Raschiando il fondo del barile per trovare i 3,4 miliardi di manovra correttiva che l’Europa chiede all’Italia entro aprile, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan potrebbe rivolgersi di nuovo al settore del gioco, che nel 2016 ha già fruttato oltre 10 miliardi di gettito fiscale. Sembra una mossa efficace, tecnicamente agevole – tutte le agenzie di gioco, dai tabaccai alle sale, sono tracciate e aggredibili – e priva di controindicazioni, anzi benemerita agli occhi dei benpensanti.
Purtroppo, però, il diavolo spesso fa le pentole ma non i coperchi: la raccolta sui giochi distribuiti attraverso i punti vendita, dopo i cospicui aumenti del prelievo fiscale effettuati negli ultimi anni sul gioco, è entrata in sofferenza. Ma non è che la gente abbia smesso di giocare. Anzi. Perché se lo Stato biscazziere si riprende con il suo braccio da esattore quel che con l’altro braccio, da croupier, promette di distribuire, gli anticorpi del settore si sono già attivati, alla faccia delle distanze dai luoghi sensibili e degli orari, alla faccia delle ordinanze comunali e dei programmi di riduzione del governo, e, ironia della sorte, con buona pace delle casse dell’erario.
Com’è possibile? Beh, nel 2017 basta un click – o meglio ancora sfiorare il proprio smartphone – per spostarsi a giocare su internet. Perché la verità è che il vero pozzo nero del settore del gioco è il web, dove si gioca sempre di più e dove il gioco va per sfuggire alla elevatissima tassazione dei punti vendita e agli innumerevoli vincoli che solo lì si trovano. Sarà un caso – ma forse no -, ma l’online è l’unico settore del gioco legale che sta andando magnificamente bene.
Vediamo i numeri, perché parlano chiaro: secondo un’analisi dei dati dell’Osservatorio Gioco Online del Politecnico di Milano, in collaborazione con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, la spesa dei giocatori on-line in Italia è aumentata del 13% nel 2015 e si è raggiunta la cifra di 821 milioni di euro. Il medesimo studio mostra che il settore dei casinò online ha subito un incremento del 27% negli ultimi 12 mesi e ha occupato circa il 40% del mercato totale. La crescita dell’utilizzo dei casinò online si focalizza soprattutto sulle slot-machine, che costituiscono il 60% dell’intera spesa del settore.
Però, paradossalmente, finora il legislatore ha lasciato in pace i giochi online, anziché intervenire proprio sul settore a più alta marginalità, con le tasse di concessione più basse (solo 300 mila euro per concessione rispetto a decine di milioni di euro per le altre) e a più elevata pericolosità sociale: il gioco on-line non ha orari, non deve sottostare alle regole sull’ubicazione dei tabaccai, è facilmente alla portata dei minorenni, e, ironia della sorte, è tassato solamente al 20% della spesa netta, meno della metà della media del settore che è del 54%. Con buona pace delle casse dell’erario.
È questa l’Italia digitale predicata finora? Il governo ha oggi una buona occasione per dimostrare che no, l’Italia digitale “che ci piace”, è ben diversa. Tassando ulteriormente il gioco legale, se proprio serve, e comunque consapevoli del rischio che si correrà di far prosperare il gioco on-line clandestino. Ma tassando tutto il gioco e cogliendo l’occasione dell’emergenza economica per “perequare” il peso fiscale sui vari prodotti, anziché concentrarsi solo sul gioco fisico…