Sollievo. Stavano scherzando. Abbiamo tutti scherzato. La finanza pubblica italiana gode di ottima salute: quindi il governo Gentiloni ha potuto varare ieri la manovra correttiva richiestaci dall’Europa per 3,4 miliardi e il documento di programmazione economica e finanziaria, senza rincarare le tasse né introdurre alcuna nuova tassa. Le voce filtrate dagli uffici ministeriali nell’ultima settimana erano tutte parte della fervida fantasia degli uffici ministeriali: tasse sul fumo, sui giochi… Macché. L’imminenza delle elezioni primarie del Pd, delle elezioni amministrative e, tra nove mesi, o al massimo dodici, di quelle politiche, rende totalmente neutra la manovrona di Gentiloni. E Renzi, che ha dettato il ritmo, gode.



Sarà vera gloria? Per carità di patria, auguriamocelo. E, nei limiti stretti dei numeri resi noti, cerchiamo di capire se la sfida è sostenibile oppure no. Se davvero ce la faremo a “svoltare” oppure no…

Dunque, il governo ha rivisto leggermente al rialzo la crescita dell’anno in corso: +1,1% rispetto all’1% stimato finora. Il Prodotto interno lordo dovrebbe crescere invece dell’1% nel 2018 (rispetto alle stime di +1,3%) e altrettanto nel 2019 (quando era dato al +1,2%), “con un’impennata poi nel 2020”. 



Ora: basta sfogliare le fotografie congiunturali delle varie Camere di commercio del Centro-Nord per vedere che questi numeri sono già nei fatti e anche oltre essi. Il guaio è il Sud. Emiliano lo sa. Lo sa anche Renzi. Che fa spettacolo con i “patti per…”. E intanto non aumenta le tasse.

Per il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, “avremo sorprese positive, questa è la mia convinzione”, perché “i numeri sono quelli attuali, per una “stance politica fiscale molto stringente”. Nel quadro della quale, però, il deficit scenderà dal 3% del 2014 e dal 2,3% del 2016 attorno al 2%. E il rapporto debito-Pil? I numeri si sapranno domani: è il rapporto peggiore.



Ma non è il momento per le cure d’urto: scende dallo 0,5 allo 0,3% il magrissimo preventivo dei proventi da privatizzazioni (ovvio: c’è rimasto assai poco da privatizzare). E saranno scatole cinesi: la Cassa depositi e prestiti che stanzierà 20 miliardi per prendersi un po’ di quote delle ultime proprietà pubbliche. Qualcosa da scegliere tra le ultime partecipazioni statali: il 23,58% di Enel, il 4,34% di Eni, il 29,26% di Poste Italiane oltre al 30,20% di Leonardo e al 53,37% di Enav. Insomma l’erario che restituisce con una mano quello che prende con un’altra. Ma all’Europa va bene così.

E dunque, questa manovra correttiva?

È un aggiustamento pienamente strutturale, che “realizza i 3,4 miliardi nel 2017 e un ammontare superiore per gli anni successivi”, ha detto Padoan. “L’aggiustamento dello 0,2% è ottenuto con l’efficientamento della gestione tributaria, con misure di lotta all’evasione validate dall’Ue e con misure solo in parte di tagli di spesa”. Insomma, la vecchia chimera del “recupero dell’evasione”. Si vedrà: ma intanto, le trattative di Renzi con l’Europa, ereditate da Gentiloni, hanno reso possibile evitare le “clausole di salvaguardia”, ancora previste per il 2018 e il 2019, che avrebbero potuto far scattare subito l’aumento automatico dell’Iva per reperire risorse dal 22% al 25% e quella sui beni primari dal 10% al 13%. E questo è un bene: ottenuto da Renzi, non dai suoi attuali dipendenti.

Non contento di aver varato una manovra correttiva che non si capisce dove vada a prendersi in sette mesi questi 3,4 miliardi, Gentiloni ha anche varato un Def che spende di più: tanto poi in inverno si vota. Ci saranno altri 2,8 miliardi di euro da stanziare per il pubblico impiego in modo da erogare un aumento contrattuale medio di 85 euro nel 2016-2018. Gentiloni ha evocato apertamente l’ombra di Renzi quando — commentando le notizie — ha sottolineato che il suo esecutivo intende “continuare nel solco delle politiche economiche adottate sin dal 2014, volte a liberare le risorse del Paese dal peso eccessivo dell’imposizione fiscale e al tempo stesso gli investimenti e l’occupazione, nel rispetto delle esigenze di consolidamento di bilancio”. Botte piena e moglie ubriaca? E sia: per il superiore interesse del Paese, bene così. Ed è d’obbligo essere contenti.

Poi la solita litania sulle riforme che mancano: contrattazione decentrata, legge sulla concorrenza, lotta alla povertà, riforme di giustizia civile e amministrativa. 47,5 miliardi di investimenti pubblici al 2032: un’epoca remota, in cui Renzi avrà 56 anni!

Tutto vero? O ci sveglieremo in malo modo? La seconda è più probabile, la prima auspicabile. Ma poco credibile.