Alitalia si ritrova per l’ennesima volta sull’orlo del baratro. Il referendum tra i lavoratori è solo il primo piccolo passo verso una transizione non facile, che dovrebbe poi prevedere un rifinanziamento miliardario e il rilancio con un piano industriale alquanto ambizioso. I fantasmi del passato tornano spesso a primavera, quando il vettore appesantito dalle perdite invernali si ritrova spesso senza le risorse finanziarie necessarie per continuare a operare.
Le perdite accumulate dalla ripartenza di Alitalia dal 2009 a oggi sono ormai vicine ai 3 miliardi di euro, l’arrivo di Etihad nell’estate del 2014 non ha risolto problemi storici, ma bisogna anche ammettere che la compagnia non è più quell’azienda che perdeva soldi pubblici, come succedeva nel 2008. Alitalia è un’azienda privata, a parte un piccolo e sbagliato investimento di Poste Italiane di ormai 4 anni fa, e come tale deve competere in un mercato sempre più difficile.
Chi sogna il passato di un’azienda anni ’80, evidentemente non ha compreso quanto è successo negli anni ’90. Trent’anni fa l’azienda non aveva reali competitor perché il mercato era praticamente monopolistico. Alitalia non ha saputo adattarsi al cambiamento, all’arrivo della competizione sia nel corto che nel lungo raggio. Nel corto raggio, le compagnie low cost come Ryanair ed Easyjet hanno conquistato i cieli europei dal 1997 in poi, anno della liberalizzazione europea. Ora i due vettori sono colossi globali con, rispettivamente, circa 6 e 4 volte il numero di passeggeri che trasporta Alitalia, quando solo nel 2005 avevano la stessa dimensione della compagnia italiana.
Circa l’80% del traffico di Alitalia è ancora concentrato nel mercato del breve e medio raggio e per competere dovrebbe diventare più efficiente dei principali competitor. Tuttavia rispetto a Ryanair i costi per posto chilometro offerto rimangono quasi doppi, mentre in confronto a Vueling ed Easyjet, Alitalia non si trova poi così distante. Le riduzioni di costo annunciate nel piano industriale, se mai implementate, potrebbero portare il vettore italiano ad avere dei costi non troppo differenti da due dei tre maggiori competitor a livello italiano.
Rimane tuttavia un grave problema dal punto di vista dei ricavi, visto che ogni aereo di Alitalia è riempito troppo poco, come testimonia il livello di load factor registrato. La compagnia italiana registra infatti un riempimento di circa il 76%, quasi 20 punti sotto i diretti competitor Ryanair ed Easyjet. Oltretutto queste due compagnie utilizzano aerei mediamente più grandi di Alitalia, cosicché i ricavi per volo di Alitalia risultano essere anche del 30-40% inferiori, nonostante i prezzi dei biglietti più elevati. Il piano industriale prevede un forte incremento dei ricavi, ma questo risultato, pur se necessario, non sarà facile da raggiungere nel momento in cui i margini del trasporto aereo hanno cominciato a ridursi dallo scorso anno.
Vi è un altro punto importante da ricordare che è quello relativo alla liberalizzazione del settore ferroviario ad alta velocità, che ha permesso un incremento della qualità e dell’offerta da parte del treno. E una contemporanea netta diminuzione dei passeggeri trasportati tra Milano e Roma via aereo (come si vede nel grafico)
Analizzando il lungo raggio, Alitalia rimane una piccola compagnia, non solo non in grado di competere con i colossi dei cieli europei, ma neppure con quelli più piccoli. Ad esempio, il primo mercato intercontinentale di Alitalia, quello nordamericano, sarà “coperto” quest’estate con circa 33 mila posti settimanali, un settimo della sola British Airways. Anche confrontandosi con vettori molto più piccoli, quali Aer Lingus, il vettore irlandese ha circa il 50% in più di offerta verso questo mercato.
Questa dimensione limitata nel mercato a lungo raggio di Alitalia deriva da scelte sbagliate da oltre 20 anni e non sarà facile da invertire. Il lancio di nuove rotte sul mercato nordamericano rimane bloccato dalla joint-venture esistente con Delta e AirFrance-Klm che scadrà nel 2022, mentre investire su nuovi mercati non è mai facile, perché portare a profitto una nuova rotta è sempre estremamente complicato.
Le difficoltà, anche se dovesse passare il referendum, rimangono estremamente elevate per Alitalia, che si ritrova a competere debole in un mercato di compagnie estremamente forti.