Beh, se con circular economy si intende quel termine generico che definisce un sistema pensato per potersi rigenerare da solo, non è male. Da solo appunto! Sì, perché quell’impronta ecologica, sempre più profonda, lasciando segni indelebili sulla Terra, ne riduce la capacità riproduttiva e quella di smaltimento. Nel 1976, in un rapporto presentato alla Commissione europea dal titolo “The Potential for Substituting Manpower for Energy”, Walter Stahel e Genevieve Reday delinearono la visione di un’economia circolare e il suo impatto sulla creazione di posti di lavoro, risparmio di risorse e riduzione dei rifiuti.
Ci volle un po’, poi quelli dell’Ue si convinsero, ne fecero un piano strategico per il settennato 2014/2020. Veniva previsto il passaggio dall’economia lineare, basata sulla produzione di scarti, a quella circolare incentrata sul riuso e il riciclo. Toh, circolare [], come l’Economia dei consumi. Quelli dell’Harvard Business Review danno la dritta: “Non si tratta tanto di fare di più con meno, piuttosto, fare di più con ciò di cui già disponiamo”.
Bene, allora, pronti? Via: i produttori devono attrezzare il loro fare a questo cambio di paradigma, i consumatori devono invece reclamare. Sì, reclamare: “Se il rifiuto diventa una risorsa, noi ne siamo i titolari!” Già, chi altri sennò? Il titolo di possesso sta nello scontrino del prezzo pagato, nel prelievo Iva sulla merce acquistata, nell’averla consumata! Dopo il titolo tocca alla strategia: in quel rifiuto sta la materia prima, l’impresa la trasforma in materiale, il mercato ne fa merce; venduta si guadagna. Poi la tattica: come titolari della domanda selezioniamo gli acquisti compatibili, con il processo di consumazione ottimizziamo il rifiuto, al mercato lo vendiamo; con il guadagno rifocillando il potere d’acquisto, teniamo attivo un ciclo vieppiù virtuoso. Alfine l’incenso: migliora la produttività del sistema, si fa acconcio il ristoro economico; una mano lava l’altra, entrambe la terra!
A voler esser maligni si potrebbe gongolare se, con la totale automazione dei processi di trasformazione, l’intera filiera produttiva si facesse per intero “cosa nostra”. Bella no?
[1] Dalla convenzionale filiera del sistema lineare (estrazione, produzione, consumo, smaltimento) viene sottratto un passaggio, estrazione e smaltimento si fanno tutt’uno con la fornitura. Gli estremi così si congiungono, il cerchio si chiude. Lì dentro si scorge quanto risplenda il maggior valore dell’esercizio del consumare che quello del produrre.