Il piano di salvataggio di Mps dovrebbe partire a maggio. Lo scrive Milano Finanza, spiegando che finalmente sembra essere vicina il via libera della Commissione europea. Ottenuto il quale l’azione della banca si concentrerà su due fronti. Da un lato, a partire già da metà maggio, comincerà la cessione dell’intero portafoglio di crediti deteriorati, che dovrebbe chiudersi prima dell’estate. Dall’altro lato, bisognerà perseguire il rafforzamento patrimoniale e il primo passo è ovviamente quello della ricapitalizzazione precauzionale. Lo Stato dovrebbe “fare la sua parte” a giugno, arrivando a detenere il 70% circa del capitale della banca.
Oggi Mps si trova in una situazione decisamente critica, dato che è appesa alla ricapitalizzazione precauzionale. A qualcuno non sfugge però che negli ultimi anni la banca toscana aveva effettuato operazioni di aumento di capitale, che non sono però bastate a evitare la crisi attuale. Per questo Il Sole 24 Ore ricorda che Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca potrebbero non avere vita facile se, avuto accesso alla ricapitalizzazione precauzionale, non si riporta “il rapporto costi/ricavi a livelli fisiologici”. Infatti, il rischio è quello di vedere ripetersi quanto accaduto a Montepaschi e ad altre banche: “si fanno fanno gli aumenti di capitale per poi vederli svanire in poco tempo a seguito delle nuove perdite che nel frattempo maturano”.
Se arriverà il via libera al piano industriale di Mps, sembra certo che i possessori di bond subordinati della banca toscana avranno un trattamento migliore rispetto a quello riservato ai risparmiatori delle banche salvate alla fine del 2015. Ad Arezzo lo sanno bene e c’è chi non può fare a meno di notare che “la perdita delle quattro banche ‘risolte’ che venne caricata sugli azionisti e sulle obbligazioni subordinate” è pari a poco più del 4% dei 20 miliardi di euro che il Governo ha stanziato alla fine dello scorso anno per soccorrere Montepaschi ed evitare problemi al sistema bancario italiano. Solo le obbligazioni subordinate di Banca Etruria, ricorda informarezzo.com, ammontavano a circa 150 milioni di euro. Eppure non si è avuto lo stesso riguardo riservato alla banca senese.
Nel processo contro gli ex vertici di Mps, Confconsumatori sarà parte civile, come già avvenuto nella fase precedente il rinvio a giudizio. Il Tribunale di Milano ha infatti confermato il diritto delle associazioni dei consumatori che forniscono assistenza ai risparmiatori traditi di costituirsi parte civile per ottenere il risarcimento danni. “Per i risparmiatori si apre la possibilità di ottenere finalmente ristoro delle perdite ingenti subite”, hanno spiegato i legati Luca Baj, Luca Panzeri e Duccio Panti. Confconsumatori ricorda che complessivamente sono più di 2.500 i risparmiatori ammessi come parti civili nel processo. Se gli imputati verranno condannati, potranno pretendere un equo risarcimento danni.
Mps, come molte altre banche italiane, dovrà fare i conti con i crediti deteriorati. I quali sono al centro di un report di Mediobanca. Leggendo alcuni stralci si può notare che Gabriele Barbaresco, area studi di piazzetta Cuccia, ha voluto ricordare con il livello degli Npl in Italia fosse già alto prima delle crisi. Questo soprattutto a causa di un sistema giudiziario poco efficiente. Ora ci sono circa 200 miliardi di Npl che pesano in modo particolare sulle banche popolari e sulle Bcc, più che sulle Spa. Barbaresco evidenzia poi come secondo la Banca d’Italia il livello degli Npl non sia influente sulla politica di erogazione del credito, dove conta invece lo stato di salute dell’impresa che chiede il prestito e le dimensioni della banca che deve concederlo. “Forzare le banche a cedere i NPLs può essere controproducente, se ciò deteriora la loro dotazione di capitale (via perdite e adeguamento del valore di carico)”, dice poi l’analista di Mediobanca.
Un qualcosa che sembra andare contro la “vulgata” secondo cui occorre liberarsi della zavorra dei crediti in sofferenza per poter far ripartire il sistema bancario. Questo perché ovviamente bisogna “tappare” i buchi creati in bilancio dalle svalutazioni. Barbaresco cita poi i dati della Banca d’Italia, secondo cui il tasso medio di recupero delle sofferenze gestite in house, tra il 2006 e il 2015, è stato del 47%, mentre per quelle cedute del 23%: praticamente la metà. Tuttavia la differenza si potrebbe scendere se diminuissero i tempi di recupero.