Che notizia! Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza hanno superato l’esame della Bce, secondo la quale i due disastrati istituti hanno le caratteristiche di solvibilità necessarie per accedere alla ricapitalizzazione precauzionale a carico dello Stato, scongiurando il bail-in e il sacrificio degli obbligazionisti senior. Tutto bene quindi? Niente affatto, purtroppo. Non è certo un giudizio della Bce che può cambiare la situazione concreta. E la situazione concreta è quella di una crisi internazionale, nella quale si colloca la crisi dell’Italia e del suo sistema bancario, oberato da oltre 200 miliardi di prestiti che non ritornano. E come potrebbero tornare, con la crisi che non molla la presa sull’economia reale?



La disoccupazione è stabilmente alta e la crescita è una chimera. In questa situazione, nella quale nessuno vede una via d’uscita (con questo euro e questa Europa), la crisi bancaria è divenuta cronica. E in fondo cos’ha detto la Bce? Solo che le due banche italiane hanno i requisiti per poter ricevere una ricapitalizzazione precauzionale con denaro pubblico. Quindi la Bce sta praticamente invitando lo Stato italiano a cacciare fuori denaro pubblico per evitare il fallimento delle due banche. E qui non è in gioco solo la moralità di questo finanziamento praticamente a fondo perduto, ma anche la possibilità che lo Stato, così finanziariamente indebolito, sia lui stesso oggetto di attacchi da parte della speculazione finanziaria, tramite i titoli di Stato. Un attacco speculativo che è fin troppo facile prevedere: il risultato sarebbe un innalzamento dello spread e un maggiore pagamento sugli interessi. Alla fine si risolverebbe (o forse farei meglio a dire “si risolverà”) nella necessità di un soccorso europeo all’Italia (oltre a tutti i titoli che già ora la Bce sta acquistando) e nell’attivazione del famigerato Mes, con tanto di condizioni capestro e perdita di sovranità. Perché alla fine di questo si tratterà: le voci di spesa della finanziaria verranno decise a Bruxelles. E cosa poi succederà lo abbiamo già visto con la Grecia: l’austerità produce solo crollo del Pil e crescita esponenziale del debito.



Certo, il governo ha già stanziato 20 miliardi per le emergenze (e di questi una buona parte verranno impiegati con Mps), ma il problema non riguarda solo le due banche venete: il vero problema è il quadro generale, cioè i 200 miliardi di prestiti che non tornano. Stiamo parlando di una differenza spaventosa, cioè 180 miliardi che sono una cifra astronomica per lo Stato e per qualsiasi altro soggetto istituzionale. Tanto per dare un’idea più concreta, secondo un report di Mediobanca in Italia vi sono 114 banche in gravi difficoltà, perché i prestiti concessi superano il valore del proprio capitale. Si è parlato tanto di Mps, ma per esempio la Unipol (storicamente la banca della sinistra in Italia) arriva al 380% di sofferenze rispetto al proprio capitale, contro il 260% di Montepaschi. Eppure Unipol, stranamente, non è nell’occhio del ciclone (per ora).



In questo quadro disperato, nessuno può permettersi di fare la voce grossa, perché non è che all’estero la situazione sia più rosea: basti pensare, per esempio, ai 55mila miliardi di derivati nella Deutsche Bank, un importo superiore a 20 volte il Pil della Germania e pari a 2000 volte la sua capitalizzazione. Questo disastro è dovuto all’euro e alle sue regole, poiché grazie a quelle regole il sistema bancario europeo ha ricevuto fiumi di denaro che le banche hanno dovuto piazzare in qualche modo per tentare ottenere un qualche rendimento. E così la finanza è divenuta una gigantesca bolla rispetto all’economia reale. 

Occorre una moneta di stato, una moneta generata per le necessità dello Stato, una moneta che quindi entra immediatamente nell’economia reale, in modo che un eventuale eccesso di moneta possa essere immediatamente rilevato dal rialzo dell’inflazione. Ma soprattutto una moneta che, essendo impiegata nell’economia reale, genera lavoro. Ora invece andiamo incontro al disastro economico finanziario senza che nessuno faccia nulla per uscirne. Un segnale preoccupante è venuto da un sondaggio fatto a 80 manager che lavorano presso istituti di politica monetaria: banche centrali in tutto il mondo continuano a disfarsi dell’euro e preferiscono invece la sterlina come alternativa stabile per gli investimenti a lungo termine. 

La mia previsione l’ho già data altre volte. Faranno una moneta mondiale, la soluzione finale per salvare le elite finanziarie globali e soggiogare sempre più i popoli di tutto il mondo. Seguiranno guerre? Quelle sono già iniziate. Si sono portati avanti col lavoro.