Meno male, scampato pericolo. Abbiamo evitato in zona Cesarini un’altra di quelle figuracce nazionali che l’Italia tradizionalmente ama collezionare all’estero, mostrandosi con le braghe in mano di fronte al prepotente di turno. Stavolta, però, di fronte al più prepotente di tutti, il finanziere bretone ex-amico di Silvio Berlusconi Vincent Bollorè, azionista di controllo di Vivendi è andata bene, e ci sarebbe mancato. L’Agcom ha dato gli otto giorni a Vivendi (in verità sono 365 giorni, ma vale il pensiero!) per scegliere se restare azionista di riferimento in Telecom Italia o secondo singolo azionista dopo la Fininvest in Mediaset. I piedi in due scarpe, no: quel che non è stato mai permesso ai gruppi italiani – controllare insieme televisioni e telefoni – non può essere consentito a un gruppo francese.
Il coraggio del “niet” l’Agcom, l’Autorità per le garanzie nelle telecomunicazioni – che non aveva ultimamente brillato per grinta – se l’è inopinatamente ritrovato in un consiglio-fiume finito a tarda sera, in cui l’istituzione si è schiarita la voce e ha detto appunto che entro un anno Vivendi deve ridurre la sua partecipazione in Telecom o in Mediaset: “Alla luce degli elementi acquisiti nel corso dell’istruttoria, l’Agcom ha accertato che la posizione della società Vivendi non risulta conforme alle prescrizioni di cui al comma 11 dell’articolo 43 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, in ragione delle partecipazioni azionarie dalla stessa detenute nelle società Telecom Italia S.p.A. e Mediaset S.p.A. Pertanto – prosegue il comunicato – l’Autorità ha ordinato alla società Vivendi di rimuovere la posizione vietata nel termine di 12 mesi a far data dalla notifica del provvedimento adottato oggi e già notificato. Allo scopo di consentire all’Autorità di svolgere un’adeguata attività di monitoraggio, Vivendi è tenuta a presentare entro 60 giorni uno specifico piano d’azione che la società intende adottare per ottemperare all’ordine”.
Ora, sia chiaro: non è tutt’oro quel che luccica. Per motivi abbastanza misteriosi – si deve supporre che finora si sia trattato di gara poco edificante tra “maschi alfa” abituati a confronti celoduristici – il “patron” di Vivendi Bollorè e il “patron” di Gentiloni Matteo Renzi non si sono mai piaciuti. Diciamola meglio: si detestano. Renzi aveva cercato di imporre a Bollorè di mettere altri manager alla guida di Telecom, s’erano anche fatti alcuni nomi autorevoli, che erano anche stati convocati a Parigi al soglio del finanziere, il quale però poi ha scelto Flavio Cattaneo che ha subito rotto col governo sul fronte delicatissimo del cablaggio in banda ultra-larga. E quindi: si sa che le Authority sono indipendenti. Ma non con totale sprezzo del pericolo… Diciamo che col provvedimento di ieri l’Agcom non corre pericoli politici…
Dunque che l’Agcom abbia trovato il coraggio… non è poi stata una prova così dura; quasi addirittura il ruggito del coniglio… Ancora qualche briciola di cronaca: mentre Mediaset ha “accolto con soddisfazione” il provvedimento, Vivendi lo “ha accolto con sorpresa”: “Il gruppo Vivendi – si legge in una nota emanata dai francesi – ha sempre operato nei limiti imposti dalla legge italiana, e in particolare dalla legge Gasparri, anche per quel che riguarda la normativa vigente a tutela della concorrenza e del pluralismo nel settore dei media. In particolare, Vivendi ritiene indiscutibile che essa non controlli, né eserciti un’influenza dominante su Mediaset, società controllata in maniera esclusiva da Fininvest con una quota vicina al 40%”.
Insomma, e sia chiaro: in Francia, il governo ha boicottato in tutti i modi la cessione dei cantieri navali di Saint Lazare al colosso italiano Fincantieri perché l’intento dell’amministratore Giuseppe Bono era quelli di prendersi il 51% dell’azienda, non accontentandosi del 45% messo in vendita dal tribunale fallimentare coreano che ha raccolto i cocci di quel che restava dell’impero Stx. Se alla fine Fincantieri ce l’ha fatta è stato solo perché ha trovato miracolosamente un socio, la Fondazione CrTieste, disposto a rilevare un 6% del capitale per mantenere il pallino in campo italiano senza sfregiare la grandeur francese: di fatto il 51% passa sotto il tricolore col verde, mentre per i francesi il tricolore giusto è quello con l’azzurro. L’episodio va citato perché è attinente alla partita Telecom-Mediaset: se la Francia ragiona in termini così stucchevolmente posticci e passatisti, perché noi dovremmo “fare i signori”? Proprio sul fronte delicato della convergenza tra televisione e telecomunicazioni? Anche no!
Inutile dire che adesso decolleranno le dietrologie sul nuovo Nazareno telefonico e televisivo che preluderebbe alle larghe intese da celebrare sugli equilibri politici nazionali dopo le prossime elezioni, con i Cinquestelle in sella, seguiti da Pd, Centrodestra e Sinistra Indipendente. Beh, ogni tanto la dietrologia ci sta, ma spiega una dinamica che appare logica solo a guardarla a posteriori… Per una volta non sembrano esserci spazi per complotti veri.