventi).

La situazione corrente dice in ogni caso che l’Italia occupa tre caselle Ue formalmente di primo livello: “Mrs Pesc”, la presidenza Bce e il presidenza dell’Euro-parlamento con Antonio Tajani (indicato dal Ppe). La prima e la terza sono presidenze oggi ricche di prestigio e povere di potere: ma nella “nuova Europa” la confrontation geopolitica con gli Usa di Trump, la Russia di Putin e la Cina avrà probabilmente bisogno di un vero “ministro degli esteri”. Analogamente, l’Europa “costituzionale” sotto attacco ovunque da parte dei populismi dovrà dare un po’ di spazio alla democrazia parlamentare. La “dichiarazione di Roma” – quella di Moscovici – sollecita l’Italia (anche nell’interesse della Francia) a non scivolare nella “marginalità”: a non eludere impegni, ma anche a non perdere opportunità.

Ha fatto bene il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a invitare a pranzo al Quirinale i leader dei Ventisette. La Repubblica italiana non è quella dei conti Eurostat 2016: crescita sotto l’1% e debito pubblico oltre il 130%. Però, oggi, è anche questo. Bisogna venirne fuori: cinque anni possono essere perfino troppi, la Germania potrebbe tagliar corto e lasciare all’Italia non più di mille giorni. Sarà l’agenda del premier italiano che tirerà le fila delle elezioni 2018. È già l’agenda del premier Gentiloni e del ministro Padoan.