Mentre si sta chiudendo positivamente la manovra di circa lo 0,2% del Pil richiesta dalla Commissione per un riequilibrio di contingenza dei conti pubblici italiani, si apre la questione ben più importante di impostare il progetto di bilancio per il 2018. Tale progetto – il Def che il governo deve predisporre in questi giorni – sarà perfezionato attraverso diversi passaggi formali nei prossimi mesi, in interazione tra Italia e Commissione europea, per ottenere l’approvazione da parte dell’Ue in autunno. Dopo, governo e Parlamento decideranno i particolari del bilancio, ma entro i saldi concordati. Pertanto già in questi giorni prende priorità il tema di come armonizzare due pressioni contrastanti: quella dell’Ue per minimizzare il deficit annuale e per ridurre il debito pubblico complessivo, cioè per più rigore, e la necessità di politiche economiche e fiscali espansive per sostenere la ripresa ancora insufficiente.



Tale armonizzazione è molto complicata dal clima elettorale che certamente non favorisce tagli di spesa utili per lasciare spazio di bilancio a stimoli fiscali, cioè a detassazioni rilevanti che sarebbero la soluzione più efficace sia per l’ordine contabile, sia per lo stimolo economico. Infatti, da settimane c’è tensione tra partiti che non vogliono perdere il sostegno di qualche gruppo d’interesse e il governo che deve tentare azioni sia di riequilibrio contabile, sia di stimolo alla crescita. Al momento la stima di crescita del Pil nel 2017 e 2018 resta attorno all’uno per cento, indicando una ripresa insufficiente. Alcuni analisti sono inclini a un maggiore ottimismo, ma altri marcano il freno alla crescita dato da una riparazione ancora incompiuta del sistema bancario e relativo ciclo di finanziamento a imprese e famiglie.



In sintesi, l’Italia non potrà mostrare né una ripresa più forte, né tagli strutturali alla spesa, ambedue condizioni per ottenere più fiducia dall’Ue e, soprattutto, dai mercati. Potrebbe, tuttavia, ottenere tale necessaria fiducia mostrando più incisività nel ridurre il debito complessivo con operazioni straordinarie di cessione del patrimonio pubblico.

Se in un Def con problemi per il clima elettorale e per la bassa crescita ci fosse un piano per abbattere il debito di almeno 50 miliardi, tale mossa darebbe un contributo formidabile alla percezione di un Italia solida. Le indiscrezioni fanno intendere che tale piano, sembra con il nome di “Capricorn”, nel Def sia accennato. Se il clima politico permetterà di specificarlo e realizzarlo, allora l’azione taglia-debito diventerà salva-Italia.



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