Ieri il primo ministro inglese Theresa May ha annunciato a sorpresa elezioni anticipate per l’8 giugno; la data non può essere casuale a quasi dodici mesi esatti dal referendum sulla Brexit e infatti il primo ministro inglese ha motivato la decisione spiegando che l’opposizione indebolisce la posizione negoziale del governo inglese con l’Unione europea. Le elezioni dell’8 giugno diventano una sorta di nuovo referendum sulla permanenza nell’Ue, anche se in teoria si tratta di elezioni politiche; esattamente come il referendum costituzionale italiano è stato un plebiscito pro o contro Renzi ed esattamente come le elezioni politiche francesi sono soprattutto un referendum sull’euro. Il dibattito delle prossime settimane tornerà quindi a essere, esattamente come dodici mesi fa, sui vantaggi e gli svantaggi per l’Inghilterra di rimanere nell’Unione europea. Il dibattito è lo stesso, ma le circostanze sono diverse e la questione più chiara a tutti.



La Brexit è pienamente conveniente per gli inglesi se si assume che il progetto europeo sia fallito o destinato inevitabilmente al fallimento. Il prezzo da pagare per un’Inghilterra isolata ed esclusa da un’Europa che funziona sarebbe troppo alto per giustificare i benefici di una maggiore libertà economica e politica; se invece l’Europa è fallita, allora i benefici dell’uscita sono palesi. Nonostante le evidenti contraddizioni dell’Europa, l’incapacità di trovare una via per la crescita comune e persino gli squilibri nei rapporti di forza, l’opinione comune è che gli inglesi abbiano votato contro se stessi; la tesi è che l’elettore medio fosse troppo razzista o troppo stupido per capire la posta in gioco e che certe decisioni non sarebbero dovute essere votate ma decise dalla “politica” o dall’”elite”. Uno dei corollari è che se oggi si rivotasse vincerebbe il “remain”. Con le elezioni anticipate Theresa May dà l’opportunità agli inglesi di dimostrare di essere irrimediabilmente stupidi per farsi raddoppiare il mandato in sede europea rischiando però di sciupare completamente il mandato attuale, rimettendo in discussione sia la propria “poltrona” che la Brexit.



Quando gli inglesi voteranno l’8 giugno sapranno già l’esito elettorale francese. Nessuno può pensare che in un referendum sull’Europa travestito da elezioni politiche si possa ignorare questo passaggio. Le elezioni francesi sono un test sullo stato di salute dell’Unione europea; se vincesse Marine Le Pen si avrebbe una diagnosi funesta, mentre se Macron avesse il successo previsto dai sondaggi per un po’ si smetterebbe di parlare di rottura dell’Unione europea e dell’euro. Nel primo caso, Theresa May potrebbe mostrare agli elettori la conferma ultima che non vale la pena rimanere in Europa. Se invece Theresa May uscisse sconfitta si rimetterebbe in discussione la Brexit; un caos forse non così spiacevole – l’Europa rimane in piedi – che arriverebbe comunque dopo aver dimostrato che l’Inghilterra è padrona del proprio destino. Ci piacerebbe sapere se i sondaggi che legge Theresa May sulle elezioni francesi siano gli stessi che leggiamo noi oppure se, semplicemente, conosce molto bene quelli inglesi e non crede a chi sostiene che i cittadini si siano pentiti del voto del 23 giugno 2016.



Oggi il mercato non crede alla vittoria della Le Pen e crede a una conferma della May che renderebbe le trattative sull’uscita dall’Europa molto più chiare e decise; la sterlina ieri ha festeggiato la notizia scontando una maggiore chiarezza nella posizione negoziale e una minore incertezza che deriverebbero da una vittoria di Theresa May, La competizione tra Inghilterra e Unione europea è quindi destinata a continuare. Da una parte c’è un Paese che deve ritrovare una posizione fuori dall’Europa, dall’altra un’Unione per ora incapace di risolvere i propri problemi; in mezzo ci sono le elezioni europee a cominciare da quelle francesi. L’Inghilterra pare aver raddoppiato la posta della propria scommessa, il primo riscontro sarà a urne francesi chiuse.