La crescita del Pil 2016 un po’ superiore alle previsioni – 1% contro un previsto 0,8% – è dipesa più da condizioni favorevoli del mercato esterno, in particolare nel quarto trimestre, che da una vera ripresa di quello domestico. Il governo dovrebbe prendere atto di questo dato per concentrarsi di più sull’inversione della stagnazione interna.



Gli strumenti formali dove attivare le nuove politiche sono il Documento di programmazione economica e finanziaria (Def) e l’aggiornamento del Piano nazionale di riforme (Pnr) che ne è appendice obbligatoria. Questi dovranno essere valutati in aprile dal Parlamento e costituiscono il canovaccio per il successivo Documento programmatico di bilancio (Dpb), cioè la bozza della Legge di bilancio 2018, che l’Italia dovrà presentare all’Ue entro il 15 ottobre.



La Commissione europea ha rilevato, oltre all’insufficiente efficacia delle stimolazioni interne 2015-16, un peggioramento degli squilibri macroeconomici, in particolare aumento del debito e crescita troppo bassa, con la complicazione di un ricorso eccessivo alla spesa in deficit per impieghi non-produttivi. Infatti, sempre entro aprile, il governo dovrà presentare un piano di tagli immediati alla spesa pubblica di 3,4 miliardi per evitare una procedura d’infrazione che peggiorerebbe la reputazione dell’Italia sui mercati. Ma il problema più grosso nell’impostazione dei prossimi Def, Pnr e Dpb riguarda un riequilibrio macroeconomico compatibile con più forti stimolazioni della crescita interna.



In prima occhiata, i tagli alla spesa pubblica per ridurre il deficit annuo e lasciare spazio alla detassazione stimolativa dovrebbero ammontare a 20-25 miliardi. Poi si dovrebbe mostrare la capacità di dismettere patrimonio pubblico per ridurre almeno di un po’ l’enorme debito complessivo e aumentare sia gli investimenti pubblici modernizzanti, sia il sostegno alle troppe famiglie impoverite, riallocando spesa inutile per tali scopi.

Il governo sta comunicando progetti di riduzione del cuneo fiscale, di aiuto straordinario alle famiglie, di efficientazione della burocrazia e della giustizia, d’investimento sulle infrastrutture, ecc. Ma la valutazione di queste prime comunicazioni mostra con chiarezza che le misure saranno insufficienti sia per il riequilibrio, sia per lo stimolo alla crescita, alimentando il sospetto che il primo sarà perseguito con aumenti delle tasse, così depotenziando il secondo. Da un lato, il governo fa quello che può in condizioni politiche caotiche. Dall’altro, non si può tacere sul fatto che è insufficiente.

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