“Le decodeur”, in una rubrica con questo titolo il quotidiano francese “Le Monde” passa regolarmente in rassegna dichiarazioni, interventi e prese di posizione per verificarli alla prova dei fatti e distinguere fin dove possibile la realtà dalle invenzioni, la verità dalle fake news, la storia dalle leggende. In uno degli ultimi numeri viene passato al setaccio un intervento di Marine Le Pen durante la campagna elettorale. Ebbene, gran parte dei suoi giudizi, proposti come dei postulati che non hanno bisogno di essere dimostrati, si sono rivelati semplicemente campati in aria. Tanto da richiamare come metodo la campagna elettorale di Donald Trump.



E così “Le Monde” smentisce puntualmente, sulla base di dati e statistiche, le dichiarazioni secondo cui i prezzi sono “esplosi” con l’introduzione dell’euro, l’Europa costa 9 miliardi al bilancio francese, la Svizzera difende i suoi prodotti agricoli con dazi del 55%. In realtà, l’andamento dei prezzi è rimasto costante prima o dopo l’euro, il contributo francese al bilancio europeo supera di poco i 4 miliardi (senza contare i benefici), la Svizzera ha al massimo dazi agricoli per il 5%. Ma la realtà dei fatti fa sempre più fatica a passare. L’era dei social network sta portando con sé la logica della verosimiglianza e della verità alternativa. La vittoria di Donald Trump e il successo dei fautori della Brexit sono state in larga parte determinate alla metodica violazione della verità dei fatti imponendo all’attenzione degli elettori quello che gli stessi elettori volevano sentirsi dire.



E non c’è sempre meno la volontà di ragionare sui fatti. La propaganda populista e anti-europeista in Italia è sulla stessa linea. L’Europa è accusata di essere la fonte di tutti i mali, dipinta come l’orco delle favole che non ha altro scopo che quello di mettere in schiavitù tutti quelli che incontra. Se non rischiasse di portare a conseguenze devastanti, questa narrazione sarebbe semplicemente una farsa. C’è invece il concreto rischio che la democrazia si incammini nel pericoloso percorso delle illusioni in cui anche strumenti come Internet possono perdere la loro carica costruttiva per diventare il fragoroso amplificatore delle post-verità, un modo neanche troppo elegante per definire le bugie.



È un pericolo messo chiaramente in luce da Enrico Letta nel suo ultimo libro “Contro venti e maree – Idee sull’Europa e sull’Italia” (Ed. Il Mulino, pagg. 156, euro 14) in cui l’ex-presidente del Consiglio ed ex deputato, ora responsabile della Scuola di Affari internazionale dell’Università SciencesPo di Parigi, esamina la difficile condizione in cui si trovano i valori europei messi a dura prova dalla crisi economica e dalla frantumazione del consenso politico.

C’è un metodo democratico da ripensare e da rilanciare partendo da uno degli elementi fondamentali: che i cittadini possano essere informati e giudicare sulla realtà dei fatti e non sui giudizi apodittici e senza appello. E possano essere chiamati a decidere sulle cose concrete e non sulle fortune politiche del leader di turno. Nel referendum del 23 giugno dell’anno scorso in Gran Bretagna ha fatto pendere l’ago della bilancia chi ha votato pro o contro Cameron, così come nel referendum del 4 dicembre in Italia chi ha votato pro o contro Renzi.

“Non bisognerà – sottolinea Enrico Letta – certo contrapporre al referendum la semplice reiterazione delle antiche e spesso obsolete liturgie della democrazia rappresentativa. Vincerà nell’arena politica di domani chi lavorerà con successo su forme di consultazioni permanenti online come base della costruzione di movimenti e partiti in cui la partecipazione dei militanti sia autenticamente valorizzata”.

La battaglia per la realtà e la verità è sempre una battaglia difficile, ancor più difficile quando prevale la logica manichea che mette sullo stesso piano favorevoli e contrari senza dare peso ai valori, ai principi, al bene comune. E quando la politica guarda al passato e pretende di ricostruire quello che non ci può più essere: sia esso il grande impero britannico o il miracolo economico italiano del dopoguerra (un miracolo che peraltro ha avuto i suoi punti forti nella stabilità del cambio, nell’apertura delle frontiere, nella costruzione dell’Europa: proprio gli elementi che vengono contestati dagli anti-europeisti).