Strano silenzio attorno all’ultima, devastante rivelazione di WikiLeaks, qualcosa come 8mila files che mostrano al mondo come la Cia spii chiunque e i metodi con cui lo sta facendo da anni. L’agenzia di intelligence americana si è trincerata dietro un laconico «nessun commento», ma è l’assenza di reazioni del solitamente social-logorroico Donald Trump a farci capire che quella in atto negli Usa è una battaglia tutt’altro che scontata: il Deep State, i corpi intermedi dello Stato che muovono davvero i fili, sono arrivati allo scontro finale per decidere chi dovrà gestire la transizione dall’attuale amministrazione a quella che la sostituirà una volta che l’effetto shock and awe non sarà più necessario e il miliardario Usa sarà sacrificabile sull’altare dell’impeachment. E cosa ci dice WikiLeaks? Presentando la prima puntata di «Vault 7», ribattezzata «Anno Zero», ha annunciato che altre rivelazioni seguiranno nei prossimi giorni, prima di sparare i contenuti dei leaks. 



Con il programma Weeping Angel, elaborato dagli americani insieme ai britannici, le tv sono messe in posizione “spenta” e diventano sistemi d’ascolto a distanza, mentre esiste la possibilità di controllo remoto, sempre per l’ascolto, di qualsiasi telefonino di ultima generazione. C’è poi la presenza di un centro Cia nel consolato statunitense di Francoforte che fa da collettore per le informazioni carpite in Europa, Medio Oriente e Africa e, cosa ancora più inquietante pensando agli ultimi attentati attribuiti all’Isis in Europa, esiste la possibilità di intervenire su centraline che governano vetture e grossi mezzi di trasporto, come i Tir. Di più, esiste una divisione speciale dell’intelligence nel quartier generale di Langley, Virginia, che sviluppa virus per infiltrarsi via web e questo offre la possibilità di bucare i sistemi criptati che proteggono telefonini o canali come Whatsapp o Telegram. 



C’è poi Umbrage, un gigantesco database raccolto dagli americani contenente malware e altri trucchi utilizzati da pirati della rete in tutto il mondo, compresi i russi. E proprio quest’ultimo punto si sarebbe rivelato fatale. Stando a Julian Assange, la sua organizzazione sarebbe entrata in possesso dei segreti grazie alla perdita di controllo su parte del materiale. Sembra che da tempo porzioni consistenti dell’archivio circolassero, senza controllo, tra dipendenti a contratto, hacker, dipendenti federali. Uno tra questi (o forse più) hanno passato la montagna di files a WikiLeaks, ripetendo quanto fatto da Edward Snowden e Chelsea Manning con i segreti dell’Nsa. A giudizio di alcuni esperti, Weeping Angel è stato concepito per colpire target individuali, dal membro di un governo a un agente avversario, da un vero terrorista al singolo cittadino. 



Cosa significa questo? Che la Cia può operare sotto copertura utilizzando metodologie tipiche di altri servizi segreti, di fatto compiendo false flag da attribuire ad altri, potendo lasciare false tracce del loro operato attraverso malware trafugati. Come dire, l’hackeraggio russo contro il Partito democratico in vista delle presidenziali Usa potrebbe essere stato compiuto dalla Cia solo per incolpare i russi: direte voi, Donald Trump ha vinto, quindi i servizi Usa hanno lavorato per nulla. Mica troppo, vista la quantità di teste già saltata nell’amministrazione Trump per presunti contatti e collusioni con l’ex ambasciatore russo e Washington, tanto che è di ieri la novità in base alla quale il presidente stesso avrebbe avuto contatti con il diplomatico di Mosca in campagna elettorale. 

Non serviva far vincere la Clinton, ma mettere qualcuno alla Casa Bianca da tenere sotto scacco, ricattabile in ogni istante. Sembra la Spectre di James Bond, ma è la realtà: e la centrale principale di tutto questo è nel cuore dell’Europa, a Francoforte, in una sede consolare. Roba da pelle d’oca. Ma a inquietarmi davvero è altro. Perché in perfetta contemporanea con le rivelazioni di WikiLeaks sull’operatività della Cia e e alla vigilia della riunione della Bce di oggi, il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, ha stupito il mondo intero utilizzando toni incredibilmente concilianti verso i tassi di interessi bassi che tanto fanno infuriare i tedeschi, di fatto porgendo un ramoscello d’ulivo all’arcinemico Mario Draghi. Per Schaeuble, «gli ultimi dati sull’inflazione, che ha raggiunto il 2% in Germania e nell’Eurozona, non mi hanno sorpreso: è una dinamica che segnala che la ripresa si sta irrobustendo». Di più, stando al ministro delle Finanze tedesco, Draghi sta facendo dunque «un buon lavoro, anche perché deve tenere conto di 19 economie», non solo di quella della Germania. 

Insomma, di colpo la Bce e il suo governatore sono passati dal ruolo di stimolatore del voto di protesta per Alternative fur Deutschland, di fatto motore immobile del populismo a saggio gestore di una situazione macro di fatto benigna, visto che l’inflazione significa irrobustimento dell’economia: il più oltranzista degli economisti anti-Weimar fa l’elogio dell’inflazione, siamo alla follia. Di più, il tutto in un momento critico della campagna elettorale tedesca, in cui la Spd di Martin Schulz è testa a testa nei sondaggi e la rabbia dell’opinione pubblica per i tassi azzerati che si mangiano i risparmi – proprio a causa della “tassa occulta” dell’inflazione e dei tassi a zero sui depositi – è stata rinfocolata e resa esplosiva dal balzo dei prezzi registrato a gennaio e febbraio. Non so voi, ma qualcosa puzza di bruciato. Lontano un miglio. 

E non basta ancora. Parlando a un briefing con i giornalisti della stampa estera, Schaeuble ha anche espresso nuovamente la sua stima per «l’eccellente ministro dell’Economia italiano, Pier Carlo Padoan» e ha rinnovato la sua fiducia nel fatto che anche il presidente del Consiglio Gentiloni porterà avanti le riforme, dopo Renzi: «Ho delle preoccupazioni generali, ma per quel che riguarda l’Italia, trovo che abbia un’enorme dose di creatività e di flessibilità. Credo che la strada delle riforme di Matteo Renzi e portata avanti da Gentiloni sia quella giusta». Insomma, a non più tardi di dieci giorni dall’ultimo attacco all’arma bianca di Jens Weidmann contro Roma e i suoi conti pubblici, Schaeuble elogia il governo italiano e allontana qualsiasi tipo di preoccupazione rispetto alla nostra sostenibilità: perché? Gentiloni ha già dato l’ok al rialzo dell’Iva, di fatto andando incontro alle richieste dei falchi europei e Schaeuble certifica in questo modo il fatto che la sua fedeltà al dogma rigorista non resterà senza un premio? Forse, ma ricordate sempre il timing delle esternazioni di Schaeuble, in perfetta contemporaneità con le rivelazioni shock di WikiLeaks, da cui di fatto abbiamo la conferma che la Germania ha funzionato da piattaforma di spionaggio della Cia in mezzo mondo, il tutto dopo la scoperta dei controlli su Merkel e membri del suo esecutivo e del dossieraggio compiuto alle ultime presidenziali francesi su tutti e tre i candidati all’Eliseo. 

Schaeuble vuole forse marcare le distanze politiche da Washington, evitando lo scontro sull’intelligence e dissimulando in chiave economica? L’ipotesi non pare peregrina, visto che alla fine della settimana prossima, quando la Germania ospiterà il G20 dei ministri delle Finanze e dei banchieri centrali a Baden Baden, Schaeuble ha reso noto che la sera prima, il 16 marzo, il segretario al Tesoro americano Steven Mnuchin sarà a Berlino. E in vista dell’incontro con la nuova amministrazione americana che non si annuncia facile, il tedesco ha sottolineato che «nessuno può sostenere che otteniamo i surplus commerciali con la manipolazione della moneta». Il tutto dopo che lunedì il consigliere al Commercio di Trump, Peter Navarro, era tornato nuovamente all’attacco della Germania, definendo il disavanzo di 65 miliardi di dollaro degli Stati Uniti «uno dei più grandi problemi per il commercio». Schaeuble ha respinto con forza le accuse sul sovrappiù di export tedesco – «Non ho ancora sentito un argomento convincente contro», ha sottolineato -, ma è chiaro che un’uscita simile, con timing simile e con una difesa di Draghi e dell’Italia di questo livello, ci fanno capire che ai piani alti di Berlino i timori per il fatto che Trump passi dalle parole ai fatti sono forti e sempre più incombenti. 

Anche sulla deregulation bancaria annunciata più volte da Donald Trump, il ministro ha confermato che sarà un punto del faccia a faccia con Mnuchin e che «non vogliamo tornare indietro al sistema che ha causato la peggiore crisi finanziaria di sempre. Non siamo ancora arrivati al traguardo nel rendere il sistema più resiliente a epocali shock come quello del 2007», ha precisato il ministro conservatore. Oggi il board della Bce ci darà una prima, plastica dimostrazione riguardo la bontà delle aperture di Schaeuble, visto che se non si registreranno opposizioni di sorta alla prosecuzione del Qe così come annunciata, anche alla luce della fiammata inflazionistica degli ultimi due mesi, significa che Berlino avrà rinfoderato la spada, un po’ per timore elettorale in vista del voto di settembre, un po’ perché necessitante dell’ombrello Ue per prepararsi a una possibile guerra commerciale mossa da Washington verso il suo surplus, definito dai consiglieri di Trump un danno non solo per l’economia Usa, ma anche per quelle degli altri Paesi membri dell’Ue, quasi a voler cercare una sponda transatlantica all’attacco contro la Germania tra i Paesi periferici che hanno pagato almeno un quinquennio di austerity imposta da Berlino attraverso la Troika. 

Resta un problema: quanto la Germania è davvero indipendente nelle sue scelte politiche, visto il grado di infiltrazione dell’intelligence Usa? A nome di chi parla Schaeuble, quando si produce di sviolinate senza precedenti verso Draghi e l’Italia? WikiLeaks vuole forse dirci che sarà l’Europa il campo di battaglia scelto dal Deep State per regolare i conti con l’amministrazione Trump? E se sì, come leggere il sempre maggior impegno dell’esercito Usa a Est, tra Polonia e Paesi Baltici, in chiave anti-russa, una mobilitazione su cui Trump non ha avuto nulla da ridire e che l’amministrazione Merkel ha salutato come un deterrente in chiave anti-Putin? E le sanzioni contro Mosca, ora che fine faranno? 

Ricordiamoci poi che il professor Ted Mulloch, l’uomo che Trump voleva come ambasciatore Usa presso l’Ue, parlando alla Bbc ha scommesso sul collasso dell’euro entro diciotto mesi al massimo. Non so voi, ma a me le parole di Schaeuble, alla luce di quanto sta accadendo, appaiono più inquietanti delle rivelazioni stesse di WikiLeaks. I nodi, d’altronde, prima o poi dovevano venire al pettine.